
Firenze. "Secondo il tribunale di Sorveglianza di Roma il sig. Marcello dell'Utri deve lasciare il carcere e tornare a casa. Non è certo la prima volta che un condannato lascia il carcere e torna a casa perché i tribunali ritengono stia male", "eppure anche per mancanza di giustizia, i nostri sopravvissuti alla strage di via dei Georgofili, hanno una vita difficile, fanno ogni giorno il conto con la causa effetto di 277 chili di tritolo e tanta solerzia intorno a noi non la vediamo, neppure tanti dottori preposti, disposti a capire oltre ogni ragionevole dubbio che la strage terroristica eversiva lascia segni indelebili". Lo scrive in una nota Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili commentando il differimento della pena accordato a Marcello Dell'Utri per motivi di salute. "In Italia il senso di giustizia è molto ampio quando si tratta del reo e finisce là dove iniziano i calvari delle vittime", prosegue Maggiani Chelli, e "resta però il fatto che sono 25 anni che aspettiamo di sapere chi è 'salito sul carro' di Riina mentre era in corsa per trattare sulla pelle dei nostri figli l'abolizione di norme contro la mafia, come la certezza della pena". Maggiani Chelli inoltre ricorda che "il 26 maggio al convegno sulla giustizia in ricordo della strage di via dei Georgofili, in Regione Toscana, la magistratura ha parlato di 'significativi indizi' i quali porterebbero a continuare le indagini sui concorrenti della mafia 'cosa nostra' nella strage di via dei Georgofili. Uno degli indiziati è giusto Marcello Dell'Utri. Ma questa è un'altra cosa, eventualmente sarà un altro processo non certo per concorso in associazione mafiosa a stabilire la verità".
ANSA
Foto © Bramo Sestini