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di Massimo Chiaravalli - 3 dicembre 2011
L’omicidio non c’è stato. Alla fine il gip Salvatore Fanti si è pronunciato: niente mafia dietro la morte dell’urologo Attilio Manca, si è trattato di semplice overdose. Però su questo la Procura dovrà indagare ancora. La richiesta di archiviazione (la terza) da parte del pm Renzo Petroselli non è stata dunque accettata, ma nemmeno la tesi dell’avvocato della famiglia Manca, Fabio Repici, secondo il quale dietro il decesso di quel 12 febbraio del 2004 ci sarebbe la mano del boss Bernardo Provenzano. «Non aver concesso l’archiviazione – dicono oggi – è comunque la certificazione che la Procura ha lavorato male».
La sentenza, non ancora depositata, sarà disponibile nei prossimi giorni. Le indiscrezioni parlano però di una decisione che sembra fatta apposta per non lasciare nessuno senza qualcosa in mano. Perché se da una parte Petroselli ha insistito per chiudere definitivamente la partita e non è stato accontentato, dall’altra l’ipotesi dell’omicidio viene negata. Però si dovrà approfondire l’aspetto legato alla droga, proprio uno dei punti che invece era stata la famiglia Manca a contrastare.
«Per l’ennesima volta – commenta Gianluca Manca, fratello di Attilio – il gip non ha fatto altro che smentire la richiesta di archiviazione di Petroselli. Il quale, come minimo, ha gestito le indagini in maniera poco professionale, superficiale e fanciullesca». «Avevo segnalato questa incoerenza: se pensavano alla droga – continua Repici - perché hanno evitato ogni attività per arrivare all’eventuale spacciatore? Resta il fatto che aver rigettato per la terza volta la richiesta di archiviazione è la certificazione che la Procura ha lavorato poco e male. Cosa faremo? Decideremo dopo aver letto le carte».
Attilio Manca, l’urologo 34enne di Barcellona Pozzo di Gotto, è stato trovato morto il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo (lavorava a Belcolle) con due buchi sul braccio sinistro. La principale contestazione parte da qui: come ha fatto a farseli, lui che era un mancino puro? La tesi del padre dell’urologo, Gioacchino, della madre Angela e del fratello Gianluca è sempre stata che Attilio sarebbe stato ucciso dalla mafia. Nell’ottobre del 2003, pochi mesi prima della sua morte, si trovava infatti a Marsiglia «per un’operazione innovativa», come sostenuto da Angela Manca. E nello stesso periodo l’allora latitante Bernardo Provenzano veniva operato alla prostata proprio in Francia. La convinzione dei parenti di Attilio e dell’avvocato Repici si è rafforzata man mano che le indagini andavano avanti, con l’evidenziazione di buchi e quesiti su cui non è stata mai data risposta. L’urologo è stato trovato in una pozza di sangue («si è sfracellato sul telecomando», è stato detto alla famiglia), e oltre a quei segni sul braccio sinistro in casa per la preparazione della siringa non è stato trovato nulla. Non sono state evidenziate tracce di precedenti iniezioni, quindi Attilio non sarebbe stato un drogato. Oggi però per Fanti è proprio questo l’aspetto da approfondire: niente archiviazione, le indagini della Procura vadano avanti sulla morte per overdose. Il che potrebbe portare a qualsiasi pista.
Che si sia trattato di omicidio di mafia è invece convintissimo il leader di Sinistra e libertà, Nichi Vendola. «Una morte atroce e inspiegabile. Attilio Manca – dice - è una vittima della mafia».

Tratto da:
Il Messaggero - cronaca di Viterbo

Info
: attiliomanca.it

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