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16 gennaio 2012
La Spezia. Il 7 Settembre del 1992, in Senato, fu fatta una interrogazione da parte del Senatore Libertini in merito ad una lettera pervenuta a vari soggetti. A giugno del 1992 infatti fra la morte del Giudice Falcone e quella del Giudice Borsellino a 39 soggetti a livello istituzionale, politico e giornalistico era arrivato uno scritto anonimo oggetto dell’interrogazione stessa. Non fu presa in considerazione quella dettagliata descrizione di una situazione politica dell’Italia ormai alla deriva. Dopo la distribuzione di quello scritto anonimo, di li a poco morirà il Giudice Borsellino, e poco meno di un anno dopo mezza Italia salterà in aria con le stragi del 1993 e i nostri figli moriranno o rimarranno invalidi per sempre. Nel febbraio 2005, quel documento anonimo distribuito a 39 soggetti nel 1992, intuito che poteva essere stata una anticipazione di una eventuale trattativa fra lo Stato e la mafia, entra nella nostra analisi quotidiana di vittime di “cosa nostra”.

Infatti i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, il 22 febbraio 2005 presentano un esposto in procura a Firenze, prendendo coscienza che in questo Paese in troppi potevano sapere che ci sarebbero state le stragi del 1993 e che non hanno fatto nulla per fermarle.

Ma non solo nel 2005 i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili prendono atto e lo esprimono chiaramente nell’esposto alla magistratura, che negli anni che vanno dal 1996, anno dell’inizio del processo di Firenze per le stragi del 1993, almeno questi 39 soggetti e con loro quanti di quello scritto ne vennero a conoscenza soprattutto a livello politico istituzionale, non potevano non aver compreso ciò che in Italia era successo fra il maggio e il luglio 1993, ma tacquero con un omertoso silenzio fino a quando finalmente Massimo Ciancimino a modo suo sia pure per qualche interesse personale, sbloccò una situazione di stallo vergognosa.

L’anonimo del 1992 riporta chiaramente :

   1.  il tentativo di reinserire i latitanti di “cosa nostra” nella società attraverso una probabile dissociazione vergognosa;
   2.  la conseguente entrata in campo di misure restrittive verso la mafia (tipo 41 bis) a causa della reazione della società civile, che in seguito sarebbero poi state abolite al ripristinarsi della situazione politica;
   3.  il blocco della confisca dei beni alla mafia.

Questi i tre punti, sopra riportati e appartenenti al famigerato “papello”, ormai noto ai più come l’elenco delle richieste della mafia allo Stato, erano già presenti in quell’anonimo del 1992 e dal quale tutti nostri padri della Patria e i politici informati ne presero le distanze.
La domanda tragica di oggi è: se quella interrogazione Libertini avesse ottenuto l’effetto sperato dall’anonimo scrivente, i nostri figli oggi sarebbero ancora vivi?
Non lo sapremo mai, fintanto che chi sa come sono andate le cose in Italia nel 1993 circa quei 1000 chili di tritolo non parlerà di confisca dei beni alla mafia, delle misure restrittive del 41 bis, della dissociazione dei mafiosi dalle cosche, pensando davvero alle vittime di mafia e non solo ai propri opportunismi politici e quelli del partito di appartenenza e soprattutto ai propri di vitalizi piuttosto che a un vero contrasto alla mafia e aiuto alle vittime di mafia.

Giovanna Maggiani Chelli
Presidente
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili

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