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gozzo-domenico-webdi Domenico Gozzo - 2 gennaio 2012
In relazione all’articolo “Boss si dissocia da Cosa nostra e gli tolgono il 41 bis. Polemica contro il ministro Severino” di Giuseppe Pipitone, pubblicato su Il Fatto Quotidiano on line, preciso, quale attuale vicario della Procura di Caltanissetta, quanto segue:

  1. Gaetano Giovanni D’Angelo non si e’ mai realmente dissociato da Cosa Nostra.
  2. Il parere della Procura di Caltanissetta, impropriamente citato dall’avvocato del D’Angelo, parte proprio dalla considerazione che alcuna reale dissociazione v’è stata da parte del mafioso. Solo in relazione al venir meno degli elementi richiesti dalla legge (in particolare, tenuto conto dell’assenza di prova di attuali rapporti con Cosa Nostra del D’Angelo, e, comunque, del suo ruolo secondario e non apicale nella struttura associativa) la Procura ha ritenuto non vi fossero più i requisiti per poter mantenere il D’Angelo in regime di 41 bis o.p.
  3. Il Ministro ha, poi, condiviso il parere della Procura di Caltanissetta.
  4. La notizia è, dunque, totalmente destituita di fondamento, e purtroppo il commento della signora Maggiani Chelli, che tanto stimiamo, e’ stato influenzato dalla non corretta notizia fornitale.
Non si riesce a comprendere, poi, come sia possibile effettuare l’incredibile accostamento di un parere della Procura di Caltanissetta e di un provvedimento dell’attuale Ministro, alle richieste del papello di Riina ed alle recenti indagini della Procura di Palermo su dichiarazioni del ministro Castelli su nuove trame “dissociative”.

Si tratta di accostamento evidentemente ingiurioso per una Procura come quella di Caltanissetta, che conduce le indagini sulle stragi e sulle revoche del 41 bis avvenute nel 1992-93, e che è composta di colleghi che – per loro storia personale - ben hanno presente l’importanza del “carcere duro”, pur nei limiti fissati dalla legge.

Domenico Gozzo (fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Gentilissimi,
Apprezziamo quanto scritto dal Proc. Domenico Gozzo.
Non abbiamo mai avuto dubbi che la Magistratura e il Ministro si fossero mossi nell'ambito delle norme che regolamentano il carcere duro.
Tuttavia  quando viene tolto il 41 bis  ad un soggetto condannato per reati di mafia, per noi resta difficile non reagire, e scriverne.
Così come da sempre aborriamo il tentativo che la mafia fa di dissociarsi e chiudere così con tutto il male procurato.
Il 27 maggio 1993 i nostri figli sono stati ammazzati affinchè il 41 bis fosse abolito, nessuno può scordarlo.
Da anni noi chiediamo una revisione della norma affinchè il 41 bis, un tipo di carcere severo ma necessario per i reati di mafia , perchè sia veramente per la mafia un isolamento dall'interno del carcere verso l'esterno e viceversa.
 Oggi, con tutto il riguardo che possiamo avere  verso chi di 41 bis si occupa,  sappiamo tutti benissimo che non è così , e che i mafiosi se non hanno più contatti con l'esterno è proprio perchè stanno a regime di carcere duro, il cane che si morsica la coda è fin troppo evidente.
Pur comprendendo che  la diffidenza può diventare a volte ingombrante per chi fa il proprio lavoro, noi smetteremo di parlare di 41 bis quando la mafia smetterà di nuocere al vivere civile, perchè nessuno può negare che il prezzo che abbiamo pagato è stato troppo alto e per ora il torto subito non si salda.
Cordiali saluti


Giovanna Maggiani Chelli
(fonte: ilfattoquotidiano.it, 31 dicembre 2011)

 

Il boss D'Angelo si dissocia, il ministero gli toglie il 41 bis


Condannato a 6 anni e 4 mesi, D'Angelo si e' dissociato da Cosa Nostra al processo Green Line e il ministero della Giustizia lo ha trasferito al regime di detenzione ordinaria. Giovanna Maggiani Chelli:''Accettata la dissociazione, uno dei punti cardine del papello. Ora la mafia puo' sperare in un futuro migliore''.

