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Su Report l'ex gelataio di Omegna: “Se non succede quello che succede, questo governo cade”

C'è chi vorrebbe che di certi argomenti non si parlasse. Poco importa se sul biennio delle stragi tra il 1992 ed il 1994 vi sono ancora enormi “buchi neri”. Poco importa se sia sempre più evidente la presenza di altre mani dietro a quelle azioni terroristiche-eversive.
Con l'arresto di Matteo Messina Denaro, avvenuto lo scorso 16 gennaio, la narrazione ufficiale vorrebbe il racconto di una mafia sconfitta e di uno Stato trionfante. Ma è davvero così?
Ieri sera su Report, il programma condotto da Sigfrido Ranucci, è andata in onda l'inchiesta firmata da Paolo Mondani, Marco Bova e Roberto Persia, dal titolo “La pupiata”.

Le protezioni dietro Messina Denaro
Il primo nodo affrontato è proprio quello della cattura del boss di Castelvetrano e cercando di ricostruire quelli che potrebbero essere stati i poteri e le collusioni che hanno garantito la sua trentennale latitanza.
Perché, come ha detto il magistrato Nino Di Matteo “nessun mafioso, per quanto potente può restare latitante per trent'anni senza godere di protezioni molto alte”.
Di una “rete massonica che proteggeva Messina Denaro in tutto il mondo” ha sempre parlato Teresa Principato, una dei magistrati che in questi anni si è sempre occupata della ricerca del boss. E non è un dato di poco conto che tra le figure arrestate con l'accusa di aver favorito la latitanza vi è il medico Alfonso Tumbarello, che era affiliato a una appartenente al Grande Oriente d’Italia.
Nella provincia di Trapani la massoneria ha da sempre registrato numeri importanti. Trapani è la seconda città italiana per numero di logge massoniche: nel 2016 erano 19, di cui 6 a Castelvetrano, ovvero la città di origine di Messina Denaro. In quella terra si sentiva sicuro, ma essere l'uomo più ricercato del mondo non gli ha impedito di girare per portare avanti i propri affari (“Non ho vissuto nel salottino, seduto con le ciabatte... Io sono un tipo che il mondo lo ha calpestato” diceva nelle sue chat).
I cosiddetti ambienti massonici, al cui interno transitano uomini politici, dell'imprenditoria e delle istituzioni, possono aver avuto un ruolo in questi anni?
Nella puntata viene ricostruito come lo stesso Messina Denaro avrebbe creato una sua loggia coperta, “La Sicilia”.


tuzzolino report


Un ex collaboratore di giustizia, l’architetto Giuseppe Tuzzolino, intervistato da Mondani, ha riferito di questa loggia “itinerante” (senza un tempio fisso), affermando proprio di aver conosciuto un soggetto che dalle 23 in poi veniva alle riunioni presentandosi con il nome di Nicolò Polizzi che operava in Brasile e che veniva spesso accompagnato da una donna e due macchine.
A detta di Tuzzolino, di questa loggia avrebbe fatto parte come “maestro emerito” anche l’ex senatore di Forza Italia, e già sottosegretario all’Interno del governo Berlusconi, Antonio D’Alì (oggi in carcere dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa) che ha sempre negato la circostanza.
Tuzzolino ha anche sostenuto di aver riferito ai magistrati, già nel 2015, dove si trovava Messina Denaro, e cioè in Spagna, più precisamente in Andalusia, ad Almeria, in un hotel di lusso dove si sfoggiava uno stile di vita “spudorato”, con i saluti e la benedizione del sindaco locale.
Tornando alla loggia “La Sicilia”, che avrebbe come iscritti diversi imprenditori trapanesi, di questa aveva parlato anche un collaboratore di giustizia calabrese, Marcello Fondacaro. Tra gli elementi aggiunti aveva riferito anche di legami con la loggia P2 di Licio Gelli.

