di Trimarchi Giuseppe
Sul senatore coinvolto nell’operazione Mammasantissima pende la richiesta di arresto della Dda reggina.
Sedeva a Palazzo Madama, a Roma, ma per la Dda di Reggio Calabria era legato mani e piedi alla ‘#ndrangheta (‘Ndrangheta e politica). Non indossava coppola e lupara il senatore #caridi, ma colletti bianchi e vestiti eleganti. Non sparava, ma per i magistrati era in “grado di pianificare i destini politici ed economici” della Calabria intera. E non solo.
Per questo motivo, il Tribunale di Reggio Calabria, il 15 luglio scorso, ha chiesto al Senato della Repubblica l’autorizzazione all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari nei confronti di Antonio Stefano Caridi, nell’ambito del procedimento penale che ha dato il via all’operazione denominata “#mammasantissima”. Un nome non casuale, che per gli addetti ai lavori ha un solo, semplice e drammatico significato: apice del crimine calabrese. O cupola, come ultimamente è stata definita. Potente, potentissima, tanto che per gli inquirenti avrebbe fatto eleggere, nel corso del tempo, consiglieri comunali, sindaci, consiglieri regionali e parlamentari. Una struttura che il comandante generale dei Ros, Giuseppe Governale, nel corso della conferenza stampa tenutasi a Reggio Calabria subito dopo l’operazione ha definito «occulta e riservatissima, costituita da “invisibili” e che interagisce con il mondo dei visibili». Caridi ne farebbe parte integrante. A lui sarebbe stato affidato il compito di infiltrarsi in politica e agire per nome, per conto e per gli interessi delle ‘ndrine reggine (masso-'ndragheta).
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