Le parole del fondatore di Libera durante la manifestazione contro la ‘Ndrangheta, a dieci anni dalla morte del piccolo Cocò
“Le mafie uccidono anche donne e bambini”. Sono state queste le prime parole che il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, ha pronunciato davanti ai microfoni dei tanti giornalisti presenti durante la manifestazione organizzata contro la ‘Ndrangheta nel comune di Cassano all’Ionio, in provincia di Cosenza. Insieme a Libera e al resto della società civile, anche sindaci e organizzazioni sindacali si sono date appuntamento per dire no alla criminalità organizzata che da anni, ormai, non disdegna nemmeno di uccidere la parte più vulnerabile e innocente della società: i bambini. Dieci anni fa, nelle campagne di Cassano all’Ionio, la ‘Ndrangheta ha ucciso a sangue freddo il piccolo Cocò Campolongo, di soli tre anni. In quel tragico episodio persero la vita anche il nonno di Cocò, Giuseppe Iannicelli, e la compagna di quest'ultimo, Betty Taoussa. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Iannicelli aveva dei conti in sospeso con la ‘Ndrangheta e, consapevole dei rischi a cui andava incontro, come di consuetudine, anche quel giorno aveva deciso di portare con sé il piccolo Cocò nella speranza che il “codice mafioso” gli avrebbe risparmiato la vita. Ma così non è stato. I corpi delle tre vittime, dopo l'agguato, vennero dati alle fiamme all'interno della macchina su cui viaggiavano, una Fiat Punto, trovata in contrada “Fiego”, nel territorio del comune del Cosentino. Oltre al piccolo Cocò, “altri 120 mila bambini sono stati ammazzati dalla violenza criminale mafiosa. Oggi - ha spiegato don Ciotti - c’è un problema in Italia; nella testa della gente si è passati dal crimine organizzato mafioso al crimine ‘normalizzato’”.
Una percezione collettiva che, forse complice una logica criminale più attenta a concludere affari che a commettere stragi e omicidi, ha trasformato il volto violento del crimine organizzato, in una realtà ben diversa: meno spaventosa, ma più convenzionale. Peccato che “le mafie sono ancora forti - ha puntualizzato il fondatore di Libera - anche più di prima. Magari fanno meno attentati, meno manifestazioni di violenza, ma le strategie vengono portate avanti. Per questo motivo - ha proseguito - noi non dobbiamo essere dei cittadini a intermittenza”, che seguono le emozioni del momento, “ma dei cittadini responsabili. La morte del piccolo Cocò deve graffiare le nostre coscienze e indurci a delle domande”. Non basta dunque il lavoro che magistrati e forze di polizia portano avanti, “deve esserci anche una rivoluzione delle nostre coscienze. I giovani hanno bisogno di trovare delle visioni di speranza, di cambiamento, e noi dobbiamo essere parte di questo cambiamento”. Le parole di don Ciotti risuonano come un monito, un avvertimento per i “neutrali”, come lui stesso li ha definiti. “La malattia peggiore è la delega - ha ribadito - ma lo sono anche i ‘neutrali’: quelli che non vogliono mai mischiarsi, ma restano a guardare dalla finestra. Quelli che, magari, qualche volta si commuovono davanti alle grandi tragedie, ma poi non si muovono. Abbiamo bisogno di una reazione, ne abbiamo bisogno oggi”.
Fonte: Corriere della Calabria
Foto © Imagoeconomica
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