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24 novembre 2011
Vibo Valentia. I testimoni di giustizia Francesca Franzè e Pino Grasso, marito e moglie, stanno protestando davanti la prefettura di Vibo Valentia dopo «l'ennesimo rigetto delle legittime istanze di risarcimento operato dalla competente commissione prefettizia». I coniugi, hanno riferito i loro legali, gli avvocati Ennio Curcio e Claudia Conidi, «chiedono l'intervento dei ministri dell'Interno e della Giustizia per porre fine alla situazione di isolamento e di abbandono a cui vengono sottoposti delle istituzioni periferiche dello Stato. Nonostante le loro dichiarazioni abbiano portato alla condanna definitiva esponenti di spicco della 'ndrangheta, ancora la Prefettura di Vibo continua a disconoscere questo prezioso e solitario, per la Calabria, contributo negando l'attribuzione di quelle somme di denaro da assegnare a coloro i quali vengono stritolati dallo strapotere mafioso. Le organizzazioni criminali si sono appropriate, tra l'altro, di un appartamento e di alcuni terreni dei coniugi oltre ad alcuni beni mobili. Circostanze dimostrate dai provvedimenti della Dda di Catanzaro e dell'Ufficio del Gip. Ma neanche questo è bastato, poichè la domanda di risarcimento è stata nuovamente ed inspiegabilmente rigettata dalla commissione di valutazione prefettizia di Vibo Valentia che, dopo avere fatto attendere due mesi prima di riunirsi, ha comunicato di avere rigettato la richiesta. Una condotta ostruzionistica e anche strumentale all'isolamento di chi ogni giorno rischia la vita per testimoniare contro la 'ndrangheta». I coniugi Grasso e Franzè hanno rivolto «un accorato appello all'intera deputazione calabrese perchè promuova ogni iniziativa parlamentare per la salvaguardia della libertà economica e della legalità in calabria». «Noi - hanno sostenuto - siamo stati spogliati di ogni bene dalla 'ndrangheta. Non abbiamo più di che vivere perchè nessuno ci fa lavorare in Calabria con le nostre aziende perchè intimoriti dal crimine organizzato. Siamo contro la 'ndrangheta, l'abbiamo combattuta senza esitazione, ma non pensavamo di arrivare a tanto sentendoci abbandonati dallo Stato e per questo rivolgiamo un appello alla più alta carica dello Stato, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè faccia sentire la sua autorevolissima voce in rappresentanze di tutto il popolo italiano, per restituire alla nostra famiglia ciò che è stato tolto dalla barbarie e dallo strapotere mafioso». «Abbiamo combattuto contro la 'ndrangheta per la tutela dei nostri diritti - hanno concluso annunciando che continueranno la protesta ad oltranza - lo faremo anche contro quella parte dello Stato che ci sta abbandonando al nostro destino facendo morire di fame i nostri figli».

ANSA

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