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"La mafia è una peste da sradicare alla radice". L'intervento del Presidente di Libera alla XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno

"Finché non ci sarà una presa di coscienza collettiva delle ricadute della peste mafiosa sulle vite di tutti la lotta alle mafie non riuscirà a estirpare il male alla radice. Dobbiamo andare alla radice del male, la radice è culturale, sociale, etica. Dobbiamo andare alla radice per evitare la normalizzazione".
Sono queste le prime parole di don Luigi Ciotti, iniziando il proprio discorso in piazza Duomo a Milano per la XXVIII Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. 
Nel capoluogo lombardo ascoltano 70mila persone giunte da più parti d'Italia. Istituzioni, familiari vittime di mafia, società civile, soprattutto tanti e tanti giovani.
"Dobbiamo andare alla radice del male, non fermarci solo agli effetti - ha aggiunto il Presidente di Libera -. La radice è culturale, sociale, etica. E bisogna andare alla radice dei problemi per evitare un pericolo che stiamo vivendo: la normalizzazione". Infatti, ancora oggi, "nonostante l'impegno, il sacrificio di tanti, nonostante una marea di cose belle e importanti e positive, che ci sono state e ci sono, oggi in Italia la differenza la fa l'indifferenza. E' diventato uno dei tanti problemi. Eppure non è uno dei tanti problemi. Non lo è la droga, non lo è l'usura non lo è il gioco d'azzardo. Non lo sono quei traffici di esseri umani. C'è un lungo elenco di problemi che viene normalizzato e diventa una delle tante cose, ma non è così". 
Quindi ha ricordato: "Vent'anni fa un signore fece una esortazione, divenuta in parte verità. Ebbene, questo signore, non importa il suo nome,  aveva detto che con le mafie bisogna convivere. Mi spiace dirlo, ma oggi c'è una convivenza dovuta a connivenze e sottovalutazione. A letture antiche che si continuano a fare sulle mafie. Letture inadeguate dei fenomeni criminali che si sono evoluti assumendo forme e metodi che richiedono nuovi sguardi e nuove strategie". 


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Il rapporto con il potere
Don Ciotti ha parlato dei rapporti che le mafie hanno con apparati di potere: "La saldatura tra mafie e capitale economico richiede oggi dei nuovi paradigmi. Perché restano i tratti arcaici tradizionali, ma le mafie sono diventate moderne imprese. Ricorrono meno alla violenza diretta perché possono contare su quella bianca del capitale economico, quello sporco, perché ci sono tanti bravi imprenditori, uomini puliti e trasparenti nell'economia e nella finanza, ma ci sono anche  tante persone indegne". 
Nel suo intervento il prete antimafia ha successivamente sottolineato come "in molte parti del nostro Paese restano intrecci tra massoneria deviata e mondo criminale. La massoneria, non dimenticatelo mai. E resta la corruzione, quell'eterno patto di reciproco vantaggio tra il crimine e l'élite di potere. Restano questi grovigli di interesse, dove il bene pubblico è degradato a merce di scambio in vista di benefici privati". 
Ed è questo uno degli elementi che rende forte il crimine organizzato, la presenza di "insospettabili alla ricerca delle mafie che sembrano diventate un'agenzia di servizi. Commercianti, imprenditori, professionisti ed anche politici in cerca di voti che vanno a cercare questi servizi alle mafie".


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Il messaggio ai giovani e il pensiero a Liliana Segre
Rivolgendosi alla piazza ha ricordato agli adulti che oggi i giovani "hanno bisogno di trovare degli adulti veri, coerenti e credibili che testimonino con i gesti e le parole". Parole come quelle di Liliana Segre, che ha inviato una lettera ai famigliari delle vittime innocenti delle mafie in cui afferma che "le nostre traiettorie si incrociano nel nome della Memoria e dell'Impegno. Ciò che ci unisce è il culto della Memoria. Ricordare le vittime, tutte. Donne e uomini, bambine e bambini, colpevoli di nulla, se non di esistere e di voler vivere una vita degna. E la vita è indegna se si è sotto il terrore del nazismo, della fame, della criminalità e della guerra. La lotta all'indifferenza, cioè all'ignoranza e alla irresponsabilità, al voltarsi dall'altra parte. Anche questo è un tratto che ci unisce. Il primo nemico è proprio l'indifferenza, l'assuefazione, la cultura deteriore del farsi i fatti propri".
Proseguendo l'intervento Don Ciotti ha voluto gridare "che l'80% dei famigliari delle vittime innocenti della violenza criminale mafiosa non conosce la verità. Non conosce la verità, o solo una piccola parte. Non è possibile. Perché senza verità non si può costruire giustizia. Le verità passeggiano per le vie delle nostre città del nostro Paese. C'è chi sa. C'è chi ha visto. L'omertà, che comincia dalle piccole cose, uccide la verità e la giustizia". 


