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di AMDuemila
La 'Ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli fino a Verona e la sua provincia. E' il quadro che emerge dall'indagine della Polizia di Stato che ha sgominato la 'locale' di 'Ndrangheta di Verona, una struttura autonoma ma riconducibile alla cosca degli Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
L'inchiesta coordinata dalla Dda di Venezia con la Pm Lucia D'Alessandro, ha portato all'emissione da parte del Gip di 26 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, estorsione, traffico di droga, corruzione, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di beni e fatture false. In carcere sono finite 17 persone mentre nei confronti di altre 6 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per 3 è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini sono state condotte tra il 2017 ed il 2018 da un gruppo di lavoro composto dagli investigatori della prima divisione del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Polizia e dai poliziotti delle squadre mobili di Verona e Venezia, e hanno portato alla luce quelli che vengono ritenuti "gravi indizi" relativi alla presenza della locale di Ndrangheta a Verona.
Dalle carte dell'indagine emergerebbe che lo "sbarco" nella città di Verona sarebbe avvenuto con il traffico di supefacenti, in particolare cocaina, da smerciare nelle piazze della città e della provincia. In particolare, al vertice della locale vi era il boss Giardino "che, anche dal letto di ospedale in carcere, dava indicazioni su come agire". Poi il clan irrompe nel giro delle slot machine da piazzare nei bar, dove gli uomini di Giardino sbaragliano le società inserite legittimamente nel territorio, con minacce e aggressioni, fino ai 'risarcimenti' pretesi per i mancati incassi.
Una 'ndrina particolarmente pericolosa e violenta come testimoniano gli stralci di intercettazioni tra gli indagati, pronti a minacce feroci verso le vittime delle estorsioni: "'Io ho anche il tirapugni...' 'Con il tirapugni ? lo ammazzi, ...io ho paura che che con il tirapugni lo ammazzi''.. 'Pensaci, non e' che gli devo dire 'scusa viene un attimo?'. Si gira e ''bam'"!".
Ma l'inchiesta non si limita a questi episodi. Vi sono anche altri nomi di indagati tra i soggetti finiti nelle pagine dell'inchiesta. Tra questi, per l'ipotesi di concorso in peculato, c'è anche un nome di spicco: quello dell'ex sindaco di Verona, Flavio Tosi.  "E' un'indagine sulla criminalità organizzata che tocca per la prima volta Verona, dopo Padova e la zona del Veneto orientale, e che dimostra la presenza strutturata delle mafie in regione, e nello specifico la 'Ndragheta" ha detto il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi. "La 'Ndrina veronese - ha spiegato Francesco Messina, capo dell'anticrimine, - aveva costruito una serie di rapporti stretti in un gioco 'do ut des' tale da controllare le piu' svariate attivita' del territorio, forte di licenze e permessi, contrattati anche con pubblici funzionari".
Nell'inchiesta, infatti, non mancano anche legami e contatti con esponenti della pubblica amministrazione, in particolare l'Amia, la municipalizzata per i rifiuti: qui finte prestazioni, dazioni e bustarelle, sono le accuse che hanno portato ai domiciliari l'ex presidente Andrea Miglioranzi, uomo vicino a Tosi, e l'attuale direttore Ennio Cozzolotto. In una di queste pieghe dell'inchiesta entra il nome di Flavio Tosi, accusato di concorso in peculato per una distrazione di fondi di Amia, "non meno di 5.000 euro", imputata a Miglioranzi, per pagare la fattura di un'agenzia di investigazioni privata, nell'interesse di Tosi, sostiene la Procura. "Non ne sono nulla - ha risposto Tosi - ne uscirò totalmente estraneo, come in tutte la altre occasioni".


Fonte: ANSA

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