di Laura Adduci - 2 dicembre 2011
57 giorni prima della tragedia. È questo il nucleo su cui Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo concentrano la loro attenzione, descrivendo, con rigore giornalistico, le vicende storiche e politiche che portarono all’assassinio di Paolo Borsellino, uno dei personaggi più importanti della nostra memoria storica. "Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino – Dalla strage di Capaci a via D’Amelio” è il titolo del loro libro, edito da Aliberti.
«Io accetto, ho sempre accettato più che il rischio […] le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e vorrei dire anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli», scriveva il magistrato siciliano.
Eroe moderno della democrazia, chi era per voi Paolo Borsellino?
Paolo Borsellino è stato un magistrato integerrimo dotato di un particolare spirito di servizio e di una grandissima umanità. Un uomo capace di percepire l’animo di chi aveva di fronte, animato da un senso profondo della giustizia e della ricerca della verità.
"Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino" non è il primo, e forse neanche l'ultimo libro ad indagare la sua vita, secondo voi, da cosa nasce questo interesse?
Probabilmente per la straordinarietà della figura di Paolo Borsellino, ogni singolo episodio sulla sua vita dà la possibilità di poter essere approfondito ulteriormente: la sua fede incrollabile, l’amore per la sua famiglia, la sua consapevolezza della fine imminente che lo spinge a lavorare ancora più incessantemente in una lotta contro il tempo, il suo rapporto con Giovanni Falcone, le sue intuizioni sulla strage di Capaci fino alla sua presa di coscienza di una “trattativa” in corso tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra.
Perchè avete scelto di narrare proprio gli ultimi 57 giorni?
Per poter approfondire questo lasso di tempo nel quale si succedono una serie di eventi determinanti attorno a Paolo Borsellino così da comprendere le dinamiche che portano alla strage di via D’Amelio. A distanza di anni, grazie alle dichiarazioni tardive di tanti “smemorati di Stato” come Luciano Violante, Claudio Martelli, Liliana Ferraro ed altri, i magistrati che indagano su questa strage e sulla “trattativa” tra Stato e mafia possono mettere insieme i pezzi di questo mosaico nella speranza di arrivare alla verità. E dalle prime risultanze di queste inchieste emerge inevitabilmente la figura di uno Stato che è come un Giano Bifronte capace di uccidere i suoi più fedeli servitori in totale sinergia con Cosa Nostra.
Nella prefazione si legge: "...E' un libro partigiano, nel senso che fa le sue scelte di campo", quali sono state queste scelte?
Sono state quelle di raccontare senza alcuna remora pezzi di verità emersi nelle nuove indagini sulla strage di via D’Amelio e sulla “trattativa” mettendoli insieme ai risultati investigativi raggiunti in questi anni e alle testimonianze dei protagonisti dell’epoca. Abbiamo scelto di focalizzare le figure di coloro che hanno rivestito un ruolo all’interno delle istituzioni in quel periodo, alcune delle quali sono state indagate o addirittura finite sotto processo per aver favorito Cosa Nostra come il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Obinu. Ricostruendo le fasi delle diverse “trattative” che si sono succedute prima e dopo la strage di via D’Amelio abbiamo volutamente riportato documenti e analisi di addetti ai lavori che attestano la colpevolezza di un sistema politico colluso con la mafia. Allo stesso modo abbiamo voluto addentrarci nel mistero della scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino attraverso la ricostruzione dell’iter processuale (avviato grazie alla nostra segnalazione – ricevuta da una fonte attendibile - relativa all’esistenza di una fotografia che ritraeva l’ex capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli mentre si allontanava da via D’Amelio reggendo la valigetta di Paolo Borsellino nella quale vi era la sua agenda rossa, ndr) che ha visto indagato e poi prosciolto lo stesso Arcangioli, sul quale restano però molti dubbi che non sono stati minimamente chiariti dalla sentenza della Cassazione.
La storia di un uomo che incarna lo spirito di un tempo, cosa rappresenta Borsellino per il patrimonio storico del nostro Paese?
Paolo Borsellino rappresenta tutto quello che non c’è in questo momento nel nostro Paese. Il tentativo sistematico di smantellamento della Costituzione perpetrato dalla peggiore classe politica che si è avvicendata in questi decenni (sulla quale pesa la complicità di un’opposizione spesso inesistente) rappresenta solo uno degli aspetti che è in antitesi con la figura di Paolo Borsellino. Per non parlare dei ripetuti attacchi nei confronti della magistratura. A tutti gli effetti siamo di fronte a uno Stato-mafia che non intende processare se stesso, che non vuole raggiungere la verità su quelle che possono essere definite “Stragi di Stato”. I pochi magistrati che si ostinano a cercare la verità hanno raccolto la gravosa eredità di Paolo Borsellino ma non possono essere lasciati soli. La responsabilità della società civile è altissima. Solo se questi magistrati non saranno ostacolati da una politica pavida e collusa, se avranno il sostegno della società e soprattutto se l’intera società vorrà la verità sul biennio stragista ‘92/’93 potremo avere giustizia. Altrimenti corriamo il rischio di nuovi attentati.
Se l'epoca d'azione fosse stata quella contemporanea, secondo voi, cosa sarebbe successo e cambiato?
Per quanto riguarda la strage di via D’Amelio si sarebbe compiuta ugualmente grazie agli appoggi di quei Servizi Segreti che non sono affatto “deviati” ma che obbediscono ad un sistema di potere che decide l’eliminazione di tutti gli “anticorpi” ogni qualvolta mettono a rischio “l’equilibrio” di un Paese.
Per quanto concerne invece l’ipotesi che Paolo Borsellino fosse vivo e operativo in questo momento storico di sicuro soffrirebbe degli attacchi perpetrati contro la magistratura, ma non si tirerebbe indietro dall’esprimere critiche verso i “demolitori” della democrazia. E soprattutto continuerebbe a spronare i propri colleghi a lottare per la giustizia e per la verità. In ultimo continuerebbe a parlare della lotta alla mafia agli studenti di tutte le scuole. A loro consegnerebbe la sua speranza di vedere rinascere questa terra, stimolandoli a non arrendersi mai.
Tratto da: ecotv.it