Le motivazioni di Nordio "sono infondate": "Parlamento supino ai pm? Non ci sarebbe stata la riforma Cartabia"
“La possibilità di svolgere intercettazioni per i reati contro la Pubblica amministrazione non deve essere limitata: sarebbe un grande regalo alle mafie”. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri continua, come tanti colleghi magistrati, la sua battaglia di resistenza contro le intenzioni del ministro Carlo Nordio in tema giustizia e intercettazioni. In due interviste rilasciate a Il Fatto Quotidiano e al giornale La Stampa Gratteri ha contestato le posizioni del ministro. Da settimane, infatti, il Guardasigilli continua a intervenire sul tema delle intercettazioni e ieri ha detto che sul sistema è necessaria “una rivoluzione copernicana”. Secondo Gratteri “sarà un grande errore storico” di cui “ce ne accorgeremo solo in futuro, come tanti si sono accorti solo ora dei guasti della legge Cartabia”. “Quando un anno fa li segnalavamo io e pochi altri, tutti zitti”, ha detto a Il Fatto Quotidiano. “Così anche le riforme sulle intercettazioni saranno solo un regalo alle mafie. Il ministro ha detto anche che costano troppo: non è vero, i costi negli ultimi anni sono stati abbattuti, ma se Nordio lo pensa, perché non l’ha detto il 15 dicembre scorso, quando lo stesso ministro ha approvato il tariffario delle intercettazioni con i massimi di spesa previsti, elaborato da una commissione di cui tra gli altri facevo parte anch’io?”. Nordio aveva detto, tra le tante, che le intercettazioni non servivano perché i mafiosi non parlano al telefono. Dopo quest’uscita, clamorosamente smentita dall’arresto del latitante Matteo Messina Denaro che è stato acciuffato con in possesso due cellulari, il ministro aveva aggiustato il tiro dicendo, in sostanza, che le intercettazioni vanno utilizzate esclusivamente per i reati di mafia e corruzione. Per Gratteri questa è una posizione rischiosa. “Poniamo di essere davanti a un reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Con indagini tradizionali, come le verifiche fiscali, si può giusto arrivare ai prestanome, senza patrimonio e ignari del meccanismo. I veri registi, i professionisti compiacenti e i beneficiari dei profitti, tutti sempre coinvolti in organizzazioni di stampo criminale, senza intercettazioni non si colpiranno mai”, ha spiegato a La Stampa. Non solo. Verrebbero intaccate “anche le inchieste su reati contro la pubblica amministrazione, reati finanziari, bancarotte, organizzazioni dedite a furti e rapine. Estorsioni. È un lungo elenco”.
Lo stesso vale per le indagini per corruzione mediante consulenze fittizie. “Senza intercettazioni gli inquirenti acquisiranno contratti di consulenza e pagamenti mediante bonifici apparentemente regolari. Ma non potranno dimostrare che le parcelle sono in realtà mazzette da destinare a pubblici ufficiali”. Le intercettazioni sono “indispensabili”, ha sottolineato il procuratore.
Oltre alle intercettazioni, dell'impianto di riforma proposto dal governo, Gratteri critica la proposta di separazione delle carriere. “E’ assolutamente inutile, perché di fatto una separazione già esiste, attraverso gli assai rigidi limiti territoriali e numerici di cambio di funzioni. In più, è negativa, perché fa perdere la cultura giurisdizionale al pm, come soggetto terzo nelle indagini. E spalanca le porte a qualcosa di ancora peggiore.
La sottomissione del pm all'esecutivo”. A proposito di sottomissione, Gratteri ha commentato l’invito di Nordio ai parlamentari di non essere “supini” ai pm antimafia. “Se fosse così oggi non avremmo la riforma Cartabia, che la magistratura non ha certo voluto”, ha affermato.
Capitolo “Diabolik”
Il capo della Dda ha risposto anche a domande sulla cattura di Matteo Messina Denaro. Alla domanda se l’arresto del capo mafia segna la fine di Cosa Nostra, Gratteri ha risposto di pensarla diversamente rispetto a chi ha questo pensiero. “Le mafie mutano con il mutare sociale. La cattura di Messina Denaro è un episodio nella storia d’Italia, non è la fine di Cosa Nostra, non è la fine delle mafie. Negli ultimi decenni abbiamo già visto che le mafie sparano sempre meno e sono sempre più interessate agli affari. Hanno dunque sempre più bisogno di professionisti per investire e per riciclare, hanno bisogno dei colletti bianchi”, ha detto a Il Fatto Quotidiano.
“Una delle caratteristiche delle mafie è la loro capacità di adattamento. Oggi, sparano di meno, ma sono molto più pericolose. Attenzione a credere che con l'arresto di Messina Denaro la pratica sia stata chiusa. Ripeteremmo gli stessi errori commessi nel passato. Quello che è mancato nel tempo - e mi riferisco agli ultimi 150 anni - è stata la continuità investigativa e la volontà politica nel combattere le mafie, sempre e comunque”. Sempre sul punto, secondo Gratteri, “se la mafia siciliana prende esempio dalla ‘Ndrangheta, che ha mantenuto negli anni una strategia silente, evitando di far parlare di sé con atti eclatanti, e insinuandosi progressivamente nel tessuto sociale ed economico del centro nord e di importanti Stati europei, c'è poco da essere sereni”. E riguardo alla famosa “borghesia mafiosa” di cui ha parlato il procuratore di Palermo dopo l’arresto di Messina Denaro. “È sempre esistita. Se n'erano già accorti Franchetti e Sonnino nella loro inchiesta in Sicilia del 1876. I ‘facinorosi della classe media’ erano la borghesia mafiosa di oggi. Le relazioni esterne da sempre costituiscono l'ossatura del potere mafioso. Oggi professionisti senza scrupoli, al servizio delle cosche, mettono a disposizione il proprio know how, per permettere alla mafia di operare dove non è tecnicamente in grado di farlo. Pensi alle raffinate operazioni di riciclaggio internazionale”.
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