Dario, separazione politica e magistratura è cardine democrazia
Catania. I due fratelli del commissario della Polizia di Stato Beppe Montana, ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando, hanno depositato in Cassazione un ricorso contro la sentenza del Gup Gaetana Bernabò Distefano che, il 21 dicembre 2015, ha disposto il "non luogo a procedere" dall'accusa di concorso esterno all'associazione mafiosa nei confronti dell'editore Mario Ciancio Sanfilippo perche' "il fatto non e' previsto come reato". Si erano costituiti parte civile nel procedimento, assistiti dall'avvocato Goffredo D'Antona. In Cassazione aveva già presentato ricorso la Procura. "C'è una sentenza che non condividiamo - ha spiegato Dario Montana - non soltanto nella forma, ma anche nei fatti. Certo non aspettiamo un processo per avere un nostro giudizio politico e morale, ma rispettiamo fino in fondo le istituzioni nel loro ruolo. Per questo sono inorridito nel vedere avanzare la richiesta di convocare il Gup in Antimafia. Mi sembra una cosa folle - ha aggiunto - la politica non può entrare nella vicenda personale del singolo giudice, per quello c'è il Csm. La separazione tra politica e magistratura è un cardine della democrazia. Si creerebbe - ha osservato Montana - un precedente intollerabile: è assurdo che una parte civile debba difendere le prerogative di un magistrato che ha emesso una sentenza contro cui ha presentato ricorso". Dario Montana ha voluto "ringraziare i magistrati della Procura etnea che hanno avuto una condotta ferma e attenta, senza alcun pregiudizio". Ma sulla città ha detto che "ha quasi voluto rimuovere il procedimento". "Catania - ha sostenuto l'avvocato D'Antona - non voleva il processo, né gli amici né i nemici dell'editore".
ANSA
Mafia: fratelli Montana, ricorso in Cassazione su Ciancio
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