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Il fratello del magistrato ucciso in via D'Amelio replica all'intervista dell'Avv. Fabio Trizzino su La Repubblica

Parlare di unità, di ‘Paolo che deve essere di tutti’ e poi lanciare un attacco diretto alle Agende Rosse, e quindi a me, accusandomi di andare dietro a chissà quali teorie balzane… mi dispiace ma questo davvero non lo posso accettare, nemmeno dal marito di mia nipote”. Così Salvatore Borsellino intervenuto questa mattina sulle pagine de Il Fatto Quotidiano e La Repubblica, in risposta a quanto affermato ieri sull’inserto di La Repubblica Palermo dall’avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli del giudice Paolo: Lucia, Manfredi e Fiammetta. Parole aspre quelle dell’avv. Trizzino, presentato fin da subito come avvocato della famiglia Borsellino, ignorando completamente che Salvatore Borsellino e altri membri della famiglia sono difesi dall’avv. Fabio Repici. “Mi hanno molto amareggiato le parole di Fabio Trizzino, parole che ho sentito pronunciare a Fiammetta, ma mai a Lucia e Manfredi. Comunque, lui non è l’avvocato della famiglia Borsellino come avete scritto, ma dei figli. Nella famiglia Borsellino ci sono anche io, i miei figli, quelli di mia sorella Adele e tanti nipoti, che hanno un altro avvocato, Fabio Repici, e le nostre posizioni sono del tutto divergenti da quelle dell’avvocato Trizzino”, ha detto Salvatore.

Ieri Trizzino, intervistato da Salvo Palazzolo, si è chiesto se “le Agende rosse siano veramente al servizio della ricerca della verità per arrivare a una ricostruzione corretta, oppure se sono innamorate di una tesi, quella della Trattativa, in maniera dogmatica e la portano avanti nonostante la plausibilità di ricostruzioni alternative”.

Sul punto ha risposto proprio il fondatore del Movimento delle Agende Rosse, Salvatore Borsellino affermando che “hanno sempre cercato la verità in questi trent’anni dalle stragi, senza mai schierarsi con la politica”. Per Salvatore è “grave e ingiustificato” l’attacco di Trizzino al suo Movimento. Anche perché, ha sottolineato, “le sentenze avranno pure assolto il generale Mori, ma nessuno può negare che ci fu un dialogo segreto fra alcuni ufficiali dell’Arma e un pezzo del vertice mafioso, tramite l’ex sindaco Vito Ciancimino. Dialogo, come dice la sentenza della corte d’assise di Firenze sulle stragi del 1993 ormai divenuta definitiva, che indusse i mafiosi a ritenere che una trattativa ci fosse davvero e che dietro i carabinieri c’era qualcuno di più importante”.

Il divario tra le opinioni di Salvatore Borsellino e i nipoti, in particolare Fiammetta, sono noti. Il primo, e con lui un’ampia area di Antimafia, intravede dietro la morte del fratello il suo indagare sulla trattativa fra pezzi dello Stato e i vertici della mafia, dall’altra parte invece l’idea che ad aver causato la strage di via D’Amelio sia stato il dossier “Mafia-appalti”. “L’accelerazione imposta da Salvatore Riina alla strage di via D’Amelio fu repentina, di certo legata a qualcosa di imminente che doveva essere fermato - ha detto Salvatore Borsellino -. Quel rapporto mafia e appalti del Ros era invece incompleto, nessuno lo ricorda, era stato consegnato alla magistratura senza tanti nomi di politici autorevoli. Sì è vero Paolo era interessato a quel rapporto, questo potrà essere stata una concausa, ma non la ragione principale della sua morte”.

Ciò che è certo è che a una settimana dal 31° anniversario della strage di via D’Amelio sono iniziate le delegittimazioni e gli attacchi - ingiustificati - a mezzo stampa. Un modo molto provocatorio per commemorare le vittime di una strage di Stato su cui ancora aleggiano grossi interrogativi come, appunto, che fine ha fatto l’agenda rossa di Paolo Borsellino? Chi sono i mandanti esterni della strage? E, infine, quali sono quegli “ibridi connubi” che hanno voluto la morte prima di Giovanni Falcone e poi, con molta probabilità, di Paolo Borsellino a soli 57 giorni dalla strage di Capaci?

La stampa nazionale e locale da qualche giorno ha iniziato a “contrapporre” il corteo promosso dal “Coordinamento 19 luglio” (al cui interno vi sono sindacati studenteschi e non, associazioni, movimenti e società civile) a quella della Nuova Democrazia cristiana che confluirà nella storica fiaccolata serale della destra, promossa dalla vicesindaca di Palermo, la meloniana Carolina Varchi. “Ci saranno due manifestazioni – ha detto Salvatore Borsellino ma non vedo perché quella organizzata da giovani e da studenti, a cui fra l’altro io, le Agende Rosse e la Casa di Paolo abbiamo aderito, debba essere definita alternativa. Il corteo sarà composto dalle stesse persone che il 23 maggio sono arrivate in via Notarbartolo e in maniera poco edificante sono state fermate quando stavano per arrivare all’albero Falcone per il minuto di silenzio. Ecco, questo non accadrà il 19 luglio: in via D’Amelio saranno i benvenuti”. “Io e Brizio Montinaro, il fratello di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone, accoglieremo il corteo in via D’Amelio - ha aggiunto -. Ritengo gravissimo quanto accaduto il 23 maggio in via Notarbartolo: studenti ed esponenti dei centri sociali manganellati dai poliziotti solo perché volevano manifestare il loro pacifico dissenso nei confronti di politici impresentabili saliti sul palco. Ero quasi tentato di non andare alla cerimonia organizzata alla caserma Lungaro per il 19 luglio. Ma ci andrò, e dirò al questore che sono estremamente amareggiato per quanto accaduto”.

Foto © Imagoeconomica
 

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