Al processo Green Line s’è dissociato pubblicamente da Cosa Nostra. E adesso il ministro della Giustizia Paola Severino gli ha revocato il carcere duro. Festivita' natalizie meno dure per Gaetano Giovanni D’Angelo, 29 anni, arrestato nel 2009, condannato a 6 anni e 4 mesi in primo grado per associazione mafiosa, e ritenuto il numero 2 del presunto boss di Enna Giancarlo Amaradio. Per il suo avvocato, Antonio Impellizzeri, la decisione del ministero della Giustizia ''e' il primo concreto risultato in favore mio difeso, frutto della condotta processuale tenuta dal giovane D’Angelo davanti all’autorità giudiziaria inquirente e giudicante, ma anche il risultato di una autentica e profonda rivisitazione critica operata dal mio giovane cliente rispetto a condotte ormai datate nel tempo''.
Per Giovanna Maggiani Chelli, invece, "l'annullamento del carcere duro costituisce un affronto che riteniamo gravissimo. Vedere accettata  la  “dissociazione dalla mafia”, uno dei punti cardine del “papello” di Riinapresentato allo Stato nel 1993, in sede di trattativa, con il conseguente passaggio ad un regime di carcere normale  - prosegue la Chelli - è il più bel regalo di Natale per la mafia tutta, anche quella che la notte del 27 Maggio 1993 ha massacrato i nostri figli in via dei Georgofili, potesse aspettarsi in questo Natale 2011, durante un Governo Tecnico''. ''Da questo momento in poi  la mafia potrà sperare davvero   in un futuro migliore - conclude la Presidente dell'associazione di via dei Georgofili - e tutto questo mentre le nostre vittime non hanno ancora avuto giustizia penale completa, e mentre le leggi amministrative riguardanti i sostegni alle vittime di mafia, non solo non sono ancora applicate nella loro interezza, ma addirittura diritti già acquisiti sono messi in discussione da finanziare atte a sanare il debito pubblico, debito peraltro  alzato al massimo livello, nel nostro Paese, proprio dal dilagare del concorso esterno con associazioni mafiose.

da:
IQuaderniDeLOra.it (26 dicembre 2011)



 
Green Line, revocato il 41-bis a D'Angelo

Enna - Al processo Green Line s’è dissociato pubblicamente da Cosa Nostra. E adesso il ministro della Giustizia Paola Severino gli ha revocato il carcere duro. Per Gaetano Giovanni D’Angelo (nella foto), 29 anni, arrestato nel 2009 e che resta detenuto - ma in regime ordinario - il prossimo sarà un Natale meno difficile dei due precedenti. Condannato a 6 anni e 4 mesi in primo grado per associazione mafiosa, la Dda lo ritiene il braccio destro del presunto boss di Enna Giancarlo Amaradio.

La decisione di concedergli il regime carcerario ordinario è arrivata ieri mattina dagli uffici romani di via Arenula: accolta l’istanza del difensore di D’Angelo, l’avvocato Antonio Impellizzeri, a cui aveva dato parere favorevole la Dda di Caltanissetta (che in origine aveva chiesto la misura). L’avvocato Impellizzeri, nell’esprimere apprezzamenti per la decisione, ha detto: “Mi ritengo molto soddisfatto. È il primo concreto risultato in favore mio difeso, frutto della condotta processuale tenuta dal giovane D’Angelo davanti all’autorità giudiziaria inquirente e giudicante”.

“Tutto ciò è anche il risultato di una autentica e profonda rivisitazione critica – ha aggiunto il penalista – operata dal mio giovane cliente rispetto a condotte ormai datate nel tempo e che propende per un giudizio favorevole di cessata pericolosità sociale. Siamo fiduciosi del futuro e auspichiamo un positivo risultato nel giudizio dell’autorevole Corte d’appello che procede”.

