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Nel Cosentino, un passo significativo verso la libertà e la giustizia ha preso forma con la nascita dell’Associazione antiracket “Lucio Ferrami”. Questo progetto unico nella Calabria settentrionale è frutto del coraggio di imprenditori e vittime di usura ed estorsione che hanno scelto di ribellarsi alla criminalità organizzata, rompendo un silenzio che per decenni ha protetto l’operato dei clan mafiosi locali.
L’associazione porta il nome di Lucio Ferrami, imprenditore assassinato nel 1981 dai clan cetraresi per essersi rifiutato di pagare il “pizzo” e aver denunciato i suoi estorsori. Il suo omicidio, rimasto impunito, è oggi un simbolo di resistenza e denuncia. Grazie all’attività dell’associazione, oggi chi decide di denunciare non è più solo. Gli imprenditori che scelgono di costituirsi parte civile nei processi contro estorsori e usurai trovano un sostegno concreto per affrontare le difficoltà legali e finanziarie che spesso seguono la denuncia.
I risultati parlano chiaro: negli ultimi due anni, lo sportello antiracket di Cosenza ha seguito 23 vittime di usura ed estorsione, offrendo loro supporto psicologico, legale, finanziario e commerciale. Per 11 di loro è stata presentata con successo l’istanza di accesso al Fondo di solidarietà, ottenendo risarcimenti a fondo perduto per casi di estorsione e finanziamenti a tasso zero per episodi di usura. Inoltre, 11 imprenditori sono stati accompagnati nei procedimenti penali come parte civile, in ben 7 processi istruiti dalla procura antimafia di Catanzaro. Tra questi, si contano il maxiprocesso “Reset”, che ha coinvolto le cosche tra Cosenza e Rende, e altri procedimenti legati a clan attivi nell’Alto Tirreno, nello Jonio Cosentino e nella Sibaritide.
L’associazione non si limita al supporto legale ma si impegna attivamente nelle udienze, costituendosi parte civile nei principali processi contro le organizzazioni mafiose locali, come il processo “Katarion” contro i clan di Cetraro. Questo impegno è guidato da Alessio Cassano, storico coordinatore della “Lucio Ferrami” e figura di spicco nella lotta al racket. Cassano, uno dei primi a denunciare le cosche di Cosenza e Rende dieci anni fa, ha ottenuto la condanna degli estorsori che lo ricattavano e continua oggi a essere un esempio di coraggio e determinazione.
Cassano sottolinea l’importanza di andare oltre la semplice denuncia: “Non basta segnalare un reato, bisogna partecipare ai processi e testimoniare per dimostrare la propria presa di distanza dai mafiosi e dai loro complici. È un dovere morale, soprattutto di fronte all’enorme lavoro svolto da magistrati e forze dell’ordine. Noi siamo qui per aiutare chiunque voglia ribellarsi a questo sistema”.
  

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