Il senatore: “Alcuni boss stragisti sanno quanto basta per fare saltare la narrazione pubblica di stragi di esclusiva matrice mafiosa”
"Se passa l’idea che con l’arresto di Matteo Messina Denaro la mafia sia stata sconfitta, la legislazione antimafia è a rischio". “La mafia è stata cancellata dall’agenda politica. Dopo la riforma dell’ergastolo ostativo, che oggi consente l’uscita dal carcere anche a coloro che si rifiutano di collaborare, adesso manca solo l’ultimo step” cioè "abolire il 41 bis che a tutt’oggi impedisce ai boss stragisti di usufruire della riforma".
Sono state queste le parole dell'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e oggi Senatore del Movimento 5 Stelle intervistato da Alessia Candito per 'La Repubblica'.
"Si tratta ora di attendere e di fare consolidare nella pubblica opinione la narrativa di una mafia sconfitta, ponendo così le premesse per il definitivo smantellamento delle leggi speciali antimafia, incluso il 41 bis", ha detto il senatore ricordando il collegamento con l'arresto di Messina Denaro: "Lo ha spiegato Giuseppe Graviano facendo annunciare al suo portavoce Salvatore Baiardo che Messina Denaro era gravemente malato e si sarebbe fatto arrestare, evento che lui stesso ha definito 'intrecciato' alla speranza di una progressiva uscita dal carcere degli altri boss stragisti".
Tra questi ultimi ve ne sono alcuni che "sanno quanto basta per fare saltare la narrazione pubblica di stragi di esclusiva matrice mafiosa e per chiamare in causa molti 'santi del paradiso'". "Non è un caso - ha detto - che sia stato latitante per decenni".
"Insieme a pochissimi altri" - Messina Denaro - "è stato una delle interfacce tra la mafia e le 'menti raffinatissime' che hanno pianificato la strategia stragista del ’92-93 affidando ai mafiosi prima il ruolo di braccio armato, poi di unici capri espiatori. Un’operazione di sistema da specialisti della strategia della tensione che a Palermo, Firenze, Milano e Roma, hanno utilizzato il linguaggio cifrato delle bombe per pilotare la transizione dalla Prima alla Seconda repubblica in modo indolore".
Nello specifico, "era necessario, come in passato, continuare a garantire l’impunità dei mandanti delle stragi neofasciste, di pezzi di Stato che avevano protetto gli esecutori, di capimafia autori di delitti politici eccellenti, dei vertici della massoneria deviata. Per questo si temeva l’avvento di una nuova maggioranza politica e di uomini come Falcone, Borsellino, Violante, De Gennaro e altri in posti chiave come il ministero degli Interni, della Giustizia, i vertici di polizia e servizi, la Procura nazionale antimafia".
Il risultato, si legge su 'La Repubblica' "un war game tra lo Stato legalitario e quello 'occulto' che si è chiuso con transazione: carcere per la componente militare, salvezza per i 'principi' reinseriti nel nuovo ordine politico della Seconda Repubblica".
La rete di protezione della 'primula rossa'
Non è stata solo una rete di protezione "locale e neanche limitata a circuiti massonici bene inseriti negli apparati istituzionali", ha sottolineato Scarpinato. "È una questione di sistema. Più volte, abbiamo avuto il sentore che sapesse come si stessero muovendo le indagini. Il pedinamento della madre e della sorella in una occasione è saltato perché l’auto degli investigatori è stata fermata dalla stradale. Ci sono sentenze che confermano come gravi fughe di notizie si debbano a insospettabili inseriti in apparati investigativi".
Le aristocrazie mafiose
"Le aristocrazie mafiose sono una componente del sistema di potere occulto italiano che quando è necessario usa la violenza, altrimenti si avvale di altri strumenti, come la corruzione. Oggi non serve sparare" per il semplice motivo che "alle mafie interessa fare soldi. E per esempio, il nuovo codice permette a un sindaco di gestire appalti fino a 500mila euro e la nuova disciplina dell’abuso d’ufficio rende non perseguibili tutte le attività discrezionali. Altre riforme, come quella sulle intercettazioni, sono in cantiere per limitare i poteri di indagine sui colletti bianchi. Che bisogno c’è della violenza?".
Inoltre il ministro Nordio "sembra far finta di non sapere che la mafia si individua perseguendo altri reati, come quelli connessi alla corruzione, che provoca danni per miliardi al Paese.
C’è una mafia popolare con le sue attività ad alto rischio come estorsioni e droga e una borghesia mafiosa sempre più integrata nell’establishment. Dovesse passare questa riforma continuerà a essere perseguita la mafia visibile, che controlla il territorio, spaccia, fa estorsioni, ma chi la governa rimarrà al riparo".
Fonte: repubblica.it
Foto © Imagoeconomica
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