Il filo massoneria-Cosa nostra
Questa connessione tra Cosa nostra e la loggia P2 sarebbe retrodatata nel tempo. Anche il “principe di Villagrazia” Stefano Bontade (che fu ucciso su ordine di Riina nella guerra di mafia), aveva la sua loggia segreta (la loggia dei Trecento) ed anch'essa era considerata come un'emanazione della loggia fondata dal Venerabile Gelli.
Un ex collaboratore di giustizia, Benito Morsicato, che nel 2020 ha lasciato il programma di protezione protestando per il trattamento subito e che aveva stretto un'amicizia con i nipoti di Messina Denaro, aveva parlato di uomini importanti iscritti alla loggia massonica, tra i quali vi sarebbe stato anche il responsabile dei servizi segreti della Sicilia occidentale che partecipava alla “super-loggia”.


gladio report


Contatto Vaccarino
La ricostruzione del filo che unisce Messina Denaro alla massoneria torna nuovamente a Tamburello, il medico, che faceva parte della loggia Valle di Cusa (legata al Goi). Il presidente nazionale del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, sottolinea di averlo fatto sospendere appena saputo dell’indagine a suo carico, senza aspettare, a differenza dell’Ordine dei medici, l’arresto.
Eppure già diversi anni prima era stata resa nota la possibilità che Tamburello potesse essere il ponte con il boss. Lo aveva testimoniato l'ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino che intrattenne con il boss trapanese una fitta corrispondenza.
La novità che Report porta alla luce è la testimonianza di un funzionario di polizia secondo il quale Tumbarello era una “fonte dei servizi segreti”, almeno a partire dal periodo 2004-2007, quando con Vaccarino, usato come “infiltrato” dal Sisde, si scambiava delle lettere indirizzate a Messina Denaro. Quell''operazione sarebbe stata volta a negoziare, in una sorta di pre-trattativa, la consegna spontanea del boss. E Report mette in evidenza una delle lettere di “Alessio” (così si firmava Messina Denaro nelle lettere) in cui si legge: “Hanno praticato e praticano ancora oggi la tortura nelle carceri... hanno istituito il 41 bis, facciano pure e che mettano anche l'82 quater, tanto ci saranno sempre uomini che non svenderanno la propria dignità... Per l'abolizione dell'ergastolo penso che con il tempo ci si arriverà, ma tutto andrà da sé con il processo di civilizzazione".
Un messaggio chiaro sulla partita che era in gioco.


dimatteo report

Il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo


Le anomalie dietro la cattura di Messina Denaro
Analizzando l'atteggiamento anomalo che il boss, tra selfie e numeri di cellulare ceduti liberamente, ha avuto negli ultimi anni, Mondani torna a dialogare con il funzionario di polizia (la cui identità è rimasta celata al pubblico), che al tempo era impegnato nelle indagini per la cattura.
Questi ha raccontato come la polizia si era già da tempo concentrata sulla figura della sorella Rosalia, ed aveva anche intercettato le lettere che il capomafia si scambiava con le sorelle e al cui interno vi erano pizzini con messaggi in codice.
Secondo il funzionario, ad un certo punto, nel maggio 2022 Messina Denaro fa chiaramente capire che aveva capito di essere sotto controllo mentre le spediva. Ad averglielo spifferato potrebbe essere stata “una talpa”.
ROS e carabinieri, secondo la fonte di Report, hanno sempre svolto indagini parallele a quelle della polizia che aveva anche riempito di cimici la casa di Rosalia Messina Denaro.
A dicembre la Polizia aveva rinvenuto molti di quei pizzini che poi sono stati diffusi dopo l'arresto della donna. Ma non quello che sarebbe stato decisivo, sulla malattia, che avrebbe portato allo screening sui malati di tumore e quindi al boss.
Quel pizzino fu individuato dai carabinieri che entrarono nella casa il 6 dicembre del 2022 che si concentrano in un'intercapedine di una sedia.
Come è possibile? Secondo la fonte di Report si tratterebbe di “un'operazione dell'intelligence” con i Servizi che non avrebbero voluto che “Messina Denaro fosse catturato dalla Polizia nel maggio 2022 perché il governo Draghi non sarebbe caduto”. E questo sarebbe “un nuovo round della trattativa. Questo significa che ne hanno guadagnato i vari Graviano, Lucchese, Bagarella, Madonia...”.


