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20140imageTelefonini e droga a mafiosi. Bloccato anche un avvocato
8 luglio 2014
Padova. Ha concluso il servizio nella notte, ma un agente penitenziario non ha fatto in tempo a oltrepassare il portone del carcere di Padova per andare a casa. E' finito diritto in cella assieme ad altri cinque colleghi - altri 9 sono indagati -, a un avvocato e ad altre 8 persone. Tutti arrestati dalla squadra mobile di Padova che ha scoperto un malaffare, in cambio di soldi, tra droga e corruzione a favore di detenuti del penitenziario euganeo, anche per quelli condannati per associazione mafiosa entrati in possesso di cellulari. Tutto documentato da circa un anno dalla squadra mobile della Questura di Padova, diretta da Marco Calì, che ha scoperto il 'marcio' quasi per caso nell'estate 2013 mentre erano in corso delle intercettazioni di marocchini sospettati di un traffico di droga. Nelle telefonate si parlava di quanto avveniva nella casa penale e così, scavando più a fondo, la polizia ha portato alla luce il 'malaffare': un nutrito e organizzato gruppo di agenti penitenziari in servizio che per denaro e in pianta stabile, in concorso con familiari ed ex detenuti, gestivano un sistema illecito finalizzato all'introduzione in carcere di droga (eroina, cocaina, hashish, metadone), materiale tecnologico (telefonini, schede sim, chiavette usb, palmari). Tutto per accontentare le richieste dei detenuti. A tirare le fila, un capoposto del quinto piano del 'Due Palazzi', Pietro Rega, 48, già arrestato per fatti analoghi nel 2001 dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli quando lavorava nel carcere di Avellino. Allora Rega risultò sul libro paga di un clan della Camorra. I secondini, coinvolti nell'inchiesta, lo chiamavano il 'grande capo' il quale percepiva anche tramite vaglia postali o Western Union i pagamenti di somme di danaro da parte di familiari e complici in cambio delle varie consegne.

ANSA

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