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caccia bruno web1L'intercettazione contenuta nell'ordinanza del gip Pepe
Milano. "Ti sei fatto 30 anni tranquillo, fattene altri 30 tranquillo". E' il 27 novembre scorso e Placido Barresi, cognato di Domenico Belfiore, si rivolge così a Rocco Schirripa, l'uomo arrestato questa mattina con l'accusa di essere stato uno degli esecutori materiali dell'omicidio di Bruno Caccia (in foto), il procuratore capo di Torino freddato a colpi di pistola la sera del 26 giugno 1983.
L'intercettazione è contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip di Milano, Stefania Pepe, nei confronti del presunto killer. Nel colloquio, gli interlocutori manifestano tutta la loro preoccupazione per il contenuto della lettera anonima recapitata nei giorni precedenti agli uomini della cerchia di Belfiore, condannato come mandante di quello stesso delitto. Nella lettera è contenuta una fotocopia dell'articolo de "La Stampa" dedicato all'arresto dello stesso Belfiore con il nome di Schirripa vergato sul retro.
Durante la conversazione, Barresi (coinvolto nell'inchiesta sull'omicidio di Caccia ma assolto per insufficienza di prove) cerca di tranquillizzare Schirripa. "Mi sono informato giuridicamente - spiega - sono passati 34 anni. Un reato non si prescrive, ma con le generiche non ti possono dare l'ergastolo e quindi è prescritto". Conclusione: "Ti sei fatto 30 anni tranquillo, fattene altri 30 tranquillo".
Per il giudice milanese che ha accolto la richiesta d'arresto di Schirripa non ci sono dubbi: "Con tale espressione - scrive il gip Pepe - Barresi intende chiaramente riferirsi al fatto che Schirripa si è 'fatto 30 anni tranquillo' perché non ha mai ricevuto alcuna contestazione da parte degli investigatori per la sua partecipazione all'omicidio, e lo invita a stare tranquillo anche in futuro, ritenendo che il reato sia ormai prescritto".
In un altro dialogo intercettato dagli inquirenti il 22 novembre scorso, Barresi si rivolge al cognato Belfiore con l'espressine "dove avete lasciato la macchina". Una frase pronunciata sul balcone, vale a dire in un luogo ritenuto al riparo da microspie e intercettazioni, che secondo il giudice Pepe "riveste uno straordinario valore probatorio". La scelta del verbo "avete" al plurale, sottolinea il giudice, indica "in modo chiaro che entrambi erano presenti sulla scena del crimine".
Nell'ordinanza è anche contenuta una considerazione espressa da Belfiore al cognato Barresi: "Vabbè - afferma - quelli di là sotto lo sapevano quasi tutti". Un'espressione, "quelli di là sotto" che per il gip "fa evidentemente riferimento agli esponenti di vertice della 'ndrangheta della fascia jonica, che erano stati preventivamente informati della sua decisione di uccidere il procuratore Caccia".

Askanews

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