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campagna graziella 610Nel 2015 il tribunale di sorveglianza concesse la libertà all’esponente di Cosa Nostra condannato all’ergastolo per l’omicidio della giovane Graziella
di Gerardo Adinolfi

"Per Giovanni Sutera il “fine pena mai” che si legge nel suo certificato penale deve essere concreto e mai più aggirato, in assenza di “sicuro ravvedimento”, non per spirito di vendetta ma solo per doverosa applicazione della legge, prima ancora che per rispetto della memoria di Graziella Campagna, rimasta vittima innocente a soli diciassette anni e vilipesa nella sua memoria da certi provvedimenti giudiziari". L’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia della ragazza siciliana uccisa il 12 dicembre 1985 dall’allora latitante ed esponente di Cosa Nostra Giovanni Sutera, ha presentato alla procura generale del tribunale di Firenze la richiesta di revoca della liberazione condizionale concessa all’uomo dal tribunale di sorveglianza di Firenze nel 2015. Sutera, arrestato negli scorsi giorni in un’inchiesta sulla gestione del Bar Curtatone e su un presunto traffico internazionale di stupefacenti, tre anni fa era tornato in libertà nonostante una condanna all’ergastolo per l’omicidio di Graziella Campagna e un’altra a 25 anni per aver ucciso il gioielliere fiorentino Vittorio Grassi. Ora la famiglia di Graziella ha chiesto ufficialmente la revoca di quei benefici. "Per fortuna, è stato colto nelle sue pratiche criminali prima del settembre 2010 - ha scritto l’avvocato Repici - a quella data avrebbe potuto ottenere perfino l’estinzione dell’ergastolo". Nelle cinque pagine del documento l’avvocato parla anche della "confusione" dei benefici assegnati a detenuti per gravissimi reati citando, pur non direttamente, il caso scoppiato a Firenze sulle parole dell’ex Br Barbara Balzerani: "I familiari delle vittime da ultimo si sono visti tacciare pubblicamente di professionismo carrierista", scrive. Sutera, insomma, non avrebbe mai dovuto lasciare il carcere perché non ha mai provveduto - scrive il legale - ai risarcimenti, poi ricevuti dalla famiglia grazie a un fondo del ministero dell’Interno. Eppure dall’ordinanza "risulta che ha investito notevoli somme per l’accaparramento di attività economiche nel centro di Firenze e per il finanziamento del narcotraffico", si legge. E poi perché non ha mai risposto agli appelli della famiglia di Graziella "aiutando i magistrati a chiarire le responsabilità sue e di Gerlando Alberti junior per l’omicidio" ma anche quelle di coloro che li aiutarono nella latitanza e nei "depistaggi" delle indagini.

La Repubblica edizione Firenze

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