“I giochi, Matteo, sono finiti. Non voglio confortarti, sia chiaro so che non ti pentiresti mai perché credo che tu non sia pentito di nulla se non di essere stato sconfitto. Ma potresti parlare. Raccontare mille cose: chi ti ha protetto, chi hai aiutato, cosa è davvero la mafia e chi l'ha usata...”. Era il 2015 quando pubblicavamo questa lettera aperta a Matteo Messina Denaro scritta dal collega Nicola Biondo. Oggi che Matteo Messina Denaro è stato finalmente arrestato quella missiva è di grande attualità, soprattutto la parte finale. “Certo, rischieresti di non essere creduto – concludeva Biondo –. Quante persone ‘perbene’ a cui hai fatto fare fortuna avrebbero buon gioco a negare? Quanti geometri, avvocati, notai, quanti medici, assessori, dirigenti locali e regionali, direttori di banca e imprenditori dopo averti ‘usato’ oggi potrebbero dire davanti alle tue accuse ‘mi ha minacciato per ottenere qualcosa ma io non volevo’. Ecco l'eredità che lasci. Una banda di sanguisughe. Che vivranno liberi e faranno magari pure gli antimafiosi e ti sputeranno in faccia pubblicamente. Ecco perché anche tu sai di essere morto”.
Quante sono le “sanguisughe” che oggi si preparano a condannare pubblicamente Matteo Messina Denaro occultando i rapporti intrattenuti con lui? E quanti di loro li abbiamo già incontrati nelle nostre vite? Sicuramente molti di loro li abbiamo visti osannati in tv, nelle campagne elettorali, a braccetto con la buona borghesia, o in qualche manifestazione antimafia. E sono quelli che si nascondono dietro gli alti scranni delle istituzioni – immobili, come camaleonti pronti a cambiare colore – i più pericolosi. Quelli che hanno trattato con la Cosa Nostra di Riina, Provenzano e Messina Denaro. Uomini di Stato le cui mani grondano sangue di tutte le vittime della violenza politico-mafiosa.
Certo è che alcuni degli “insospettabili” che hanno coperto la sua latitanza vengono citati nelle lettere scritte dal boss stragista e recuperate oltre 10 anni fa dagli investigatori. Nero su bianco – pur senza scrivere alcun nome – Matteo cita il politico “messo a disposizione” da Provenzano. “Se hai bisogno della benedizione di Gesù Cristo sai dove e come trovarmi”, gli scrive un prete con molta nonchalance. C’è poi l’imprenditore disponibile ad intestarsi qualche quota di una società per fare business con lui. C’è il tipografo che ha stampato di recente un nuovo documento per Matteo. E c’è un “amico”, già fedelissimo di Francesco Messina Denaro, che ora si mette al servizio del figlio.
Un occhio di riguardo merita anche lo scambio epistolare, avvenuto nel biennio 2004-2006, tra lo stragista e l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonino Vaccarino, deceduto nel 2021. Quest’ultimo agiva per conto del Sisde, all’epoca diretto dal generale Mario Mori. L’obiettivo “ufficiale” era quello di giungere alla cattura del superlatitante. Che invece non si verificò, ma che lascerà dietro di sé misteri e ambiguità, con tanto di messaggi obliqui del boss. Alcuni passaggi di quelle lettere meritano oggi di essere ripresi. E’ il 22 maggio del 2005, Matteo Messina Denaro (che si firma col nome di “Alessio”) scrive a “Svetonio”, pseudonimo di Vaccarino: “Il mio scetticismo era ed è rivolto alla classe che dirige il Paese. Non vedo uomini, solo molluschi opportunisti che si piegano come fuscelli al vento, dico ciò con cognizione di causa, ed il peggiore è chi ne sta a capo, un volgare venditore di fumo (il Premier era Berlusconi, ndr) e chiudo qua perché per iscritto non voglio andare oltre”. Qualche riga dopo il boss cambia obiettivo: “Ma è anche vero che ancora si sentirà molto parlare di me, ci sono ancora pagine della mia storia che si devono scrivere. Non saranno questi ‘buoni’ e ‘integerrimi’ della nostra epoca, in preda a fanatismo messianico, che riusciranno a fermare le idee di un uomo come me. Questo è un assioma”.
