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L'ex pm replica al legale dei figli di Borsellino e presenta esposto in Vigilanza Rai per "Far West"

Mai avrei potuto immaginare di essere costretto a difendermi dall’accusa di aver protetto i Buscemi”. A dirlo è un amareggiato Gioacchino Natoli, magistrato di Palermo (oggi in pensione) e storico membro del pool Antimafia. Recentemente il suo nome è stato fatto dall’avvocato dei figli di Paolo Borsellino, Fabio Trizzino, durante la seduta in commissione antimafia sulle stragi. Trizzino ha tirato per la giacchetta l’ex magistrato andando a ripescare una vecchia indagine su cui lavorava e per la quale, nel giugno del 1992, chiese e ottenne l’archiviazione. L’inchiesta riguardava due società operanti in cava, legate in qualche modo ai fratelli Buscemi, Totò Riina e alla Calcestruzzi di Raul Gardini. E cioè le infiltrazioni di Cosa Nostra nelle cave di marmo di Massa Carrara. L’avvocato ha collegato l’indagine sui Buscemi a quelle del Ros di Mario Mori su mafia e appalti, indicandole come il movente segreto della strage Borsellino. E sottolineando che Natoli, oltre all’archiviazione, chiese pure di smagnetizzare le intercettazioni e distruggere i brogliacci. “Una cosa anomala per un’indagine di mafia. Il dottore Natoli avrebbe dovuto giustificare quella distruzione a Borsellino, se Borsellino fosse sopravvissuto”, ha sostenuto sia in Commissione Antimafia sia durante la trasmissione “Far West” su Rai3. “Ma all’epoca la smagnetizzazione delle bobine era una prassi della Procura, richiesta dal ministero per motivi economici - si è difeso Natoli, intervistato da Il Fatto Quotidiano - E in ogni caso quei nastri sono rimasti in archivio insieme ai brogliacci”.
Ricostruendo la vicenda dall’inizio, l’ex giudice ha ricordato “che la nostra era una semplice indagine collegata, l’inchiesta principale è rimasta sempre a Massa. Poi sarà spostata per competenza a Lucca, non certo a Palermo”. “Il pm Augusto Lama non ci invia intercettazioni, ma visure e annotazioni d’indagine della Finanza. E chiede a noi di intercettare i Buscemi. Io incarico sempre lo stesso corpo, il Gico. E informo per iscritto il collega toscano”.
Quindi la richiesta di archiviazione motivata dal fatto che, ha ricordato l’ex magistrato, “il 26 marzo 1992 la Finanza dà conto del contenuto delle intercettazioni scrivendo che ‘non hanno consentito di individuare episodi, circostanze o elementi che possano ricollegarsi ai fatti criminosi ipotizzati’. La stessa motivazione che io cito nella mia richiesta”. All’epoca, ha aggiunto Natoli contestualizzando i fatti, “Salvatore Buscemi era già stato condannato al Maxiprocesso, mentre per Antonino era in corso a Palermo, da parte di altri colleghi, il procedimento di prevenzione per sequestrarne il patrimonio. Non dobbiamo commettere l’errore di schiacciare le conoscenze. Le conoscenze vanno storicizzate”, ha affermato. “Tutto quello che era conosciuto da me fino al giugno 1992 è contenuto in questo fascicolo che le mostro: non c’è niente di più. Solo successivamente, grazie a nuovi collaboratori di giustizia e altre evidenze, si sarebbe arrivati all’arresto di Antonino Buscemi e al sequestro dei suoi beni”.
E sulla richiesta di smagnetizzazione delle intercettazioni ha spiegato che quella fu “un atto pedissequo, una prassi necessitata”. “E infatti in quel provvedimento, che mi fu portato dall’Ufficio intercettazioni, di mio c’è solo la firma. Il resto non è la mia calligrafia”. Natoli, sul punto, ha precisato dicendo che “eravamo in epoca di forte deficit per lo Stato: le bobine erano costose e il ministero chiedeva di smagnetizzarle e riutilizzarle. Inoltre, la Procura aveva un grave problema di spazi per la creazione della Dda con competenze su mezza Sicilia”. "Infatti nel febbraio 1993 il procuratore Caselli - ha aggiunto - informa il ministero della Giustizia che quella prassi non sarebbe stata più seguita, perché si rischiava di avere ascolti incomprensibili. E allega un parere tecnico della società che gestiva le intercettazioni”. Nel documento si afferma “che si rischia ‘un’attività vana’, nonostante il riutilizzo dei nastri sia previsto dalle ‘precedenti raccomandazioni ministeriali’ e auspicabile per motivi ‘di economia gestionale’. Ma il problema non venne risolto”. “Nel 1997 - ha spiegato - l’aggiunto Vittorio Aliquò scrive a noi pm spiegando che la ‘conservazione dei nastri’ ha ormai saturato ogni angolo della Procura e dunque ‘è assolutamente necessario disporre con urgenza la smagnetizzazione delle bobine’”. “Se avessi voluto proteggere i Buscemi mi sarei quantomeno assicurato che la smagnetizzazione fosse portata a termine”. E invece, come riporta un documento, “il 25 settembre 2023 il funzionario dell’Ufficio Intercettazioni certifica che ‘i plichi contenenti i nastri in questione e i brogliacci sono negli archivi’”. Quindi non sono stati distrutti e, ha sottolineato Natoli, “di recente sono stati trasmessi alla Procura di Caltanissetta, come ha dichiarato il procuratore De Lucia”.
Alla domanda sul perché non furono smagnetizzati, l’ex membro del pool antimafia ha detto di non saperlo. “Per me non era importante perché quello era un atto di cui si occupava l’Ufficio intercettazioni. Ma se anche fossero andati distrutti, non ci sarebbe stato alcun danno perché i contenuti più importanti sono integralmente trascritti nelle informative del Gico. Senza considerare che il fascicolo sarà poi riaperto da Giuseppe Pignatone e affidato a Ilda Boccassini, Luigi Patronaggio, Roberto Sajeva e altri colleghi: se avessi condotto le indagini in modo negligente se ne sarebbero accorti. Queste posizioni - ha spiegato - vengono archiviate di nuovo nel 1995 e anche dopo”.
Alla domanda se Borsellino le avrebbe potuto chiedere conto della gestione dell’inchiesta, Natoli ha risposto: “Avrebbe potuto farlo quando voleva, visto che all’epoca lavoravamo a strettissimo contatto: stavamo seguendo il processo all’ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino, e avevamo cominciato a interrogare il collaboratore Gaspare Mutolo”.
In ultima istanza, Gioacchino Natoli, alla domanda se in Antimafia sono state dette falsità, ha concluso l’intervista affermando di preferire “fare parlare le carte”. “Per questo motivo - ha affermato - ho inviato la certificazione sui nastri alla presidente Colosimo e ho chiesto due volte di essere ascoltato il prima possibile”.

