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Respinta la richiesta del braccialetto elettronico. L'eurodeputata, interrogata, avrebbe fatto nomi di politici e assistenti

Mentre Giorgi parla delle mazzette dal Marocco

Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo, indagata per corruzione per favorire il Qatar, resterà in carcere. E' la decisione del tribunale di Bruxelles che ha così respinto la proposta di misura alternativa (il braccialetto elettronico) che era stata avanzata dai legali al termine dell’udienza alla camera di consiglio, che si è svolta a porte chiuse..
Il Parlamento europeo è stato sconquassato dallo scandalo che ha scatenato un'escalation di tensioni tra il Qatar e l'Unione europea. 
L'eurodeputata greca è indagata con il compagno Francesco Giorgi e l'ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri
Secondo Mihalis Dimitrakopoulos, avvocato della politica greca, lei sarebbe stata tradita dal compagno. In questi giorni sui giornali sono emerse alcune ricostruzioni sulle confessioni che la Kaili avrebbe fatto. 
Su quei 600mila euro nascosti in un trolley affidato al padre avrebbe spiegato che non erano né suoi né del compagno, ma "per Panzeri". 
Quest'ultimo avrebbe portato in più occasioni dei contanti nella loro abitazione (““Prima del Covid aveva lasciato dei soldi e poi è venuto a prenderli. - dice Kaili riferendosi al politico - Si fida più di Francesco che del suo appartamento”). Il motivo risiederebbe nell'immunità parlamentare che le era garantita. Quindi avrebbe detto che era il suo compagno che "custodiva qualcosa per lui” e "forse anche per il suo boss attuale Antonio Cozzolino".
Dalle pagine de Il Fatto Quotidiano emerge come in due verbali (quelli del 10 e dell'11 dicembre), in cui si raccolgono le dichiarazioni davanti alla polizia e al giudice, vi siano molti nomi come quello dei soggetti che ha provato ad avvertire telefonicamente subito dopo il blitz della polizia belga in casa sua. Oltre a Panzeri furono avvisati anche gli eurodeputati socialisti belgi Marc Tarabella e Maria Arena, anche loro finiti nell’inchiesta della Procura federale di Bruxelles, anche se nessuno risulta indagato.


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L'ex eurodeputato, Pier Antonio Panzeri


La politica greca avrebbe quindi scaricato ogni responsabilità sul compagno tanto da affermare che non sapeva nulla.
Lei “non si fidava” delle attività svolte dal compagno con Panzeri e Cozzolino: “Ma Francesco non sapeva dire di no, lui era troppo gentile. Io forse avrei dovuto dire qualcosa perché sono più anziana”.
Per quanto riguarda le enormi quantità di denaro contante trovate nella sua disponibilità (circa 750mila euro) dunque ha affermato che il padre era "inconsapevole" di quella valigia che "era per Panzeri". 
I restanti 150mila, invece, sarebbero stati “soldi che (Giorgi, ndr) aveva preso in prestito per l’immobile”. 
Il contante trovato a casa dei due, anche escludendo la valigia “per Panzeri”, era però molto di più. “Francesco non ha molto denaro perché non arriva a contribuire a tutte le spese. È anche più giovane di me. So che chiede prestiti ai suoi genitori ogni tanto. Forse anche ad Antonio. Lo so perché ci sono delle cose che avrebbe voluto, ma non aveva i mezzi”. Anche se non esclude che quel denaro potesse appartenere anche ad altri: “So che custodiva qualcosa per il suo ex capo, Panzeri, forse anche per il suo capo attuale Cozzolino”, ma “non ho mai riflettuto sull’origine di quei soldi”.
Nell’interrogatorio Kaili avrebbe fornito anche numerose indicazioni su quello che era il nucleo centrale della presunta organizzazione criminale e sulle persone che, almeno a suo dire, ne farebbero parte. 


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Il compagno di Eva Kaili, Francesco Giorgi


Le dichiarazioni di Giorgi
Anche Giorgi ha risposto alle domande degli inquirenti. Nei giorni scorsi sempre Il Fatto Quotidiano ha parlato di tre lunghi verbali, riferendo anche passaggi dell'informativa degli 007 belgi che ha dato il via all'inchiesta in cui si parla di un affare da "diversi milioni di euro". 
L'assistente parlamentare avrebbe raccontato alla polizia federale e poi al giudice istruttore belga Michel Claise di come il Qatar pagava le mazzette a Bruxelles.
Giorgi ha raccontato di aver ricevuto il contatto da "l'algerino": "È uno che lavora per il governo del Qatar e si chiama Boudjellal. Mi metteva in contatto con una persona in Turchia, credo di origine palestinese". Quello gli dava un numero di telefono del Belgio: "Dovevo chiamarlo per avere i soldi". Si trattava di una persona sempre diversa. "E io ogni volta cancellavo quei numeri, per non lasciare traccia". "Il totale era variabile, per me è difficile stimarlo, erano loro a decidere", ha affermato Giorgi, spiegando che la triangolazione avveniva "due o tre volte all'anno". Per il Marocco, invece, le mazzette arrivavano in contanti da Abderrahim Atmoun, l'ambasciatore di Rabat in Polonia: "Portava ogni tanto dei soldi ma non in modo regolare. Erano importi di qualche decina di migliaia di euro. Io stimo la somma totale in 50mila euro", ha raccontato l'assistente parlamentare. "Atmoun veniva a Bruxelles, oppure andavamo a Parigi, a casa sua, nel suo appartamento. Quando andavamo a prendere dei soldi dicevamo che andavamo a prendere delle cravatte o degli abiti". Dal Marocco arrivava anche altro: "A dicembre Atmoun voleva regalare un viaggio a Marrakech a me, Panzeri e le rispettive famiglie. Ho un po' esitato all'inizio, poi ho detto sì. Avevamo parlato anche per la sorella e il cognato di Eva, alla fine non hanno accettato". Giorgi ha parlato di accordo, per importi minori, anche con la Mauritania che aveva "problemi di immagine". "Io ho affittato il mio appartamento all'ambasciatore e quella era la mia controparte: 1.500 euro + 300 di spese. Panzeri ha preso 25mila euro cash". "Siamo andati all'ambasciata della Mauritania una settimana fa e abbiamo incontrato il loro ambasciatore e quello saudita, che voleva informazioni su quello che si diceva al Parlamento Ue sul suo Paese".

Foto © Imagoeconomica

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