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grasso senato ppRoma. "Secondo le nostre leggi e secondo la Costituzione la carcerazione deve essere dignitosa. E io ritengo che siano adottate tutte le misure idonee per poter rendere dignitosa la carcerazione di Riina, naturalmente questo deve essere dimostrato ai giudici che dovranno decidere, in modo tale che si possa garantire ancora il 41 bis". Lo ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso a Radio 24. La Cassazione, ricorda Grasso, non ha richiesto la scarcerazione di Riina, ma solo un'ulteriore motivazione della vicenda. "Sono certo - aggiunge - che i magistrati riusciranno a motivare l'attuale pericolosità" del soggetto e "l'umanità con cui viene trattato in carcere nel migliore polo specialistico che abbiamo sul territorio". "Non dobbiamo dimenticare - prosegue Grasso - che lui è ancora il capo di Cosa Nostra e che sempre applicando la legge si può ridurre il regime del 41 bis collaborando". Riina infatti, sottolinea il presidente del Senato, "potrebbe ottenere la cessazione delle misure collaborando". Ad esempio potrebbe "dirci dica chi lo ha contattato prima di fare le stragi. O le tante cose che ancora non sappiamo". "Riina stesso - ricorda - disse che era stato ipotizzato di uccidere Falcone a Roma. Poi lui chiamò il comando dicendo che lo avrebbero ucciso in Sicilia. Cosa gli ha fatto cambiare idea? Questo ancora non lo ha detto". "Lui - insiste Grasso - ci ha detto che era un capro espiatorio. Bene allora ci dica chi sarebbero gli altri responsabili". E' vero, afferma, che la carcerazione "deve essere dignitosa", ma l'ex magistrato Antimafia ritiene che nei confronti del boss "siano state adottate tutte le misure idonee" a che la sua carcerazione "sia dignitosa". "Contro il 41 bis - osserva - si può fare ricorso". Ma il continuare a tenere in carcere il capo della mafia "serve a evitare che lui possa continuare a dare ordini dal carcere. Don Ciotti ad esempio e Di Matteo hanno subito minacce da parte di Riina". "E certamente se finisse il 41 bis lui potrebbe continuare a dare ordini", assicura l'ex Pm. Tenendo in carcere in regime di 41 bis il capo dei corleonesi, dichiara Grasso, "applichiamo le nostre leggi e Riina si deve adattare alle nostre leggi". Anche per Provenzano si chiese la scarcerazione, racconta, "di lui dissero che era incapace di intendere e di volere", ma poi lui "rimase in carcere e vi morì". "Il Tribunale di sorveglianza di Bologna sarà chiamato ad esprimersi sugli arresti domiciliari richiesti da Riina" e "non credo che lui deciderà ora di collaborare. Contraddirebbe tutta la sua vita di capo mafioso". "Ma se Riina venisse messo in condizioni di dare ordini questi verrebbero eseguiti, su questo non c'è alcun dubbio", sostiene Grasso.

ANSA


Riina: Grasso, lui progettò un attentato contro di me
E da indagini emerse che voleva sequestrare anche mio figlio
Roma. "Mi sono trattenuto dall'intervenire sul tema perché ho delle ragioni personali con Riina: lui aveva progettato un attentato nei miei confronti. Dopo Falcone e Borsellino, e accantonati gli attentati contro i politici, Riina aveva detto a Brusca: "Ci vorrebbe un altro colpettino" per riavviare una trattativa che probabilmente languiva e quel "colpettino" ero io". Lo ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso parlando di Totò Riina a Radio 24. "Poi, per l'arresto di Riina, per il sistema di sicurezza di una banca vicina che avrebbe potuto interferire sull'elettronica dei telecomandi e per il cambio di strategia che si spostò dagli attentati dalle persone ai monumenti l'attentato contro di me non ci fu. E nel corso delle indagini uscì fuori anche che era stato progettato il sequestro di mio figlio. Se ne sarebbe dovuto occupare Brusca e un altro esponente della mafia locale", ricorda ancora Grasso.

ANSA

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