Firenze. C’è anche un mafioso condannato per due omicidi, Giovanni Sutera, siciliano di 60 anni, tra i quattro arrestati nell'inchiesta della procura di Firenze per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti emersa stamani. Sutera, destinatario di misura di custodia cautelare in carcere, si trovava in libertà condizionata poiché condannato all'ergastolo per l'omicidio di un gioielliere fiorentino e di quello della 17enne Graziella Campagna, uccisa dalla mafia a Villafranca Tirrena (Messina) nel 1985. Per l'accusa, Giovanni Sutera e il fratello Renato, anche lui arrestato stamani dai carabinieri, avrebbero preso parte, finanziandola con circa 40mila euro, a un'associazione a delinquere che coltivava in Spagna marijuana da portare e spacciare in Italia. In manette sono finiti anche Ruben Crespo Guerra, spagnolo già noto alle forze dell'ordine, arrestato stamani presso Tarragona dai Mossos d'Esquadra, e l'albanese Pavlin Delia, residente a Cenate di Sotto (Bergamo), considerato il destinatario finale di parte dello stupefacente. In base alle indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Firenze, i fratelli Sutera risultano gestori di fatto dal 2012 ad oggi del caffè Curtatone, noto bar del centro storico fiorentino. Per l'accusa i due fratelli avrebbero creato nel tempo società fittizie, intestate a prestanome, facendole fallire e omettendo di versare i contributi previdenziali e le imposte. In questo filone delle indagini, nel quale sono indagate complessivamente 11 persone tra cui - spiegano i carabinieri - gli attuali gestori del bar Curtatone, vengono contestati i reati di trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta. I vari sviluppi investigativi scaturiti da questa indagini hanno condotto i carabinieri a individuare anche gli interessi criminali dei Sutera con la Spagna.
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Droga: arresti Firenze; gip dice no richiesta sequestro bar
Firenze. Il gip di Firenze non ha accolto la richiesta di sequestro preventivo ai fini della confisca del bar Caffè Curtatone, in borgo Ognissanti a Firenze, avanzata dalla procura fiorentina nell'ambito dell'inchiesta condotta dai carabinieri che oggi ha portato all'arresto di quattro persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Secondo quanto emerso dalle indagini, dal 2011 il locale sarebbe stato gestito di fatto dai fratelli Renato e Giovanni Sutera. Quest'ultimo al momento dell'arresto si trovava in libertà condizionata, poiché condannato all'ergastolo per l'omicidio di un gioielliere fiorentino, Vittorio Grassi avvenuto nel maggio del 1982 in una rapina, e di quello della 17enne Graziella Campagna, uccisa dalla mafia a Villafranca Tirrena (Messina) nel 1985. I due fratelli, per eludere le misure di prevenzione che sarebbero scattate in ragione dei loro precedenti penali, avrebbero intestato a prestanome le società che negli anni si sono avvicendate nella gestione del bar: Mela srl, Star srl, Siga srl e Caffè Italia srl.
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Droga: Lumia (Pd), come ha fatto Sutera a eludere ergastolo?
Roma. "Come ha potuto un boss condannato all'ergastolo per due omicidi comprare un bar al centro di Firenze? La legge impone che i condannati di mafia debbano segnalare le loro ricchezze alle autorità. Come ha potuto eludere l'ergastolo e godere delle premialità carcerarie? Sono questi interrogativi che meritano una risposta". Lo dice Giuseppe Lumia, esponente del Pd e già componente della Commissione parlamentare antimafia. "Sutera - aggiunge - è il responsabile dell'omicidio di Graziella Campagna, la ragazza vittima della mafia uccisa a Villafranca Tirrena, in provincia di Messina, all'età di 16 anni, nonché dell'omicidio di un gioielliere fiorentino. Un personaggio pericoloso che, nonostante i gravi crimini commessi e le sentenze, è riuscito ad uscire dal carcere". "L'operazione condotta dalla procura di Firenze guidata dal dottor Creazzo - continua - non solo ci dà la conferma del radicamento criminale di Cosa nostra in Toscana, dove i boss riciclano in vari settori e organizzano il traffico internazionale di droga, ma ci impone di capire quali accorgimenti prendere per rendere le maglie della giustizia ancora più strette". "È, infatti, indispensabile - conclude Lumia - fare una verifica sull'applicazione di alcuni istituti di scarcerazione, che per i reati di mafia dovrebbero sempre essere sottoposti a quella regola del doppio binario che impone più rigore".
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