Presentato esposto in Commissione Vigilanza Rai
Intanto, ieri, l'ex presidente della Corte di Appello di Palermo ha "trasmesso alla Commissione Parlamentare per la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi un esposto a seguito della trasmissione 'Far West' andata in onda il 27 novembre 2023, nel corso della quale è stata lanciata l'accusa gravissima alla mia onorabilità di avere indebitamente archiviato un procedimento penale contro i fratelli Buscemi e di avere poi disposto la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche". Lo ha fatto sapere lo stesso Natoli in una nota. "Nell'esposto - spiega - ho rappresentato che il conduttore Sottile ha omesso di informare il pubblico televisivo che le bobine in realtà non sono state mai smagnetizzate rimanendo negli archivi della Procura della Repubblica di Palermo, come era stato pubblicato nei giorni precedenti dalla stampa. Ha omesso di interpellarmi prima della messa in onda per consentirmi di fornire la mia versione sui fatti. Ha omesso di fare alcun cenno nella successiva trasmissione del 4 dicembre a una mia richiesta di rettifica inviata il 2 dicembre 2023, attraverso il mio legale di fiducia, che sulla base di inoppugnabile documentazione acquisita smentiva radicalmente le predette insinuazioni gravemente diffamatorie nei miei confronti. Solo in data odierna, dopo che il quotidiano nazionale Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una mia intervista, nella quale ho potuto finalmente fornire e documentare la versione dei fatti che smentisce le predette insinuazioni, e dopo che ho rilasciato una intervista al TG3 della Rai, mi è stata proposta dai curatori della trasmissione 'Far West' una intervista da mandare in onda nella puntata dell'11 dicembre 2023". "Tenuto conto del comportamento sin qui tenuto nei miei confronti, indicativo di un atteggiamento prevenuto, ho rappresentato che sono disponibile a rilasciare l'intervista solo a condizione che mi venga messa a disposizione la registrazione integrale della stessa, in modo che in caso di tagli impropri io possa renderla pubblica nella sua interezza. Condizione che e' stata accettata dai curatori", sottolinea Natoli.

Foto © Imagoeconomica

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