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ingroia-c-matteo-gozzi-0L’ex pm: “La decisione non mi rende felice il problema è l’equilibrio dei poteri”
di Beatrice Borromeo - 9 febbraio 2013
Nasconde bene, Antonio Ingroia, la delusione per la decisione del gup di Palermo di non combattere la sentenza della Consulta: lunedì le intercettazioni tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’indagato Nicola Mancino verranno distrutte, e “il capitolo si chiuderà davvero”, dice il candidato di Rivoluzione Civile. Che però non se la prende con il collega, il giudice Riccardo Ricciardi: “Evidentemente ha creduto di non avere margini per sollevare la questione di costituzionalità. Scelta, che rispetto, anche se io mi sarei comportato diversamente”.

Pensa che anche il gup abbia preso una decisione politica?
Non credo. L’ho detto in merito alla sentenza della Corte costituzionale perché ha ampliato le immunità del presidente della Repubblica e ristretto i poteri di controllo della magistratura. Cosa non prevista dai nostri Padri costituenti.

Si aspettava un esito diverso?
Poco conta. Il vero problema qui è l’equilibrio dei poteri. L’hanno spiegato bene i professori Zagrebelsky, Cordero e Pace, e proprio per quei motivi è ovvio che la disposizione del gup non può rendermi felice.

Se anche Ricciardi avesse posto una questione di costituzionalità, però, la palla sarebbe tornata in mano alla Consulta.
Infatti era improbabile che l’esito finale fosse diverso, ma una sollecitazione del giudice avrebbe almeno riaperto il dibattito e richiesto un nuovo intervento della Corte costituzionale.

Pensa che quest’ultimo capitolo inciderà negativamente sulla sua campagna elettorale?
Non direi, anche perché il momento centrale rimane quello in cui la Consulta ha accolto il ricorso dell’avvocatura dello Stato. La partita si è decisa lì.  

Lei resterà uno dei pochissimi a sapere cosa si sono detti in quelle quattro telefonate.
Sono ben impresse nella mia memoria. (Ride) Diciamo che le metto nel mio archivio.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Foto © Matteo Gozzi

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