L’ex magistrato e la comm. giustizia del Senato smentiscono Nordio sulle intercettazioni
Il ministro della giustizia Carlo Nordio ha recentemente annunciato, tramite un'intervista a Libero, di voler "rimodulare" il concorso esterno in associazione mafiosa, per lui reato definito "evanescente".
Se Nordio dovesse arrivare a riscrivere il 416-bis potrebbe verificarsi un’abolitio criminis, un’abolizione del reato, che in base all’articolo 2 del codice penale fa cessare anche gli effetti delle condanne passate in giudicato.
Sentenze definitive come quella a carico del cofondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri (sette anni, pena scontata), già braccio destro di Berlusconi, che ne uscirebbe con la fedina penale completamente pulita.
Non solo, l'ex procuratore generale di Palermo e oggi Senatore Roberto Scarpinato ha dichiarato che "l’abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa eleverebbe di molto il rischio di privare lo Stato di un importante strumento di contrasto alla mafia e di far disperdere quote ingenti dei fondi del Pnrr nel buco nero della corruzione e dello sperpero clientelare, compromettendo definitivamente l’immagine dell’Italia nell’Unione Europea”.
L'iniziativa del ministro, come riportato dal 'Fatto', non sorprende più di tanto Roberto Scarpinato, già procuratore generale di Palermo e oggi Senatore: “È una scelta coerente con le altre messe in cantiere da questo ministro che hanno tutte un evidente comun denominatore: eliminare o ridurre i rischi penali per i colletti bianchi. Basta unire i puntini ed emerge il disegno di fondo. Dall’abolizione dell’abuso d’ufficio, equivalente a legittimare il conflitto di interessi e l’abuso come pratica del potere, alla lobotomizzazione del traffico di influenze illecite, dando il via libera a eserciti di lobbisti e traffichini d’ogni risma. Dal divieto di utilizzare le intercettazioni e il trojan per i reati di corruzione, all’abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa. Il risultato è sempre lo stesso: si sbaraccano o si depotenziano gli strumenti di contrasto e si dilatano gli spazi di impunità per i colletti bianchi”.
Ma è proprio grazie al "concorso esterno che è stato possibile colpire una 'zona' che altrimenti sarebbe rimasta indenne che è anche il fulcro del potere mafioso e riguarda diversi livelli come quello politico, imprenditoriale e dei professionisti” ha detto Scarpinato.
L'elenco delle misure anti - giustizia è lungo ed è destinato a crescere con il progetto (partorito dopo i casi Santanché e Delmastro) di abolire l’imputazione coatta e di secretare l’avviso di garanzia. Ma qualcosa mancava: il concorso esterno in associazione mafiosa che, ricordiamo, non si tratta di un reato codificato nel codice penale.
La fattispecie venne di fatto “inventata” con l’ordinanza-sentenza del primo Maxi-processo contro Cosa nostra, istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Deriva appunto dall’applicazione dell’articolo 110 del codice penale, che prevede il “concorso”, cioè la partecipazione di qualcuno a un reato, all’articolo 416 bis, che prevede il reato di associazione mafiosa. “Il concorso esterno esiste da sempre - ha detto Scarpinato - è una figura caratteristica del codice penale che serve a punire anche chi non commette in prima persona la condotta descritta nel reato, ma contribuisce alla sua realizzazione. Ad esempio nell’omicidio non viene condannato solo chi spara, ma anche chi fornisce l’arma, chi fornisce le indicazioni per colpire la vittima quando è sola e via esemplificando”.
L’ex magistrato palermitano è diretto: “Il ministro Nordio ha dimostrato di non avere competenza in tema di mafia. Aveva detto che i mafiosi non usano il telefono poco prima che arrestassero Messina Denaro proprio grazie alle sue comunicazioni. Non riesce a distinguere fra chi è organico, inserito nelle gerarchie mafiose e sottoposto alle regole, da quelli che sono esterni, non organici, non sottoposti a regole e che tuttavia forniscono contributi importanti per la vita e la sopravvivenza dell’organizzazione”.
Scarpinato ha lanciato l'allarme anche sulla tempistica: “Se c’è un momento in cui non farlo è questo: con i mafiosi col tovagliolo attorno al collo che stringono saldamente forchetta e coltello in attesa del pasto - ha spiegato in riferimento a propositi di cambiamenti o revisioni del concorso esterno - non è il momento di fare esperimenti o interventi come quelli sull’abuso d’ufficio o il traffico di influenze in cui cambiando una virgola rischi di compromettere lo strumento”. “Va rinviato ad altri tempi, ora rischia solo di favorire il sacco, l’assalto alla diligenza e di compromettere la reputazione del Paese”.
La commissione giustizia chiude sulle intercettazioni
Le intercettazioni sono fondamentali, indispensabili e non devono assolutamente essere limitate.
È questo il risultato dell'indagine conoscitiva della commissione giustizia del Senato riguardo al tema delle intercettazioni.