Qualche anno dopo, verso la fine del 2012, Matteo Messina Denaro manda una missiva alle famiglie mafiose di Palermo chiedendo di organizzare un attentato contro il pm Nino Di Matteo. “Mi hanno detto che si è spinto troppo oltre” è la spiegazione fornita da Messina Denaro. Chi gliel’ha riferito? L’ombra dei mandanti esterni di stragi e omicidi eccellenti è sempre più palpabile. “Sono gli stessi mandanti di Borsellino”, assicura il pentito Vito Galatolo mentre descrive i dettagli del progetto omicidiario.
“Mi hanno portato via il cuore”
“Con le persone che ho ammazzato potrei riempirci un cimitero”, affermava sicuro Messina Denaro. Nella scia di lutti e tragedie disseminati dal suo spirito criminale restano impresse alcune immagini. Che inizialmente ritraggono uomini, donne, ragazzi e bambini felici e spensierati. Ma è il frastuono di una bomba, di un fucile, o il rumore dell’osso del collo spezzato a distruggere quelle fotografie tra il fuoco. Che brucia vivo lo studente Dario Capolicchio (22 anni) nella strage di via dei Georgofili. Assieme a lui un’intera famiglia muore dopo lo scoppio di un furgoncino Fiat imbottito di tritolo. Una strage efferata nella quale i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (36 anni), le loro due figlie Nadia (9 anni) e Caterina (50 giorni di vita), muoiono tra le macerie. Francesca Chelli, coetanea di Dario, è assieme a lui in quel momento, lo vede bruciare, rimane ferita gravemente, ma almeno è viva. Da quel momento sua madre, Giovanna Maggiani, non si dà pace e – fino al giorno della sua prematura scomparsa – inizia una vera e propria battaglia per avere giustizia per sua figlia e per avere quella verità che uno Stato colluso le nega per anni. Giovanna non si arrende, partecipa a tutte le udienze dei processi per le stragi del ‘93, diventa presidente dell’associazione tra i familiari della strage di via dei Georgofili, scrive nei comunicati tutta la sua indignazione e la sua rabbia di fronte ai governi che si succedono e che – per ignavia o complicità – non favoriscono la ricerca della verità su quelle stragi di Stato.
Matteo Messina Denaro è tra i mandanti mafiosi di quella strategia stragista - in piena sinergia con pezzi dello Stato - che mette a ferro e fuoco il Paese nel biennio '92/'93. Ed è ugualmente tra i mandanti dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito, tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e sciolto nell'acido per costringere il padre a ritrattare. “Mi hanno portato via il cuore”, ha detto una volta la madre di Giuseppe, Franca Castellese. La furia della violenza di Matteo e dei suoi sodali ha strappato cuore e anima a tante madri. Anche a chi doveva ancora partorire. Antonella Bonomo, compagna del boss di Alcamo, Vincenzo Milazzo, ha 23 anni ed è incinta di tre mesi. Tra giugno e luglio del 1992 Cosa Nostra uccide lui (dopo averlo torturato) e successivamente anche lei. Messina Denaro la strangola e la incapretta mentre lei implora pietà per il bambino che porta in grembo. Ed è lo stesso Matteo a metterla in un sacco nero e a seppellirla nella medesima fossa del suo compagno.
La fine
“E’ già sera, tutto è finito”. E’ come se le parole scritte a scuola dalla piccola Nadia Nencioni prima di morire prendessero nuovamente forma. Stavolta però a finire è l’impunità di Matteo Messina Denaro. Quella stessa protezione ad “alti livelli” che evidentemente è stata tolta da chi ha ritenuto più funzionale in questo momento sbarazzarsi della sua presenza ingombrante. Per Matteo i giochi sono davvero finiti. Lui li ha usati, ma anche “loro” lo hanno usato fino a quando è stato utile. Ed ora “loro” si preparano a una nuova fase. Che molto probabilmente racchiude una serie di incognite per il nostro Paese. Se è ancora lui ad avere in mano un’ultima carta da giocare avremo modo di capirlo dagli eventi che si succederanno.
Oggi però Giovanna Maggiani Chelli non c’è più, e non ci sono più tante altre donne e tanti altri uomini che hanno perso la vita, o quella dei propri cari, per la furia cieca della violenza politico-mafiosa di cui Matteo Messina Denaro è stato parte integrante. Il riscatto morale che giunge dalla fine dell’impunità di Messina Denaro è per tutti loro: per i martiri, per la parte sana del nostro Stato, per i giusti. Che non si sono mai arresi.
(Prima pubblicazione: 16-01-2023)
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