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10 dicembre 2012
“Carmelo Patti? Non è un uomo d’onore, ma uno vicino”. È questa la definizione che Angelo Siino, il “ministro” dei lavori pubblici di cosa nostra, dà del patron della Valtur sul quale pende la richiesta di sequestro dei beni per la cifra record di 5 miliardi di euro.


Siino, collaboratore di giustizia, parla nel corso del processo sul sequestro dei beni a Patti che si sta svolgendo presso la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. E ha risposto alle domande del pm Andrea Taatondo circa i rapporti tra l’imprenditore originario di Castelvetrano e gli esponenti di spicco di cosa nostra. Infatti secondo gli inquirenti Patti avrebbe intrattenuto negli anni fitti rapporti con esponenti di spicco di cosa nostra, tra cui il super latitante Matteo Messina Denaro. L’indagine parte soprattutto dalle dichiarazioni dei pentiti. Nino Giuffrè e Giovanni Ingrasciotta sono stati i primi a raccontare dei presunti rapporti tra l’ex patron della Valtur e la mafia. E adesso arrivano anche le dichiarazioni di Angelo Siino che racconta agli inquirenti pesanti particolari. Come la confidenza fattagli da don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo: “ mi disse che Patti avrebbe fatto guadagnare alla mafia belicina un sacco di soldi”.

Siino negli anni ’90 frequentava spesso i covi di don Ciccio Messina Denaro, allora latitante indisturbato. Ha raccontato infatti che le riunioni avvenivano in tutta tranquillità anche nel periodo della latitanza dell’allora capomafia di Castelvetrano. “Mi stupivo di come non riuscivano ad arrestarlo né a trovarlo i sicari mafiosi di Partanna che a quanto pare volevano ucciderlo, eppure lui a Castelvetrano si muoveva indisturbato”, ha raccontato Siino. E lascia intendere che all’interno delle forze dell’ordine ci fosse una talpa quando racconta di una riunione che doveva concludersi prima delle 13, “perché poi scattavano i posti di blocco”. E in quel periodo secondo Siino ci sarebbero stati gli incontri con il cavalier Carmelo Patti. “L’ho conosciuto, l’ho visto, in una riunione a casa di Filippo Guttadauro (cognato di Matteo Messina Denaro, ndr) con Francesco Messina (capomafia di Mazara del Vallo) erano presenti anche un certo Saverio Furnari, che poi fu quello che mi diede informazioni su Patti e c’erano anche dei personaggi di Campobello di Mazara. Devo dire che Patti era presente e mi fece impressione, parlava ad alta voce e in maniera molto arrogante”. Ma sarebbe stato Ciccio Messina Denaro a far capire a Siino la vera importanza per l’organizzazione di Patti. Si davano del tu, racconta Siino: “Messina Denaro mi disse che Patti aveva in mente di costruire una serie di villaggi turistici in provincia di Trapani ‘cu niatri’”. Altri particolari delle riunioni a casa Messina Denaro riguardano le forniture che le imprese di Patti, come la Cablelettra o la Cablesud, avrebbero fatto alla Fiat in materia di cablaggi. “Questi cablaggi venivano costruiti da nuclei familiari di Castelvetrano individuati da Patti, c’erano intere famiglie che la sera si riunivano nei magazzini e nei garage che preparavano per conto di patti questi ingranaggi elettrici poi destinati alla Fiat.
Il collaboratore di giustizia ha raccontato anche che Messina Denaro senior gli aveva parlato della possibilità di costruire un porto a Mazara del Vallo, in località Capo Granitola, su uno spicchio di appartenente al boss Stefano Bontade. “Una cosa – dice ai pm Siino – della quale in carcere durante una comune detenzione mi parlà anche l’allora capomafia di Campobello Nunzio Spezia. Seppi anche che Carmelo Patti era interessato a rilevare un villeggio turistico già esistente a Campobello, il villaggio Kartibubbo”. E lo stesso boss Spezia, ai cui familiari l’ex sindaco di Campobello Ciro Caravà pagava i biglietti aerei, raccontò a Siino che “dietro gli investimenti turistici c’era Silvio Berlusconi”. Altro affare riguardava invece il recupero di una vecchia tonnara a San Vito Lo Capo, in cui di mezzo c’erano i Minore. Ma il nome dell’ex premier nelle dichiarazioni di Siino è accompagnato da quello del fratello, Paolo Berlusconi. Salta fuori nel racconto della costruzione della galleria in località Scindo Passo, nell’isola di Favignana. Sono numerose le sentenze che inquadrano la costruzione di quella galleria – oggi tra le più disastrate della Sicilia – in mano a cosa nostra. E secondo il collaboratore di giustizia, Paolo Berlusconi sarebbe stato socio della Coge di Parma, che con altre imprese si aggiudicò la costruzione della galleria di Favignana. In quell’occasione però il “ministro” dei lavori pubblici al soldo di Totò Riina venne fatto fuori dalla costruzione dell’opera pubblica, fu anche allora che sentì il nome di Carmelo Patti. Siino, appunto, racconta ai pm che “altre volte che ne ho sentito parlare del Patti fu quando si doveva fare la galleria a Favignana. C’era l’intenzione di farla fare ad esponenti fidati di cosa nostra, ma io fui messo da parte”. Siino racconta anche che l’imprenditore Filippo Salomone gli disse “tu non sai cosa c’è dietro, c’è una cosa…”. “Questi lavori – racconta Siino – furono aggiudicati ad una associazione di imprese trapanesi, agrigentine e del nord, tutte che però, poi mi fu spiegato, che questo, diciamo, interesse era perché c’era il Patti, mi fecero capire che c’era lo zampino di Provenzano, per cui non avendo con Provenzano buoni rapporti questo fatto mi mise in guardia ed io non mi occupai della situazione”. Il binomio Provenzano-Patti oltre che nelle dichiarazioni di Nino Giuffrè, spunta anche in quelle di Siino circa alcune assunzioni fatte all’aeroporto di Punta Raisi.
Nel verbale della testimonianza di Siino spunta anche la massoneria nella figura del gran maestro Nenè Spinello. “Era il capo della massoneria di Piazza del Gesù e ad un certo punto mi avvicinò per questioni riguardanti fatti che a me non interessavano, mi venne a proporre il trasferimento di Giovanni Falcone ad altro incarico a Roma, ed io ho detto che per me il dottor Falcone che fosse a Palermo o in altro posto non mi interessava”. I contatti con Spinello Siino li avrebbe avuti all’Hotel Ambasciatori di Roma. In quell’occasione, disse nel 2000 agli inquirenti Angelo Siino, ci sarebbe stato anche Carmelo Patti, cosa che però non compare nella sua deposizione davanti i pm di Trapani. Agli ambienti massonici il collaboratore di giustizia era abituato: “ero affiliato alla loggia di Palermo, poi sono stato contattato dalla famosa loggia Camea, che faceva capo a Vitale, che stava  a Santa Margherita Ligure”. Ma non è in questo contesto che Siino viene a sapere del rapporto tra Carmelo Patti e la massoneria, agli inquirenti infatti racconta che fu Francesco Messina Denaro a riferirglielo: “era iscritto ad una loggia di Castelvetrano”.

Tratto da: marsala.it

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