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di Paolo Di Stefano - 21 gennaio 2012
Milano. È morto oggi dopo una lunga malattia, nella sua casa di Milano, Vincenzo Consolo, considerato dalla critica uno dei grandi scrittori contemporanei. Nato a Sant’Agata di Militello (Messina) nel 1933, laureato in Giurisprudenza, si dedica ben presto alla scrittura. Consolo esordì nel 1963 con La ferita dell’aprile, un romanzo sulle battaglie politiche che seguirono in Sicilia alla Seconda Guerra mondiale. Vi si trovano già, filtrati dallo sguardo di un giovane ribelle, i temi che saranno trattati nei romanzi successivi: l’insensatezza della Storia e del potere, l’ottusità di certa cultura cattolica, lo scacco storico subìto dal mondo contadino, l’imbarbarimento e la violenza, l’isolamento degli intellettuali.

ANTILEGHISTA -Il libro che lo consacra ai vertici della letteratura italiana è Il sorriso dell’ignoto marinaio (1976), dove si narra la rivolta contadina di Alcara Li Fusi nel passaggio dal regime borbonico a quello unitario. Con molti altri libri, da Retablo a Nottetempo casa per casa (Premio Strega 1992), da La pietre di Pantalica a Lo spasimo di Palermo, il suo impegno civile e la sua vena espressionistica si affermano definitivamente. Pur non essendo uno scrittore facile che utilizza un linguaggio sperimentale che mescola elementi dialettali e arcaismi, ha ottenuto ampi riconoscimenti non solo dalla critica ma anche dai lettori. Consolo si è trasferito nel 1968 a Milano, dove ha lavorato alla Rai. Attratto da Vittorini, da Pasolini, da Gadda, dal poeta Lucio Piccolo, legato da profonda amicizia con Leonardo Sciascia (cui si deve il suo approdo alla casa editrice Einaudi), Consolo ha vissuto il suo lungo soggiorno milanese con dichiarata insofferenza per la piega politica degli ultimi anni, specialmente in chiave antileghista.

 Tratto da: corriere.it

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