Dall'eccidio di Portella della Ginestra a oggi
Nella città di Bologna, ogni 2 agosto, si celebra l’anniversario di una strage che causò 85 morti e 200 feriti. Correva l'anno 1980.
L'eccidio fu parte integrale della cosiddetta 'strategia della tensione' ed è ormai un fatto incontrovertibile che agirono componenti rilevanti dello Stato in sintonia con la destra eversiva.
La magistratura di Bologna ha accertato che quella strage fu eseguita da esponenti di formazioni neofasciste su mandato di Licio Gelli, vertice della P2 di cui facevano parte tutti i capi dei servizi segreti del tempo, e fu organizzata da Umberto Federico D’Amato, uomo potentissimo e capo dell'ufficio affari riservati del Ministero dell’Interno e referente della Cia in Italia.
Quel 2 agosto è attraversato da un 'filo nero' che lega, secondo gli esiti delle ultime indagini e delle sentenze più recenti, la strage di Bologna a quelle del 1992 e del 1993, tanto da potersi ipotizzare che siano due parti della stessa tragica storia.
La storia di una lotta politica portata avanti a suon di bombe sin dagli albori della Repubblica dalle componenti più reazionarie del Paese, le quali non hanno mai accettato il nuovo modello di democrazia progressiva rappresentato dalla Costituzione.
Ma cosa lega in maniera sistematica le stragi che si sono susseguite?
Le indagini, da Portella della Ginestra (1º maggio 1947), a quelle di Milano, di Bologna, di Peteano, sino ad arrivare alle stragi del 1992 e '93, sono tate sistematicamente depistate da apparati deviati dello Stato.
Perché si depista?
Per evitare che il livello delle indagini possa andare oltre agli esecutori materiali e coinvolga quindi i mandanti e i complici eccellenti.
È un modus operandi ormai oliato e rodato a dovere tanto che è arrivato sino ai giorni nostri con l'ultimo tentativo, per fortuna non andato a buon fine, posto in essere da un collaboratore di giustizia Maurizio Avola per quanto riguarda la strage di via d'Amelio, nonostante che in passato aveva dato un importante contributo.
La lista dei depistaggi eccellenti è lunga a cominciare proprio da quello di Portella della Ginestra.
Licio Gelli © Imagoeconomica
Dal 1947 al 1980
Uno dei più evidenti tentativi di sviare le indagini venne proprio dal Parlamento quando, l'allora ministro dell'interno Mario Scelba, il 2 agosto 1947, disse che il colpevole della strage fu il solo bandito Salvatore Giuliano e che la causa era da attribuirsi alla sola arretratezza feudale della Sicilia.
Anni dopo su quelle indagini venne posto il Segreto di Stato e da allora la ricerca della verità si è arenata.
La linea del terrorismo tuttavia continuò e venne formalizzata durante il maggio del 1965 presso l'Istituito Pollio in cui alte cariche dell'esercito e della polizia (assieme a Pino Rauti fondatore di Ordine nuovo e Stefano Delle Chiaie) stabilirono che il terrorismo doveva essere utilizzato come strumento di lotta politica.
E alla storia verranno poi consegnate le conseguenze di quella scelta.
Il 12 dicembre del 1969 vi fu la strage di Piazza Fontana a Milano (anche detta della Banca dell’Agricoltura) e per la quale sono stati condannati pure con sentenza definitiva due vertici dei servizi segreti (SID): il generale Gian Adelio Maletti e il capitano Antonio La Bruna.
Per la strage alla questura di Milano, 13 maggio 1973, venne condannato il falso anarchico Gianfranco Bertoli, ma emersero inquietati collegamenti con i vertici dell'esercito italiano: l'ufficiale Amos Spiazzi di Corte Regia, uomo di Gladio al Nord Italia inviato l'8 dicembre 1970 a Sesto San Giovanni, durante il tentato Golpe Borghese per reprimere la resistenza operaia.
In quegli anni era attiva un'organizzazione paramilitare della quale fanno parte anche uomini dello Stato, tra i quali il colonnello Spiazzi. Sono i Nuclei di difesa dello Stato, ai quali appartengono anche Franco Freda e Giovanni Ventura, gli attentatori di piazza Fontana, riconosciuti responsabili nel 2005, ma non più processabili poiché già assolti nel 1987.
Passano gli anni ma le bombe mietono ancora vittime.
Il 28 maggio 1974 mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista una bomba nascosta in un cestino portarifiuti esplose uccidendo otto persone e ferendone 102. È la strage di Piazza della Loggia (Brescia).
La Cassazione la notte del 20 giugno 2017 aveva confermato le condanne all’ergastolo per i neofascisti Carlo Maria Maggi (il capo di Ordine Nuovo a Venezia) e Maurizio Tramonte.
Ma anche in questo caso l'inchiesta venne tormentata da ostacoli e depistaggi. I servizi segreti ebbero una parte in questo dramma, servendosi di personaggi come l'informatore dei servizi segreti Maurizio Tramonte: “Io ero un ‘infiltrato’ nelle cellule neofasciste operanti nel Veneto”, diceva di sé, “infatti mentre mi facevo passare dagli altri partecipanti per uno di loro, riferivo tutte le notizie rilevanti che apprendevo a un agente del Sid”.
Dunque i servizi sapevano che cosa stavano facendo i neofascisti di Ordine Nuovo e li lasciavano fare. Il generale del Sid Gian Adelio Maletti aveva ricevuto le informazioni, guardandosi bene dal passarle ai magistrati, sia prima, sia dopo la strage.
