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L’ex pm che condusse il processo: “Con questa sentenza autoassolutoria lo Stato dice che non vuole o non sa processare sé stesso”

Si chiude la storia processuale della Trattativa Stato-mafia. E si chiude nel peggiore dei modi possibili: “Con una sentenza che ha un sapore decisamente amaro e perfino simbolicamente pericoloso”. E’ questo il duro commento di Antonio Ingroia, ex magistrato che condusse, nelle sue fasi embrionali, il processo trattativa Stato-mafia ai tempi in cui era procuratore aggiunto di Palermo. L’avvocato, sul suo canale You Tube “LaGiustiziatv”, ha riportato le sue impressioni sulla sentenza della 6° sez, di Cassazione presieduta da Giorgio Fidelbo. Una decisione, quella della Corte, che è andata ben al di là delle richieste della procura generale di Cassazione che aveva chiesto un nuovo processo per gli ex vertici del Ros e per i boss di Cosa Nostra e l’assoluzione di Marcello Dell’Utri dall’accusa di minaccia e attentato a corpo politico dello Stato. Oggi la Cassazione si è spinta oltre, stabilendo la riqualificazione del reato a tentata minaccia a corpo politico dello Stato che ha quindi portato al proscioglimento per prescrizione dei boss di Cosa Nostra (essendo decorsi oltre 22 anni dalla consumazione del reato tentato) e ha assolto, con la formula “non hanno commesso il fatto”, gli ex Ros “negando ogni ipotesi di concorso nel reato tentato di minaccia a corpo politico”. Per Ingroia questa è una sentenza contraddittoria “perché sostanzialmente ammette che vi fu minaccia nei confronti dello Stato - e quindi deve esserci stato quel principio di trattativa che ha dato luogo a tutto ciò - però tutti vengono prosciolti, in un modo o nell’altro”. “Ora - ha continuato Ingroia - perfino i mafiosi sono stati prosciolti con una dichiarazione di prescrizione del reato. Quanto agli uomini dello Stato, questi vengono assolti per non aver commesso il fatto quando il fatto c’è”, ha esclamato l’ex pm. “Vedremo le motivazioni della sentenza ma questa decisione mi sembra un po’ contraddittoria”, ha ribadito. “Se il fatto c’è, tanto che i mafiosi vengono dichiarati prosciolti per prescrizione del reato, ma gli uomini di Stato che erano imputati non hanno commesso il fatto allora chi l’ha commesso? Chi è stato il portatore di questo messaggio di minacce? Chi fu ambasciatore della minaccia che doveva dare luogo alla trattativa?”, si è chiesto l’ex procuratore aggiunto. “La sentenza non può non dircelo. Se manda assolti quegli imputati allora ci auguriamo dia indicazioni per trovare gli altri effettivi e veri ambasciatori perché altrimenti non poteva sussistere il reato”, ha puntualizzato Ingroia. “Altrimenti, a questo punto, dovevano essere tutti assolti perché il fatto non sussiste. Questo è un aspetto contraddittorio della sentenza”. E poi Ingroia ha approfondito quello che descrive come aspetto “simbolicamente pericoloso”. “Si è minacciato lo Stato, anche questa sentenza lo riconosce, e si è poi intavolata una trattativa, come poi riconosciuto da tante altre sentenze, e nessuno ne risponde penalmente”, ha denunciato l’avvocato. “Quindi lo Stato italiano, con questa sentenza autoassolutoria che manda questo segnale ai cittadini, ammette di non volere o non sapere o non riuscire a processare sé stesso e le sue responsabilità”. Il messaggio, secondo Antonio Ingroia, è: “Si può minacciare lo Stato, si possono intavolare trattative da parte di uomini dello Stato con la mafia e nessuno ne risponderà penalmente. Non è un bel segnale”. “Leggeremo le motivazioni - ha concluso - ma io non credo che con questa sentenza si sia fatta davvero giustizia”.

Foto © Imagoeconomica

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