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di AMDuemila
In aula anche l'ex colonnello De Donno: "Vaccarino conquistò fiducia Messina Denaro"

"Vaccarino mi è stato presentato dal pm Paci in Procura a Caltanissetta, oltre al pm Paci anche il mio capocentro era informato delle mie indagini".
A dirlo è il tenente colonnello della Dia, Marco Alfio Zappalà, interrogato dai giudici di Marsala al processo in cui è imputato l'ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino. Entrambi furono arrestati il 16 aprile del 2019 assieme all'appuntato Giuseppe Barcellona (addetto alle intercettazioni della compagnia di Castelvetrano), accusati di aver fatto circolare un'intercettazione riservata, che poi Vaccarino recapitò a una persona indagata per associazione mafiosa. "La conoscenza è avvenuta nell'ufficio del dottor Gabriele Paci (procuratore aggiunto di Caltanissetta), Vaccarino stava rilasciando delle dichiarazioni spontanee e al termine di quel verbale fui delegato per svolgere alcuni accertamenti", ha detto Zappalà, in servizio alla Dia nissena all'epoca dei fatti. Per la Dia ha svolto - su delega della Procura di Caltanissetta - alcune indagini poi confluite nel processo, tuttora in corso, in cui il latitante Matteo Messina Denaro è imputato quale mandante delle Stragi di mafia del '92. "Se c'era necessità riferivo tutto per le vie brevi, altrimenti tutto confluiva (ed è confluito) all'esito degli atti a mia firma e di un collega e dopo essere stati sottoposti al nostro capocentro, andavano in Procura". Al momento Zappalà e Barcellona sono imputati davanti al gup di Palermo: per il primo la Dda ha chiesto la condanna a cinque anni di carcere, per il secondo è in corso una richiesta di patteggiamento. "Ho svolto un lungo elenco di accertamenti - ha detto Zappalà - per un totale di sei deleghe in tre anni e sono andato tredici volte a Castelvetrano, sempre in coppia con un collega e l'unica volta che sono andato a casa di Vaccarino è perché era stato recentemente operato ad un ginocchio: mi feci lasciare li da un collega che passo' a prendermi due ore dopo. Quella fu l'unica occasione in cui non ero in compagnia di un collega e in quella circostanza è accaduto l'invio della falsa email". Il riferimento è alla mail che secondo la Dda di Palermo l'ufficiale avrebbe inviato il 7 marzo 2017 a Vaccarino, nella quale erano contenuti gli sfoghi di due persone all'epoca indagate per mafia, in cui si parlava del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Messina Denaro, poi divenuto collaboratore di giustizia e deceduto 2017.
"Non ho memoria di aver inviato a Vaccarino la mail che mi viene contestata e quando l'ho ricevuta non l'ho ritenuta un atto riservato, altrimenti avrei scritto una relazione di servizio", ha detto Zappalà, riferendosi alla mail che secondo i magistrati della Dda di Palermo avrebbe inviato all'ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino. "Ho ricevuto spontaneamente la mail da Barcellona che però si premurò di tagliare ogni tipo di riferimento a dati riservati: erano otto screenshot ricevuti su whatsapp", ha aggiunto Zappalà - tuttora sottoposto all'obbligo di dimora a Caltanissetta - che al primo interrogatorio dopo l'arresto aveva invece confermato l'invio della mail. In questi mesi gli avvocati hanno disposto anche una perizia affidata a due esperti che avrebbe fatto emerge alcune anomalie. "Nel corso dell'indagine non è stato accertato da quale indirizzo Ip provenisse quella mail, la prova viene da lì, la schermata è soltanto un indizio", ha detto ancora il tenente colonnello della Dia. "Dopo dodici mesi è impossibile accertarlo - ha precisato - perché il dato viene cancellato dai provider di pertinenza". Nella telefonata trascritta e transitata dai server dei carabinieri al cellulare di Zappalà, si parlava anche della latitanza di Messina Denaro. "Si, perché in quei giorni c'erano degli articoli stampa in cui Teresa Principato, a quel tempo procuratore aggiunto alla Dda di Palermo, disse 'per noi Messina Denaro quasi sicuramente è in Brasile' e i due mentre parlano dicono 'ti dico io dov'è, in Russia'", ha detto l'ufficiale della Dia. In effetti però quella parte non fu mai ricevuta da Vaccarino: "Nego assolutamente che Vaccarino mi abbia chiesto documenti riservati, è vero invece che io ho ricevuto diversa documentazione da parte sua". Tuttora è pendente davanti al Tribunale di Catania l'istanza di revisione della sentenza per cui Vaccarino fu condannato definitivamente per traffico di droga. "Lui era interessato alla revisione della sentenza per cui fu condannato negli anni novanta (blitz Palma del 1992), noi cercavamo notizie sulla responsabilità del noto Messina Denaro alla preparazione delle stragi palermitane - ha continuato Zappalà - attraverso l'indicazione di una serie di testimoni oculari e non indicati da Vaccarino". Circostanza confermata anche dal procuratore aggiunto Gabriele Paci, che alla passata udienza aveva riferito di accertamenti affidati al tenente colonnello della Dia, in seguito alle segnalazioni dell'ex primo cittadino di Castelvetrano.

La deposizione di De Donno
Nel corso dell'udienza a Marsala è stato sentito anche il colonnello dei carabinieri Giuseppe De Donno. L'ex ufficiale del Ros, che due anni fa è stato condannato a 8 anni di reclusione dalla Corte d'assise di Palermo nel processo per la cosiddetta "trattativa" Stato-mafia, ha ricostruito il tentativo di riuscire a catturare il Messina Denaro tramite il rapporto epistolare instaurato con l'ex sindaco e collaboratore del Sisde che si faceva chiamare in codice Svetonio: "Facendo leva sui rapporti che Vaccarino aveva intrapreso nel corso della sua vita, noi riuscimmo a far inviare una prima lettera a Messina Denaro. Non riferimmo il nome della fonte Vaccarino. Al dottor Grasso (l'allora procuratore di Palermo Pietro Grasso, ndr) fu illustrato l'intero contesto che era necessario sia per la cattura che per scoprire tutti il circuito a cui era collegato anche per il reimpiego delle somme. Grasso autorizzo' l'attivita' di cui avremmo dovuto costantemente informarlo. Nel frattempo, Grasso divenne procuratore nazionale antimafia. Poi, consegnammo tutto cio' che avevamo raccolto in questi due anni di attivita'". "La Procura, però, sulla base di sue valutazioni - ha aggiunto De Donno - decise che i rapporti con il Vaccarino andassero interrotti, non volevano trattarlo né come fonte confidenziale né come testimone, e fu indagato disvelando la sua posizione. Nel luglio 2006 l'ultima attività. La procura ci disse di consegnare tutto alla polizia. Se si fosse continuato, non si sa cosa sarebbe accaduto". L'ex ufficiale del Ros ha poi osservato: "Non è facile entrare in contatto con un latitante come Messina Denaro. Abbiamo cercato di penetrare nell'affidabilità del latitante e ci siamo soffermati su colui al quale veniva consegnato il pizzino. Soprattutto perché non volevamo rischiare di bruciare l'intera filiera, anche perché Vaccarino si dimostrò affidabile. La prima risposta di Matteo Messina Denaro è dell'ottobre 2004. Noi supportammo ulteriormente Vaccarino come fonte investigativa, però questa valutazione fu diversa dalle esigenze della Procura e si decise di non proseguire, in parte non so se danneggiando la cattura di Messina Denaro".

Fonte: AGI

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