Il suggello finale della trattativa ci fu: “Lo stipulò Marcello Dell’Utri per conto di Silvio Berlusconi, che divenne in seguito Presidente del Consiglio”. Lo sostiene l’ex magistrato della Procura di Palermo Antonio Ingroia. È stato uno dei titolari dell’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia. Bernardo Provenzano, il padrino di Cosa Nostra morto in carcere, era il mafioso chiave della Trattativa. Lui e Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo.
Il 31 maggio 2011 Ingroia e il suo collega Ignazio De Francisci interrogano Bernardo Provenzano. Una settimana prima aveva incontrato i parlamentari Beppe Lumia e Sonia Alfano e aveva lasciato intendere una possibilità di collaborazione. Tante sarebbero le cose che avrebbe potuto dire. Invece la storia è andata diversamente.
Quali sono le cose che Provenzano non vi ha detto?
“Sono ovviamente molte di più le cose che non ha detto rispetto a quello che ha detto. È stato fedele allal egge dell’omertà. In quell’incontro ho percepito un principio di apertura, uno spiraglio. Un paio di battute però facevano capire che non c’erano le condizione adatte per poter andare fino in fondo”.
Questo richiamo alle condizioni mi fa venire in mente il collaboratore Tommaso Buscetta con Andreotti. È una situazione simile?
“Qualcosa di simile ma anche qualcosa di più contingente e cogente. Si parlava della condizione carceraria in cui si trovava e del controllo che sentiva su di sè. Era un momento in cui si erano accesi i riflettori perché Provenzano era l’uomo della trattativa Stato-mafia. Lo avevano incontrato i parlamentari Sonia Alfano e Beppe Lumia, parlando con i quali aveva detto che avrebbe potuto raccontare la sua verità. Subito dopo questa cosa era uscita sui giornali con molto clamore e poi è successo il misterioso episodio del tentato suicidio in carcere (maggio 2012): era stato visto da una guardia carceraria un sacchetto sulla testa. Come Procura di Palermo, decidemmo di aprire un fascicolo per vederci più chiaro ma non ci siamo riusciti. L’interrogatorio con lui fu pieno più di allusioni che di altro”.
Il video di Anno Zero con il colloquio tra Provenzano e il figlio
Un’ultima domanda volutamente ingenua: da sempre Cosa Nostra tratta con apparati della Stato. Perché questa trattativa dovrebbe avere la T maiuscola?
“Perché questa è la seconda trattativa che condiziona la storia del Paese. La prima fu tra la mafia e gli americani, per la liberazione della Sicilia, alla fine della Seconda guerra mondiale. Ha marchiato, in quel caso, la nascita della Prima Repubblica. La seconda Trattativa segna invece la sua fine e il passaggio alla Seconda Repubblica”.
Non c’erano più i referenti politici di un tempo, specie quelli della Democrazia Cristiana.
“C’erano altri referenti costruito e prodotti attraverso la Trattativa. Non è un caso che nel processo uno dei imputati principali sia Marcello Dell’Utri, tra gli artefici di Forza Italia. Partito che poi prese il potere”.
Questa Trattativa, però, non fu conclusa, non fu messo alcun suggello, vero?
“Secondo la Procura di Palermo il suggello finale ci fu e lo stipulò Dell’Utri per conto di Silvio Berlusconi, che poi divenne Presidente del Consiglio”.
Ascolta l’intervista completa a cura di Danilo De Biasio
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Foto © Antonio Ingroia