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La memoria di Cutro e la "coscienza sporca dell'Occidente"
Nel suo intervento Don Ciotti ha anche voluto offrire un pensiero alle vittime del naufragio di Cutro: "Qualcuno ha chiesto: 'Come mai Cutro?'. Se oggi abbiamo deciso di ricordare anche le vittime di Cutro è perché quella strage è figlia dell'ingiustizia di un sistema globale. E l'ingiustizia si chiama Mediterraneo, in cui nuotano e ingrassano le mafie. Nel mar Mediterraneo ci sono anche quelle Ong che salvano i migranti".
E poi ancora, mentre sullo schermo scorrono i nomi dei bambini deceduti: "Le mafie vincono dove l'umanità naufraga, dove la coscienza si inabissa e dove il sentimento di comunità annega. Lì le mafie vincono. Ma le mafie esistono perché ci sono parti della società, segmenti della politica, che da certa politica si fanno rappresentare le mafie. Le migrazioni forzate sono indegne di un mondo civile. Una persona non può essere condannata a vita dal suo luogo di nascita. E' stata la nostra storia di milioni di italiani, andare in giro per il mondo. Una persona non può essere privata della dignità per essere nata in una delle tante regioni del Mondo straziate dalla povertà e funestate dai conflitti. I migranti morti, lasciatemelo dire con sofferenza, sono la coscienza sporca di un occidente che volge la testa dall'altra parte, che ha tradito la secolare tradizione di civiltà, di conoscenza, di libertà e di diritti. È questa la coscienza sporca". Don Ciotti ha quindi inveito contro la burocrazia, guardando ai diritti di chi ha bisogno di opportunità.
E poi ancora: "E' facile prendersela con gli scafisti, persone che commettono certo un reato gravissimo, ma che sfruttano una ingiustizia che sta a monte. Finché su questa terra continueranno a dominare individualismo e sete di potere le persone continueranno a fuggire e ad affidarsi a tutto. E' offensivo ed ipocrita chiedere loro, ai migranti, se sono coscienti dei rischi a cui vanno incontro. Perché la loro scelta è tra la vita e la morte. E allora capite le mafie sono la cartina tornasole di una globale diserzione etica". 


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Vincenzo Agostino, padre dell'agente Nino, assassinato insieme a sua moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989, insieme a suo nipote Nino Morana © ACFB


L'arresto di Messina Denaro
Don Ciotti ha anche parlato dell'arresto di Matteo Messina Denaro, ringraziando sì le forze dell'ordine ma anche sottolineando che sono trascorsi trent'anni di latitanza. E non a caso ha voluto ricordare le parole della sostituta pg di Palermo Rita Fulantelli, rispetto al ruolo avuto dal senatore Antonino D'Alì, condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa, che per "24 anni è stato protagonista e deputato a Palazzo Madama", che si era messo a disposizione dei boss.   
"Lasciatemelo dire - ha detto Don Ciotti - non siamo qui per etichettare nessuno. Ma abbiamo capito perché è stato cacciato il capo della Squadra mobile Linares. E perché è stato cacciato dalla sera alla mattina un Prefetto onesto, Fulvio Sodano. Abbiamo capito perché sono stati messi i bastoni tra le ruote a bravi magistrati che lottavano veramente, non solo per la caccia ai latitanti, ma anche per ripristinare un po' di verità e giustizia in una terra stupenda come la terra di Sicilia. Lo abbiamo capito". 
"I latitanti sono tali perché, senza generalizzare, c'è una latitanza di cittadini e delle istituzioni - ha affermato il Presidente di Libera - C'è un vuoto di coscienza, di passione e di responsabilità. E' questa nostra latitanza la causa profonda di persistenza delle mafie. Non prendiamocela solo con le istituzioni e la politica. Prendiamocela un pochettino anche con noi cittadini. Troppi cittadini, a intermittenza, si commuovono quando succedono le tragedie e poi non si muovono. Anche noi abbiamo delle responsabilità. Possibile che milioni di italiani non reagiscono e fanno delle scelte a volte incomprensibili?". 


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Da sinistra: il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, e il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini © ACFB


Rivolgendosi ad insegnanti e studenti ha auspicato "che la scuola autentica è a suo modo sovversiva. Perché deve essere un'officina di pensiero critico. Una spina nel fianco dei conformismi, avversaria della delega, dell'indifferenza, della rassegnazione". 
Don Ciotti si è detto certo che "è possibile sconfiggere le mafie, ma tocca a tutti noi, perché la malattia più terribile è la delega e la rassegnazione. Pensare che tanto le cose non cambieranno. E' la neutralità e la indifferenza. Quindi contagiamo gli altri e scuotiamo le coscienze. Perché le mafie uccidono le speranze e la vita e sono tornate forti". "Siate ribelli anche voi con le vostre coscienze" ha urlato con forza ricordando Don Diana e la presenza in Campania del Presidente della Repubblica.
Infine ha concluso alzando al cielo una maglietta con alcuni simboli: "Kr significa Crotone, il numero 46 è riferito al 46esimo corpo trovato, la lettera M è perché era maschio, la O sbarrata indica che era un bambino al di sotto di un anno. Non abbiamo ancora tutti i nomi, ma chiedo che scorrano i nomi di tutti quelli che abbiamo potuto recuperare. Anche loro vogliamo ricordare, con tutte le vittime. Vogliamo abbracciarle, le vittime del terrorismo, del dovere, delle mafie. Perché il dolore di quelle famiglie è uguale per tutti, è immenso e noi da questa piazza vogliamo abbracciarli tutti. Buona strada a tutti".

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