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20 gennaio 2012
Nel biennio 2009/2010 l’Italia ha esportato oltre un miliardo di euro di armi leggere ad uso civile, con un aumento del 10 percento rispetto al biennio precedente. I dati emergono dal rapporto, diffuso oggi, realizzato dall’istituto di ricerca Archivio disarmo dal titolo “Armi leggere, guerre pesanti”.

Le esportazioni sono per la maggior parte dirette verso Stati uniti e Paesi dell’Unione europea, ma un aumento significativo dell’importazione di armi dall’Italia ha registrato anche l’Asia. Il resoconto denuncia come il nostro Paese abbia venduto armi comuni anche in Africa e in Medioriente, in Paesi dove i sistemi politici sono stati capovolti dalle rivoluzioni popolari. In particolare, emergono dal rapporto Paesi sottoposti a embarghi internazionali sulle forniture di armi (Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Armenia e Azerbaijan) e Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui avvengono gravi violazioni dei diritti umani (la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l’India, l’Afghanistan, la Colombia, Israele, Congo, Kenya, Filippine ecc.).

Ciò ha origine da una grave contraddizione legislativa, a causa della quale le procedure e i divieti previsti per le armi comuni da sparo sono diverse dal quelle previste per i trasferimenti di armi ad uso militare. L’Onu ha più volte messo in luce come anche le armi comuni da sparo vendute tramite il canale legale finiscano poi spesso nelle mani di delinquenza organizzata, formazioni terroristiche e bande paramilitari. La necessità, evidenziata dall’analisi, è che le armi comuni da sparo siano equiparate alle armi ad uso militare dal punto di vista delle esportazioni, perché anch’esse possono contribuire a radicalizzare le situazioni di violenza.

Alcuni esempi: l’Italia ha fornito armi, proiettili ed equipaggiamento militare e di polizia usati per uccidere, ferire e imprigionare arbitrariamente migliaia di manifestanti pacifici in Paesi come la Libia, la Tunisia e l’Egitto, e tuttora utilizzati dalle forze di sicurezza in Yemen. Quest’ultimo ha importato dall’Italia una cifra pari a 487.119 euro di armi, usate nella repressione governativa delle proteste.

La Repubblica Democratica del Congo ha importato munizioni per un valore di 81.152 euro, malgrado l’embargo dell’Unione Europea e dell’Onu in vigore dal 1993: nel Paese diverse regioni sono ancora teatro di violenze.

La Cina tra il 2009 e il 2010 ha acquistato dall’Italia armi civili, munizioni ed esplosivi per un valore di oltre tre milioni, in violazione dell’embargo imposto dal Consiglio Europeo nel 1989, in seguito ai fatti di Piazza Tienanmen, che mira proprio a tutelare i diritti umani.

Tratto da: eilmensile.it

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