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scarantino-serv-pubblico31 gennaio 2014
Durante il programma di Santoro, l'uomo che depistò le indagini sulla strage di via D'Amelio ha parlato di un "suggeritore", una persona di cui non ha voluto fare il nome che scrisse gli appunti con la falsa ricostruzione dell'attentato

Roma. Il falso pentito Vincenzo Scarantino, che depistò le indagini sulla strage di via D'Amelio, è stato bloccato dalla polizia al termine della trasmissione televisiva Servizio pubblico, durante la quale aveva parlato di appunti scritti da una persona di cui non ha fatto il nome con una falsa ricostruzione sui responsabili della morte di Paolo Borsellino e della sua scorta. Finito il programma di Michele Santoro, a Cinecittà si sono presentate quattro volanti e Scarantino è stato prelevato e accompagnato negli uffici della polizia per la notifica di un atto non meglio precisato. Gli agenti hanno anche perquisito l'auto della produzione che avrebbe dovuto riportare indietro il falso pentito.

Durante la trasmissione di La7, Scarantino ha confermato le accuse nei confronti del defunto questore Arnaldo La Barbera che lo avrebbe costretto a mentire e ha ribadito di essere stato costretto a imparare a memoria quegli appunti dagli investigatori del Gruppo Falcone-Borsellino. Ma non ha voluto indicare il nome del "falso suggeritore", nonostante le ripetute sollecitazioni del direttore di Panorama Giorgio Mulè.

Scarantino, che era in studio con il volto coperto da una maschera, ha spiegato di essere stato costretto a confermare le sue false accuse, dopo una prima ritrattazione, perché minacciato con la pistola, insieme alla moglie e ai figli, dagli investigatori. "Mi hanno costretto a dire bugie - ha aggiunto - perché dovevano 'vestire il pupo'".

A una domanda di Santoro circa la presenza di agenti dei servizi segreti, Scarantino ha detto che in un'occasione il questore Arnaldo La Barbera si presentò in carcere con uno sconosciuto che indicò come un "personaggio importante", ma di non sapere se fosse dei "servizi".

Scarantino ha ripetuto di essere stato sottoposto a continue vessazioni mentre era detenuto nel carcere di Pianosa per indurlo a una falsa ricostruzione dell'attentato. "Loro me l'hanno detto, io non avevo nessun motivo di inventarmi le cose".

Rispondendo alle domande di Santoro e Mulè, il falso pentito ha detto fra l'altro di non ricordare, a parte il dottore Petralia, i nomi dei magistrati presenti al confronto con altri collaboratori di giustizia, come Salvatore Cancemi, che lo avrebbero sbugiardato (i pm Anna Maria Palma e Nino Di Matteo). Nel corso della trasmissione è stata citata anche Ilda Boccassini, all'epoca alla procura di Caltanissetta, che in una relazione espresse già allora le sue riserve sull'attendibilità di Scarantino, le cui accuse sfociarono in numerose condanne confermate dalla Cassazione prima delle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza che hanno portato alla revisione del processo.

Scarantino ha scontato una condanna a 18 anni di detenzione, inflittagli nel primo processo sulla strage. Attualmente ha in corso un procedimento per calunnia.

repubblica.it

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