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L’intervista del procuratore di Catanzaro: “Cosa Nostra non c’è più, si è trasformata come tutte le altre mafie”

L’intercettazione è il mezzo più economico e garantista che esiste per poter acquisire la prova’’, a dirlo è il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, intervistato, insieme al direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio, nella trasmissione “Accordi&Disaccordi”, in onda su NOVE. Gratteri, rispondendo alle domande del conduttore Luca Sommi, ha parlato della volontà del ministro della giustizia Carlo Nordio di rivedere il sistema delle intercettazioni perché, a detta del guardasigilli, costose, e spesso pericolose.
Se io sono indagato racconto al telefono cosa ho fatto ed è di rilevanza penale, mi spiegate cosa c'è di più genuino? Ancora più genuino delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, che può dire dieci cose vere e una falsa e io per capire che quella cosa è vera e falsa devo impiegare magari tre anni'', ha affermato il procuratore capo di Catanzaro.
Il ministro, durante la campagna elettorale, ha detto che le intercettazioni telefoniche costano troppo e devono essere abolite. Quando gli è stato fatto notare che quello che stava dicendo non era nel programma elettorale di Fratelli d’Italia, si è corretto. Man mano che qualcuno gli dice le cose come stanno lui si corregge”, ha osservato Gratteri. “Poi ha detto di non riferirsi alle intercettazioni ambientali, ma ai telefoni fissi. Io dico al ministro che quelle intercettazioni costano 3 euro al giorno, due caffè in un bar. Quindi non mi pare che sia un costo esagerato”, ha aggiunto sul punto.
Inoltre, secondo Gratteri, non si può separare a compartimenti stagni la mafia dai colletti bianchi come vorrebbe il governo, vale a dire garantire l’ascolto solo delle persone indagate o sotto indagine per reati di mafia e spegnere le cimici quando i reati per cui si dispongono le intercettazioni sono quelli dei colletti bianchi. “Il nodo è questo. Oggi sempre più vediamo le mafie sedute allo stesso tavolo con il mondo delle professioni. Le mafie hanno bisogno di pubblicità, spesso sono sponsor di attività sportive, quindi sempre più vediamo questa commistione, anche perché è stata codificata dalla ‘Ndrangheta. Nel ’70 è stata creata la Santa, un’organizzazione che consente a ogni sgarrata di diventare massone, cioè avere la doppia affiliazione. Essere affiliato alla ‘Ndrangheta e far parte di una loggia massonica deviata. Le logge massoniche deviate sono molto diffuse, e sempre più si trova il massone deviato che è al contempo ‘ndranghetista. E quindi come si fa a disgiungere il reato di mafia, cioè il solito noto, rispetto al professionista incensurato che sappiamo dal punto di vista investigativo è la punta avanzata della nuova ‘Ndrangheta, della Camorra o della Cosa Nostra di oggi?”.

L’arresto di Matteo Messina Denaro
Durante la trasmissione si è parlato anche dell’arresto del boss Matteo Messina Denaro, latitante per 30 lunghi anni. "Nella mia attività ho catturato 750 latitanti, tutti quelli che abbiamo arrestato per associazione di stampo mafioso, li abbiamo presi tutti nel territorio perché un capo mafia non può lasciare il proprio territorio perché altrimenti perde di leadership”, ha spiegato Gratteri. Di fatti anche Messina Denaro è stato preso nella sua Sicilia e si nascondeva a Campobello di Mazara, a 8 km da Castelvetrano, dove è nato. “I latitanti per traffico di stupefacenti, invece, girano il mondo da latitanti perché il loro compito è portare tonnellate di cocaina in Europa, quindi possono, da latitanti, continuare a fare il lavoro che stavano facendo”, ha detto Gratteri. Sempre sul punto il procuratore ha aggiunto: “Quando parliamo di elezioni il candidato si presenta sul territorio 4-5 mesi prima delle elezioni, il capo mafia 365 giorni l’anno, quindi dà risposte, drogate e clientelari, certamente, ma è presente”, ha affermato. “Il politico è meno presente e quindi meno credibile agli occhi di una popolazione rispetto al capo mafia. E la gente segue più il capo mafia che il candidato. Noi abbiamo visto a Castelvetrano la manifestazione contro la mafia, hanno contato 24 persone. E stiamo parlando di un Paese di 30mila abitanti. Questo spiega che la gente ha paura, ovviamente, ma anche che forse lo Stato dal punto di vista sostanziale, rispetto a quelle che dovrebbero essere le risposte che la gente chiede, non ci sono state. Quindi la gente vede quel soggetto come modello vincente. I giovani, soprattutto, si immedesimano in quel personaggio”. E alla domanda se con la cattura del boss latitante Cosa Nostra è sconfitta, il procuratore ha risposto: “Non sono un esperto di Cosa Nostra ma per quella che può essere la mia esperienza le mafie evolvono ogni giorno, cambiano col mutare sociale, vivono ed esistono perché interagiscono con la società, se non lo facessero sarebbero gangsterismo. Quindi quella Cosa Nostra non c’è più, ma c’è un’altra Cosa Nostra, che ci somiglia sempre di più, perché sempre di più le mafie sono inserite nel tessuto sociale e economico e frequentano i salotti buoni”. “Le mafie non si fanno più usare, come negli anni ’70, le mafie oggi sono più forti del potere legale e quindi chiedono e mercanteggiano”.
Le mafie sono cose umane, come le cose umane finiscono”, ha aggiunto. “Io penso che, nel rispetto della Costituzione, con un sistema giudiziario diverso da questo, con un codice penale e un codice di procedura penale e un ordinamento penitenziario diverso da questo, si potrebbero abbattere le mafie anche dell’80, 85% nell’arco di dieci, dodici anni - ha detto il procuratore capo di Catanzaro - Falcone non ha detto che le mafie finiranno, ma che ‘le mafie sono un fenomeno umano'. Quindi se voi fate l’esegesi della frase di Falcone, può voler dire anche ‘il giorno in cui finisce l’uomo sulla Terra’. - ha proseguito - Mentre tutti hanno pensato che Falcone, invece, abbia dato un termine. Non è vero. ‘Le mafie sono un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani finiranno’. Non dice quando. Però io penso che con un sistema giudiziario forte, noi potremmo abbattere le mafie all’80%. Poi dovremmo investire in istruzione e poi in cultura, non fare l’insalata. Prima in istruzione, perché noi abbiamo generazioni di ragazzi che non sanno nemmeno scrivere in lingua italiana”, ha concluso il magistrato.

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