Redazione ilgiornaledienna.it (24 dicembre 2011)

 

D'Angelo ripudia Cosa Nostra

(da Prima Enna, 30 ottobre 2011)

«Green line». Accusato di associazione mafiosa in udienza si è dissociato dai coimputati chiedendo scusa


E' la prima volta che un presunto esponente di Cosa nostra ennese proclama la sua dissociazione dalla mafia. A compiere il passo è stato Gaetano D'Angelo, condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi per associazione a delinquere di stampo mafioso, che è detenuto in regime di 41 Bis nel carcere di Spoleto. D'Angelo in videoconferenza, è intervenuto al processo d'appello che si celebra a Caltanissetta a carico degli imputati dell'operazione antimafia Green Line. Poche parole per annunciare la sua decisione, per il presunto braccio destro di Giancarlo Amaradio, ennese, indicato come l'uomo che ha riorganizzato la famiglia mafiosa ennese.
"Chiedo scusa allo Stato e alla società civile - ha detto D'Angelo - per gli errori commessi e per il mio linguaggio volgare. Mi dissocio fisicamente e moralmente dai miei coimputati e dal reato di associazione mafiosa che mi viene contestato".
D'Angelo è intervenuto con la sua dichiarazione prima dell'arringa finale dei suoi difensori, avvocati Antonio Impellizzeri e Pietro Nicola Granata. E' stato l'avvocato Impellizzeri in apertura di udienza a chiedere alla Corte di far intervenire il suo cliente che intendeva rendere una dichiarazione. Il Pg Antonino Patti non si è opposto e la Corte, presidente Salvatore Cardinale, a latere Giannazzo e Occhipinti, ha autorizzato la deposizione in videoconferenza, che è stata registrata ed inserita agli atti del processo.
"La dichiarazione è un fatto eccezionale per un processo alla criminalità organizzata. L'istituto della dissociazione è stato introdotto per i reati di terrorismo e - ha sottolineato l'avvocato Impellizzeri - nei processi di criminalità organizzata la legge non contempla la dissociazione, ma la collaborazione: il nostro cliente s'è dissociato".
Dopo essersi dissociato D'Angelo da dichiarato di non essere colpevole dei reati di danneggiamento, incendio e furto di cavalli. L'avvocato Granata nella sua arringa ha chiesto l'assoluzione da questi reati per D'Angelo. L'avvocato Impellizzeri ha quindi rinunciato all'appello sulla responsabilità penale del suo cliente, che con la dissociazione e le scuse che ha reso in aula non contesta più l'ipotesi di reato associativo.
"Alla luce di questa dichiarazione la Corte potrà decidere in autonomia una riduzione di pena - conclude l'avvocato Impellizzeri - alla luce del ravvedimento dell'imputato". La Corte deve decidere sui ricorsi con i quali le difese hanno impugnato le condanne inflitte in primo grado con il rito abbreviato a carico degli imputati coinvolti nell'operazione antimafia "Green Line" coordinata nel 2009 della Dda di Caltanissetta.
Nella requisitoria tenuta nelle scorse settimane il Pg ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado che ha inflitto 10 anni e 10 mesi a Giancarlo Amaradio, "l'ex picciotto" del boss di Enna Gaetano Leonardo che avrebbe riorganizzato la cosca reclutando vecchie e nuove leve della criminalità; 11 anni e 4 mesi per Giuseppe Di Franco e Natale Cammarata, entrambi di Leonforte; 6 anni e 4 mesi per Gaetano D'Angelo 6 anni per Domenico Ruisi, entrambi di Valguarnera; 6 anni e 4 mesi per Gianni Briga; 9 anni e 8 mesi per Giovanni Scaminaci, 6 anni per Antonio Scaminaci, 6 anni e 10 mesi per Vincenzo D'Agostino, di Agira; 3 anni e 8 mesi per Nunzio Gagliano di Aidone; 8 anni e 4 mesi per Davide Tirenni; e 6 anni a Giuseppe Miracolo di Adrano. La sentenza è prevista per la metà di novembre.

Fonte: Prima Enna, 30 ottobre 2011

Tratto da: 19luglio1992.com

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