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mazzola maria grazia telecamere"Donna che m'ha dato un pugno ha condanna per mafia come marito"
Enna
. "Due mesi di silenzio avvantaggiano solo i clan". Così Maria Grazia Mazzola, la giornalista Rai aggredita il 9 febbraio a Bari, mentre lavorava a un'inchiesta sulle mafie e giovani. Mazzola ha ricevuto a Enna il premio Iride del club service Fidapa. "La verità di questa aggressione è ancora più preoccupante di quella raccontata due mesi fa, in quanto Monica Laera, moglie del boss Lorenzo Caldarola, in carcere per mafia, non è solo la moglie di un boss ma è lei stessa un boss, come da sentenza della Cassazione del 2004: è stata condannata per associazione mafiosa".
La giornalista, colpita da un pugno "e non da uno schiaffo come hanno scritto alcuni giornali", si chiede se, "in uno Stato democratico si può lasciare in giro una persona così pericolosa. Io stavo svolgendo il mio lavoro sul suolo italiano - aggiunge - Lo Stato ha il dovere di liberare i territori dalle mafie perché esistono delle zone off limits, come in Sudamerica, dove i giornalisti non possono entrare". Mazzola fa il nome della donna che l'avrebbe minacciata davanti alla Polizia subito dopo l'aggressione: "Angela Ladisa, moglie di Giuseppe Mercante, arrestato a Bari tre giorni fa, pluripregiudicato, madre della moglie del figlio dei Caldarola, già condannato per omicidio". "In Italia - conclude - ci sono 130 giornalisti minacciati, 19 sotto scorta, 176 sotto vigilanza. Non sono sola: la Rai si costituirà parte civile insieme alla Federazione nazionale della stampa, l'Unione donne in Italia e con me si e' schierato anche il Centro antiviolenza Renata Fonte di Lecce". La giornalista che è stata ricevuta qualche giorno fa dal ministro dell'Interno, dice che "la sensibilità e l'attenzione che mi ha riservato Minniti, consapevole della gravità dell'aggressione, mi ha confortato e reso orgogliosa di essere italiana”.

ANSA

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