Palermo, i giudici hanno assolto anche Obinu per la mancata cattura. Sentenza impugnata
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 18 luglio 2013
Palermo. Assolti perché “il fatto non costituisce reato”: il favoreggiamento c’è, anche se non è riconosciuta l’intenzione consapevole di avvantaggiare ‘zu Binu. Nessuna “sciagurata scelta di politica criminale”, dunque, da parte di Mario Mori e Mauro Obinu, come aveva sostenuto nel corso della sua requisitoria il pm Nino Di Matteo.
Se gli ex ufficiali del Ros, quel maledetto 31 ottobre del ’95, decisero di non fare irruzione nel casolare di Mezzojuso, dove era stata segnalata la presenza di Bernardo Provenzano, non fu per favorire la fuga del boss, ma probabilmente perché non si fidarono della “soffiata” del confidente Luigi Ilardo, poi ucciso dalla mafia. Ma il fatto, ovvero il favoreggiamento del capomafia, si realizzò lo stesso, anche contro la loro volontà.
Così, con una formula che sembra ricalcare esattamente la sentenza di assoluzione del processo Mori-De Caprio per la mancata perquisizione del covo di Riina, il Tribunale di Palermo, presieduto da Mario Fontana (a latere Wilma Mazzara e Annalisa Tesoriere) assolve Mori e Obinu, disponendo contestualmente la trasmissione dei verbali delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e del colonnello Michele Riccio: il che significa, nei fatti, che i grandi accusatori del processo non sono stati considerati attendibili. Per la procura di Palermo, che ha già annunciato l’impugnazione della sentenza, è una sconfitta che pesa. Non la pensa così Antonio Ingroia, che è stato pm nel primo giudizio a Mori, e ora parla di favoreggiamento “a sua insaputa”: “La formula assolutoria è la stessa – dice – del verdetto sul covo di Riina. È possibile che le motivazioni ricalchino quelle di allora: in quel caso, il Tribunale riconobbe che la condotta del Ros aveva avvantaggiato oggettivamente Cosa nostra, pur se Mori e De Caprio (nei cui confronti i giudici espressero rilievi disciplinari) non ne avevano l’intenzione”. “Vergogna!”, urla qualcuno, nell’aula gremita di giornalisti dove nel primo pomeriggio sono arrivati anche i ragazzi delle “Agende Rosse”. Mori abbandona il Tribunale subito dopo la lettura della sentenza, mormorando: “C’è un giudice a Palermo”. Al suo posto, parla il difensore Basilio Milio, che ha gli occhi lucidi per l’emozione: “È la fine di un lungo massacro mediatico, che rende onore a delle persone per bene”. Anche Obinu si allontana in fretta: “Ho una vita davanti – dice – ho abbastanza esperienza su queste cose”.
Sul banco della pubblica accusa, i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, (che avevano chiesto 9 anni per Mori e 6 anni e mezzo per Obinu), si dicono amareggiati, come ammette l’aggiunto Vittorio Teresi: “Adesso – dice – si tratta di capire i punti di vista di chi, come il Tribunale, ha analizzato le carte”.
Subito dopo la sentenza, il vicepresidente Pdl del Senato Maurizio Gasparri si affretta a pretendere che “si chieda scusa a Mori”, e il suo compagno di partito Fabrizio Cicchitto fa sapere che “saluta positivamente” l’assoluzione del generale. Nel frattempo, Fabio Granata, promotore di Green Italia, si indigna per “la canea ignobile che si sta scatenando contro la Procura di Palermo e il processo sulla trattativa: chiunque si presta a questa operazione non nomini piu’ Borsellino e non metta piu’ piede in via D’Amelio”.
Di certo c’è che l’assoluzione dei carabinieri è un precedente che i difensori utilizzeranno per incrinare l’impianto accusatorio dell’altro processo appena avviato a Palermo, quello sulla cosiddetta trattativa, nel quale lo stesso Mori è imputato per violenza a corpo politico dello Stato. L’avvocato Milio non perde tempo: “Questa sentenza è un punto fermo – dichiara – attendiamo di leggere le motivazioni per capire se potrà inficiare anche il processo sulla trattativa. Noi speriamo di sì”. Una reazione prevedibile, tanto che lo stesso Teresi, poche ore prima del verdetto, aveva messo le mani avanti: “Questa sentenza – aveva dichiarato – potrà avere una refluenza sul processo per la trattativa Stato-mafia, ma non di grandissima importanza”.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano