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19 gennaio 2015
"Una concreta minaccia per le istituzioni", pericoloso per la società a tutti i livelli. Così descrivono Salvatore Buzzi i giudici del Riesame di Roma nelle motivazioni con cui hanno respinto la richiesta di scarcerazione dell'ex presidente della Coop 29 giugno, considerato dagli inquirenti il braccio destro di Massimo Carminati nell'ambito dell'organizzazione Mafia Capitale.

Tra le altre cose, i giudici mettono in luce anche i "frenetici scambi di sms e gli incontri" tra Buzzi e l'ex dg di Ama Giovanni Fiscon, giudicandoli rapporti "del tutto anomali nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto".

Nel motivare i domiciliari per Fiscon, il Riesame poi da un lato sottolinea come nell'Ama "il fenomeno corruttivo abbia raggiunto la massima espressione inquinando tutte le gare di appalto", dall'altro evidenzia come per Fiscon non sia stata "individuata specifica utilità conseguita per la sua opera in favore dell'associazione criminale", riconoscendo dunque che "sussistono dubbi in ordine al riconoscimento dell'aggravante mafiosa" perché "non emergono indizi univoci in ordine alla coscienza di agevolare l'associazione".

Quanto, poi, all'ex ad dell'Ente Eur Riccardo Mancini, il Riesame, nel motivarne la scarcerazione, evidenzia come si tratti di "un funzionario corrotto, ma non sembra possa essere affermato che egli faccia parte dell'associazione criminale".

Nelle motivazioni i giudici scrivono che "Buzzi dimostra il fallimento della funzione rieducativa della pena, atteso che, pur essendo stato condannato nei primi anni '80 per omicidio volontario e pur avendo beneficiato di misure alternative ed, in ultimo, della grazia (nell'anno 1994) è tornato a delinquere, così manifestando la propria insensibilità al precedente intervento dell'autorità giudiziaria".

"E' appena il caso di osservare come questo indagato sia determinato a fare affari in ogni campo arrivando anche a sfruttare a vantaggio proprio e dell'associazione le drammatiche vicende dei migranti e dei richiedenti asilo", sottolineano i giudici.

Adnkronos

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