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Un giorno come oggi, 4 settembre, ma del 1970, Salvador Allende vinceva le elezioni presidenziali, rappresentando il sentimento di un popolo coraggioso e combattente che lottava per un paese inclusivo e più giusto. 

Questa domenica, 52 anni dopo quel giorno, il popolo del Cile ha respinto il plebiscito per riformare la Costituzione. Nelle ultime ore di questa domenica, e con ormai il 100% dei seggi scrutinati il risultato è stato opprimente: con una maggioranza di circa il 20% di voti, l'opzione del NO si è imposta di fronte alla possibilità di seppellire definitivamente la Costituzione pinochetista, optando per il conservatorismo che tristemente continua a far parte dell'identità del paese sudamericano. 

Le cifre sono distribuite in questo modo: 38,1% di voti a favore di “apruebo” (approvo) e 61,9% contro il cambiamento. Il che si traduce in 4.853.901 voti a favore, e 7.876.142 contro. 

Purtroppo la risposta della cittadinanza cilena non ha sorpreso. I sondaggi pre elettorali facevano presagire un risultato simile a quello risultante dallo scrutinio in tutto il paese. 

E nonostante le mobilitazioni di massa, che hanno visto un milione di persone scendere in strada e manifestare per il cambiamento, in contrapposizione con i sostenitori del rifiuto che non superavano le 500 persone alla chiusura della campagna, la realtà in ogni seggio elettorale è stata molto differente.   

Il principale motivo del voto contro, come riferito dai media internazionali, è stato l'inclusione del riconoscimento dei popoli originari che proponeva la creazione di uno Stato Plurinazionale, dove le undici nazioni originarie avrebbero avuto lo stesso diritto ad esistere al pari di qualunque cittadino cileno. Sono state forse la paura al cambiamento, la discriminazione, il razzismo, la non accettazione di queste proposte a indurre un popolo conservatore a continuare a mantenere le leggi di Pinochet

Il governo di Gabriel Boric, tenendo conto del possibile risultato, ha preparato un asso nella manica: convocare un nuovo processo costituente, dove le destre abbiano una maggiore partecipazione nel nuovo testo, permettendo di elaborare una nuova Carta Magna, più affine all'idiosincrasia conservatrice del popolo del Cile. 

Il presidente, prima del 4 settembre, giorno del plebiscito, aveva detto: “Mi risulta difficile immaginare che dopo tutto quello che è successo in Cile decidiamo di ricominciare da capo (…) il 25 ottobre 2020 fu deciso un processo costituente per una nuova Costituzione”. Al tempo, il 78% della cittadinanza era a favore di una nuova Costituzione e che ciò doveva avvenire attraverso una Convenzione Costituzionale. 

Questa domenica, Boric ha convocato tutti i leader dei partiti politici ad una riunione nel Palazzo della Moneda per definire la nuova linea a seguire. E si è impegnato pubblicamente a convocare i rappresentanti “di ogni settore, di tutte le organizzazioni sociali, della società civile, dei partiti politici (…) per potere proseguire con questo processo”. 

C’è da vedere quali saranno le nuove condizioni affinché finalmente il Cile si appresti a riformare le proprie basi nazionali. Ma sicuramente questa volta ci saranno più esclusi, e tenendo conto dei motivi che hanno spinto la gente a pronunciarsi contro, è da prevedere che i popoli originari e le minoranze continueranno a lottare per uno spazio, a loro negato dallo stesso popolo cileno. 

Tuttavia, abbiamo la speranza che, come diceva il maestro Salvador Allende, un giorno “si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, e come 52 anni fa, si scelga una strada di solidarietà e giustizia per il popolo.

Fotovozdeamerica.com

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