Anche questo è un tema toccato dal Nordio - pensiero: secondo il ministro della giustizia infatti le intercettazioni sono una "barbarie", "inutili" e costano troppo.
Nessuna di queste affermazioni ha trovato riscontro in commissione giustizia al Senato: “Dal 2020, cioè con la nuova legge, non abbiamo registrato alcuna violazione della privacy” ha dichiarato Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità garante per la privacy; l’allora presidente del Tribunale di Palermo Antonio Balsamo invece aveva detto che "nel cento per cento dei processi per criminalità organizzata si è fatto uso di intercettazioni".
Senza contare la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro: una vicenda che "rappresenta una prova inequivocabile dell'assoluta necessità di non compiere nessun passo indietro nella utilizzazione delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova".
"Sarebbe oggi una limitazione molto grave limitare solamente al contrasto ai cosiddetti reati di mafia o di terrorismo lo strumento intercettivo", ha detto invece il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. E poi ancora: le intercettazioni sono "fondamentali" e per questo irrinunciabili - aveva rilanciato il procuratore di Perugia Raffaele Cantone - Sono "determinanti" nella lotta alla criminalità organizzata, anche quando è possibile avvalersi dei collaboratori di giustizia. E in materia di corruzione costituiscono "l'unico strumento per penetrare nel rapporto omertoso che c'è tra corrotto e corruttore". Un ciclo, quello della corruzione, che costa allo Stato italiano 237 miliardi di euro l'anno in base ad una ricerca internazionale del centro Rand. Senza gli ascolti, inoltre, "è difficile anche aggredire la criminalità comune".
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
L'indagine conoscitiva, secondo Roberto Scarpinato, "certifica l'assoluta inconsistenza degli argomenti con cui il ministro Nordio conduce la sua crociata contro questo strumento investigativo. Nordio denuncia ripetutamente abusi e fughe di notizie. Sarebbe stato più serio da parte sua fare prima una ricognizione, come abbiamo fatto noi. Ebbene, non è come dice lui: la legge Orlando-Bonafede del 2020 funziona e il Garante per la privacy ha confermato che dalla sua entrata in vigore non si sono state fughe di notizie. Nordio ha detto anche che in Italia c'è un numero record di intercettazioni rispetto ad altri paesi europei. È falso, bastava studiare le statistiche per vedere che il loro numero è in costante calo da dieci anni. Nel 2021 sono state intercettate il 67% in meno di persone rispetto al 2013. Aggiungo che in altri paesi le fanno gli organi di polizia, senza le garanzie delle intercettazioni giudiziarie, e che non sono rese pubbliche le relative statistiche. Infine, il ministro afferma che è troppo spendere 200 milioni l'anno per le intercettazioni. Ma legge le statistiche? Dal 2015 al 2020 sono stati sequestrati beni per 35 miliardi di euro e le confische definitive ammontavano a 11,7 miliardi. Sono quasi tutte indagini fatte grazie alle intercettazioni".
Il senatore, intervenendo nel dibattito preliminare alla stesura del documento conclusivo sull'indagine conoscitiva, ha detto che "sono altre le criticità su cui intervenire": "C'è il rischio, direi la certezza, della lesione della privacy degli indagati quando si sequestrano telefoni, tablet, computer. Nella memoria di questi apparecchi vi sono tantissimi contenuti che riguardano la vita privata delle persone e che devono essere coperti dalla massima riservatezza. Per questo ho presentato un ddl che introduce una procedura rigorosa a tutela della privacy". "Vi è poi il problema delle piattaforme criptate, usate da mafie e colletti bianchi e che il nostro apparato investigativo non è in grado di perforare, per un deficit tecnologico e uno legislativo che dobbiamo colmare. Infine, bisogna risolvere il problema dei criminali che usano schede telefoniche anonime acquistate in altri paesi e poi usate in Europa tramite roaming. Bisogna vietare la concessione del roaming a chi non renda visibile il nome dell'utente". "Quella di Nordio - ha concluso l'ex procuratore generale - è una crociata ideologica in totale contrasto con importanti convenzioni internazionali che l'Italia ha sottoscritto. E' ideologica perché se afferma che le intercettazioni e il trojan debbano essere limitati ai soli reati di mafia e di terrorismo, sostiene che la corruzione non sia una condotta grave. A smentirlo, oltre alla realtà, ci sono le convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, come quella di Merida dell'Onu, e la recente proposta direttiva della Commissione Europea. Tutte qualificano la corruzione come reato grave, la Commissione Ue scrive che la corruzione reca un danno grave alla società, indebolisce le istituzioni e la loro capacità di erogare i servizi pubblici. Gli interventi auspicati e promessi da Nordio creerebbero un grave danno alla reputazione dell'Italia in una fase in cui l'Europa attende di verificare se siamo in grado di impedire che quote ingenti dei fondi del Pnrr finiscano nel buco della corruzione e nelle mani delle mafie e dei comitati di affari".
Foto © Imagoeconomica
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