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manca-attilio-web226 gennaio 2014
La storia di Attilio Manca approda anche a Castelvetrano.
Ieri, dal liceo classico del preside Fiordaliso, il fratello Gianluca e la mamma Angela raccontano le strane vicende di un omicidio spacciato per suicidio.
 
Attilio Manca era un bravo urologo. Il più bravo. Uno dei pochissimi che già nel 2001 operava la prostata per via laparoscopica.

Gianluca Manca
ha catturato l’attenzione di tutti, raccontando di quella mattina del 12 febbraio 2004, quando il fratello viene trovato morto nella sua casa a Viterbo.
Una mix letale di droghe attraverso due iniezioni. Ipotesi scontata: suicidio. Due buchini sul braccio sinistro. 
Qualcosa però non torna, perché Attilio era un mancino puro ed è praticamente impossibile che si sia fatto due endovena con la mano destra. 
 
Sulle siringhe non ci sono impronte – racconta Gianluca Manca – né di Attilio, né di altri. Come mai? Avrebbe utilizzato dei guanti? Questi guanti però non sono stati trovati. Inoltre mio fratello si sarebbe picchiato da solo, deviandosi il setto nasale e procurandosi varie ecchimosi in tutto il corpo. Dopodiché caso chiuso: morto per suicidio”.
 
Dietro la sua morte però c’è la mafia. Una mafia che ha un nome e un cognome: Bernardo Provenzano
Il periodo coincide infatti perfettamente con l’intervento alla prostata del boss a Marsiglia e il brillante urologo potrebbe essere diventato un testimone scomodo da eliminare.
Attilio si trovava in Costa Azzurra proprio nei giorni in cui c’era Provenzano, allora latitante sotto il falso nome di Gaspare Troia.
 
Angela Manca racconta come si è arrivati a quella pista: “Una mattina, circa una settimana dopo la morte di Attilio, siamo stati avvicinati al cimitero da una persona che ci ha chiesto se mio figlio avesse visitato Bernardo Provenzano. Io non avevo idea di chi fosse Provenzano, perché allora non mi occupavo minimamente di mafia, quindi non diedi peso alla cosa. Intanto questa persona come sapeva che Bernardo Provenzano aveva un tumore alla prostata e che mio figlio avrebbe dovuto visitarlo? Un anno dopo leggo un articolo sulla Gazzetta del Sud, in cui il mafioso Francesco Pastoia dice che un urologo ha visitato il boss nel suo rifugio a Marsiglia. Mi sono subito venute in mente le parole di quel tizio al cimitero. In quel periodo mio figlio si trovava proprio lì e sentendoci per telefono ci aveva detto che doveva vedere un intervento. Abbiamo chiesto i relativi tabulati telefonici, ma inutilmente. L’11 febbraio del 2004 abbiamo ricevuto da Attilio una telefonata stranissima, in cui ci chiedeva di far aggiustare la sua moto. Moto che abbiamo poi fatto vedere ad un meccanico ed è risultata in perfette condizioni. Dov’era mio figlio quella mattina? Dove si trovava? Impossibile saperlo con certezza, perché la telefonata è sparita dai tabulati. Mi sono informata. Mi hanno detto che un solo ente può far sparire una telefonata dai tabulati: i servizi segreti.
 
E’ una storia che fa riflettere sul ruolo che lo Stato potrebbe aver avuto nella garanzia della latitanza di Provenzano. E ci si chiede se oggi le stesse coperture istituzionali siano alla base della copertura dell’ultimo latitante, Matteo Messina Denaro.
 
Egidio Morici

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