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Salvatore Baiardo


Baiardo dixit: le foto di Berlusconi con Graviano e Delfino, Baiardo dixit
Altro “capitolo” affrontato nella puntata sono le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, favoreggiatore dei fratelli Graviano nella loro latitanza. Proprio Giuseppe Graviano, durante il processo 'Ndrangheta stragista, aveva raccontato di aver incontrato da latitante per ben tre volte Silvio Berlusconi, e che la sua famiglia sarebbe stata in affari di natura economica proprio con l'ex Premier.
Nel 2021, Baiardo avrebbe detto a Report che gli incontri con Berlusconi erano stati molti di più e che Graviano aveva persino ricevuto l'Agenda Rossa di Paolo Borsellino.
Successivamente, in una puntata del novembre scorso a “Non è l’Arena”, intervistato da Massimo Giletti, disse che Messina Denaro era molto malato e “predisse” la cattura del boss, presentandola come un “regalino” fatto al governo, uno scambio fra l’arresto e la fine dell’ergastolo ostativo e magari pure del 41bis.
A marzo Mondani ha nuovamente raggiunto Baiardo chiedendogli dell'arresto. Ed in questo contesto ha detto che a prendere contatti con lui e Graviano furono i servizi, e aggiungeva che, se non “succede quello che succede questo governo cade”. L’Aisi, il servizio segreto civile, ha smentito ogni coinvolgimento. Report ha anche detto di aver riferito, su richiesta, il nome fatto a Baiardo sull'uomo dei servizi con cui avrebbe interloquito, all'autorità giudiziaria.
Ma Baiardo, nel frattempo, sui suoi canali social e al Fatto Quotidiano depotenzia se stesso affermando di essersi accorto delle telecamere nascoste indossate dal giornalista Mondani e di aver spudoratamente mentito. Un po' la stessa cosa che aveva fatto nei mesi scorsi rispetto alla fotografia che ritrarrebbe Graviano, il generale Delfino e Silvio Berlusconi, che avrebbe mostrato al giornalista Massimo Giletti.
Sul punto Giletti è stato sentito dall'autorità giudiziaria. Il 2 marzo, Baiardo ha mandato degli sms a Giletti suggerendogli di fare attenzione alla data dell’8 marzo, che coincide con la pronuncia della Cassazione riguardo la riforma del governo Meloni sull’ergastolo ostativo.


berlusconi paolo report

Paolo Berlusconi


Di questa fotografia Baiardo parla anche con Mondani. Non solo. Afferma di aver scattato proprio lui quelle immagini, nel 1992, quando già si parlava di Forza Italia, sul lago d’Orta a Omegna. E che avrebbe già mostrato in occasione dell’incontro con Paolo Berlusconi nella sede del Giornale a Milano. Secondo quanto ha raccontato lui stesso - per poi smentirlo - quelle istantanee sarebbero anche potute finire in un libro di prossima uscita.
Chiamato dalla Procura di Firenze, Paolo Berlusconi, si è avvalso della facoltà di non rispondere in quanto l'indagine dei pm fiorentini è quella che riguarda proprio il fratello, indagato assieme a Dell'Utri come mandante esterno delle stragi del 1993. Nel frattempo Non è l'Arena è stato sospeso e su questa “chiusura anticipata” restano ancora molte cose da chiarire.
Così come ha scritto oggi Il Fatto Quotidiano, e già ieri Report aveva rappresentato, i pm Luca Turco e Luca Tescaroli stanno indagando insieme al sostituto Lorenzo Gestri su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri in relazione a un presunto, e sempre smentito dagli interessati come un’ipotesi fantasiosa e già in passato archiviata, ruolo nelle stragi e negli attentati del 1993 e 1994 come presunti ‘mandanti esterni’. I pm ritengono importanti le cose dette a Mondani da Baiardo e mostrate ieri in tv da Report. E per questo hanno chiesto alla redazione “di volere consegnare le registrazioni oggetto delle interlocuzioni intercorse il 4 ottobre, 2 marzo 2021 o in altre date tra Salvatore Baiardo e il giornalista Paolo Mondani, oggetto della deposizione di quest’ultimo il 26 aprile 2023 ove è stato fatto riferimento alla fotografia ritraente Silvio Berlusconi, Francesco Delfino e Giuseppe Graviano”.