Il culmine della strategia della tensione: la mafia va a braccetto con i fascisti
Le indagini sulla strage di Bologna sono state segnate da gravissime e ripetute azioni di depistaggio poste in essere da uomini ai vertici dei servizi segreti - il generale Pietro Musumeci e il colonello Giuseppe Belmonte - che per questo motivo sono stati condannati con sentenze definitive unitamente a Francesco Pazienza altro importane agente segreto collegato con i servizi americani.
Un ulteriore tassello è stato aggiunto ad aprile dell'anno scorso con la condanna in primo grado di Paolo Bellini all’ergastolo con un anno di isolamento diurno per concorso nell’attentato del 2 agosto 1980. Insieme a lui, la Corte ha condannato a sei anni, con l’accusa di depistaggio, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e a quattro anni Domenico Catracchia, ex amministratore del condominio dei misteri in via Gradoli, per false informazioni al pm al fine di sviare le indagini. Secondo il quadro accusatorio, Bellini avrebbe agito in concorso con l’ex capo della Loggia P2 Licio Gelli, Umberto Ortolani, ex braccio destro di Gelli, Federico Umberto D'Amato e Mario Tedeschi, ex piduista e senatore del MSI, individuati quali mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato, finanziato grazie ai soldi del Banco Ambrosiano.
Gelli e D’Amato, secondo l’ultima sentenza, utilizzavano come killer anche Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini (anche loro condannati come esecutori della strage di Bologna) ed altri esponenti della destra eversiva garantendo loro denaro e impunità. Entrambi, ricordiamo, furono infatti individuati da Giovanni Falcone come esecutori dell’omicidio eseguito a Palermo pochi mesi prima il 6 gennaio 1980 di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione siciliana, che si apprestava a proiettarsi sullo scenario nazionale rilanciando nel congresso della democrazia cristiana del febbraio di quell’anno la linea politica del compromesso storico dopo l’omicidio di Aldo Moro.
Valerio Fioravanti e Francesca Mambro
Nella motivazione della sentenza di condanna di Cavallini depositata il 7 gennaio 2021, la Corte di Assise di Bologna ha dedicato quasi cento pagine alla rivisitazione dell’omicidio Mattarella, giungendo alla conclusione, anche alla luce di nuove acquisizioni, dell’esattezza della pista nera individuata da Falcone ed evidenziando le connessioni tra quell’omicidio e la strage di Bologna che già Falcone aveva colto.
Anche il nome di Paolo Bellini presenta pesanti collegamenti con la Sicilia di quel tempo.
L'esponente di Avanguardia nazionale, nonché uomo dei servizi segreti e killer di 'Ndrangheta, fu in missione in Sicilia nel corso del 1992, nello stesso periodo in cui era presente Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale già in collegamento con Umberto Federico D’Amato. "Delle Chiaie - si legge nella sentenza - era di casa negli Uffici dell'Uar".
E’ stato accertato che Bellini dialogò ripetutamente in quei mesi con Antonino Gioè, esecutore della strage di Capaci, a sua volta uomo cerniera tra la mafia e i servizi segreti, al quale, come ha dichiarato Giovanni Brusca, suggerì di alzare il livello dello scontro con lo Stato effettuando attentati contro i beni artistici nazionali, idea questa maturata già nel 1974 all’interno di Ordine Nuovo.
Altro elemento che denota un legame tra mafia e destra eversiva è la presenza a Capaci di Pietro Rampulla noto esponente del neofascismo Italiano che, secondo le dichiarazioni importantissime di Nino Calderone, pentito catanese e fratello del capomafia Giuseppe Calderone, aveva imparato a maneggiare gli esplosivi da apparati di sicurezza dello Stato.
Fu lui che originariamente venne incaricato di azionare l'esplosivo a Capaci ma si tirò indietro con una scusa risibile.
Il suo posto venne preso in seguito da Giovanni Brusca.
Stefano Delle Chiaie
Ritorno al presente. L'attuale Governo e i rapporti con gli stragisti
È ormai evidente che le stragi nel nostro paese sono legate da un unico 'filo nero' che intreccia depistaggi e fascisti.
Negli ultimi anni i frammenti di verità raccolti ci hanno permesso di ricostruire diversi pezzi di storia. Il processo trattativa Stato-mafia, il processo Borsellino quater, il processo 'Ndrangheta stragista e il processo sul Depistaggio di via d'Amelio hanno dato in questo senso un notevole contributo.
Tuttavia non si può far finta di non vedere. L'attuale classe politica al Governo filo fascista ha più volte strizzato l'occhio agli stragisti: nella sala capitolare del Senato è stato commemorato il piduista, depistatore e latitante Generale Maletti. Convegno che fu organizzato meno di un anno fa dall'onorevole Mollicone, figlio dell'esponente di Ordine Nuovo Nazzareno Mollicone. Alla presidenza della commissione antimafia è stata eletta la onorevole Chiara Colosimo, amica dell'assassino stragista Luigi Ciavardini, responsabile della strage del 2 agosto ed esecutore materiale dell'omicidio del magistrato Mario Amato; è stata nominata come sottosegretario al ministero della difesa della figlia di Pino Rauti, cioè uno dei principali strateghi della strategia della tensione e, in ultimo, il ministro della giustizia Carlo Nordio ha dato un assist agli stragisti in Parlamento.
I fatti qui riportati narrano di una saldatura fra ambienti diversi il cui scopo è riscrivere la storia a favore dei carnefici, consegnando all'oblio le verità che con tanta fatica sono state conquistate.
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