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La vicenda Di Maggio e il tradimento di Graviano
Tornando a Baiardo nella puntata è stata messa in evidenza una dichiarazione che Graviano ha fatto al processo 'Ndrangheta stragista, ovvero che Baiardo lo avvisò dell'arresto di Balduccio Di Maggio e che lo stesso stava collaborando con la giustizia. Proprio quel Di Maggio che, secondo la ricostruzione ufficiale del Ros, avrebbe portato all'arresto di Totò Riina.
Nella ricostruzione di Report si ricorda anche che quell'arresto del Capo dei capi venne “predetto” da Delfino come quello di Messina Denaro da Baiardo all’allora ministro della Giustizia, il socialista Claudio Martelli.
Baiardo, parlando con Mondani, ha anche raccontato che Di Maggio si sarebbe consegnato al generale Delfino e che proprio Graviano avrebbe anche un ruolo in tutta questa vicenda.


graviano report


La strage di Firenze
Successivamente Report si è concentrata proprio sulle cosiddette stragi del “Continente”, partendo da quella dei Georgofili.
Un punto importante per la ricostruzione è il lavoro dell'ultima Commissione parlamentare antimafia che ha visto la collaborazione del magistrato Gianfranco Donadio in cui si mette in evidenza che il quantitativo di tritolo (con relativo innesco) con cui fu caricato il Fiorino utilizzato per la strage, pari all’incirca a 120 - 130 chilogrammi, fosse superiore all'esplosivo dichiarato dagli uomini mafiosi a cui fu aggiunta una rilevantissima carica di esplosivo di natura militare.
Report ha intervistato un perito balistico, Lorenzo Cabrino, e in base alle sue osservazioni e a quelle di un ex agente della polizia fiorentina, ipotizza che l’esplosivo usato autorizzerebbe a non escludere voci raccolte nel mondo massonico, per le quali il vero bersaglio non erano gli Uffizi ma la sede, ospitata nella torre dove si trovava l’Accademia dei Georgofili, di una massoneria collegata alla mafia.
Sempre ripercorrendo la storia delle stragi del 1993 Mondani ha intervistato Marianna Castro, ex compagna del poliziotto Giovanni Peluso oggi indagato come possibile “compartecipe ed esecutore materiale della strage di Capaci” in cui morì Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta.


peluso compagna report


Un poliziotto che, a detta della donna, avrebbe fatto parte di un “nucleo occulto” composto dal poliziotto Giovanni Aiello, detto “Faccia di mostro” (morto nel 2017), e Bruno Contrada, ex numero tre del Sisde.
Secondo la Castro, l’ex marito le disse che autori dell’attentato di via Capaci non furono dei mafiosi ma i servizi segreti, e che fece due viaggi, entrambi alla vigilia delle bombe di via Georgofili a Firenze e di via Palestro a Milano.
Si arriva così a parlare anche delle presenze femminili nelle stragi del '93. Tanto a Firenze quanto a Milano furono viste delle donne nella zona del delitto e furono fatti degli identikit.
Donne appartenenti ai servizi segreti?
Report, parlando della strage di via Palestro ha ricordato un particolare raccontato dal giornalista Fabrizio Gatti, scritto nel libro “Educazione americana”. In quella pubblicazione si parla della storia di un agente Cia, Simone Pace (con questo nome di presentò allo stesso Gatti). Questi disse, di fatto, di aver partecipato a dei sopralluoghi sul luogo del delitto assieme ad un altro uomo, un certo Victor. Un soggetto che viene descritto come simile all'uomo a cui fu consegnato l'esplosivo dai mafiosi. Su via Palestro, infatti, c'è un buco di diverse ore che non è mai stato colmato. E su questo oggi ci si concentra nelle indagini a trent'anni di distanza.

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