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Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, ospite a Trame Festival, racconta l'evoluzione della 'Ndrangheta

Oggi la 'Ndrangheta, lo dicono esperti ed analisti, è considerata come l'organizzazione criminale più ricca e potente al Mondo. Per anni, però, di 'Ndrangheta e mafie si è parlato al ribasso ed in maniera distorta. Non a caso il titolo scelto dagli organizzatori di "Trame Festival" per l'incontro con il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha evocato i silenzi e l'indifferenza.
Rispondendo alle domande di Giovanni Tizian, giornalista e direttore artistico del Festival, ha tracciato il percorso evolutivo ripercorrendone le varie fasi. Ed è apparso evidente che già nel 1992 la criminalità organizzata calabrese non era affatto un "gruppo di straccioni e disperati in un territorio problematico, ma già un laboratorio criminale molto evoluto" che non per caso è considerata come la mafia più ricca e potente al mondo.  Eppure a lungo è stata considerata come un'organizzazione mafiosa di seconda fascia. "E' una percezione assolutamente distorta ed inaccettabile quella che si dava rispetto a quel metodo tipicamente mafioso, di infiltrare i centri di potere - ha detto Lombardo - C'era una narrazione distorta di un fenomeno che era già molto ricco e potente. Trent'anni fa sappiamo cosa è successo, ed anche quelle che sono state le ricostruzioni più recenti sul ruolo della 'Ndrangheta in quella stagione terribile, vissuta nel nostro Paese. Probabilmente c'è ancora molto da scoprire, ma non siamo più distanti, come lo eravamo, da un accertamento che va oltre le apparenze".
Lombardo ha ricordato la fase dei "sequestri di persona" che non servivano "a soddisfare logiche predatorie, ma a molto altro. Perché il primo vero contatto tra ambienti criminali di tipo mafioso ed ambiti istituzionali si realizza in Calabria in quegli anni proprio attorno a quel fenomeno". "Questa era la 'Ndrangheta nel 1992 che aveva compreso quali erano i meccanismi di potere in cui bisognava inserirsi. Sono passati trent'anni, ed ancora oggi viene raccontata come l'organizzazione che riesce più di altre ad influire sul mercato mondiale di stupefacenti e quindi movimentare enormi capitali". Secondo Lombardo, dunque, se si è arrivati a questo punto è anche perché qualcuno, forse, non ha "compreso le caratteristiche di questa organizzazione criminale".


lombardo giuseppe acfb


La Cosa unica e la realtà distorta
Proseguendo nel confronto con Tizian Lombardo ha cercato di far comprendere ai presenti come la 'Ndrangheta non sia mai stata un'organizzazione isolata ma, così come le altre mafie, è una "componente del sistema". Sul punto Lombardo ha ricordato alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia siciliani che hanno raccontato proprio del rapporto tra mafia siciliana e calabrese. Figure come Gioacchino Pennino, nipote dell’omonimo zio, uno dei cervelli della componente mafiosa che faceva in passato capo a Bontade e Inzerillo, che si autodefiniva membro di una componente riservata. Questi raccontava non solo degli affari, ma di "ordini" che lo zio andava a prendere dai boss in Aspromonte, perché, ha spiegato Lombardo "c'era un progetto comune tra Cosa nostra e la 'Ndrangheta reggina per costituire un comitato d'affari, che oltre alla componente mafiosa aveva al suo interno politica, pezzi delle istituzioni, professioni, massoneria, perché il potere reale è proprio quello lì". E Bontade disse a Pennino che quel sistema in Calabria funzionava da tempo, mentre in Sicilia ancora non era partito. "Questa è la forza della componente 'Ndranghetista. Per anni è riuscita a nascondere la sua vera natura, nascondendo quanto sia avanti rispetto a quelli che sono i sistemi criminali di tipo evoluto - ha aggiunto il procuratore aggiunto reggino - Questo anche prima del 1992. Allora c'è un problema di comprensione. E senza comprendere fino in fondo quali sono le caratteristiche delle componenti criminali che compongono quel sistema io credo che non le si possa contrastare fino in fondo".
Un altro esempio di "realtà distorta" rappresentato è quello sulla nascita delle leghe meridionali che, ha ricordato Lombardo, dopo il 1989 nascono per la prima volta in Calabria con il nome di Calabria libera. "Un collaboratore di giustizia palermitano fu incaricato dai vertici di occuparsi dei movimenti separatisti e di andare a parlare con Vito Ciancimino; l'ex sindaco di Palermo gli disse proprio di partire dalla Calabria, 'perché la massoneria che conta e che può dare il sostegno che serve sta lì''.
Ma dell’esistenza di una "Cosa unica" e di un "Consorzio" al Nord ne hanno parlato anche altri pentiti nel corso del tempo con una ramificazione che è stata ricostruita in anni di investigazioni. "La Lombardia - ha ricordato il magistrato - è importante, perché già negli anni Settanta è noto come il quarto mandamento. La 'Ndrangheta stabilizza la sua presenza, non solo perché Milano è un territorio ricco dove fare affari, ma viene anche scelta perché lì c'è la presenza contestuale di tutte le componenti mafiose principali d'Italia". Per spiegare quella struttura Lombardo ha ricordato ancora una volta le dichiarazioni di Leonardo Messina, uno degli ultimi pentiti sentiti da Paolo Borsellino, che davanti la Commissione parlamentare antimafia nel dicembre 1992 parlò della cosiddetta "Cosa unica", partendo dai movimenti separatisti. Dichiarazioni che hanno svelato l'esistenza della Commissione nazionale e mondiale.





Le indagini sul sistema criminale e il problema politico
Nel corso della serata si è anche parlato della mancanza di responsabilità politica di fronte a certi fatti che vengono ricostruiti grazie alle indagini e che non sempre sono "penalmente rilevanti". Lombardo ha ricordato come, per "avere elementi concreti da sottoporre al giudice, spesso si è costretti ad investigare. Se qualcuno presenzia ad un incontro, va a un matrimonio 'sbagliato' io ho l'obbligo di capire perché un soggetto si trovi lì". Un fatto di cui non si tiene mai conto. Il pm ha quindi sottolineato l’importanza di informare correttamente, a partire dall’eliminazione della distorsione mediatica rispetto all’obbligo di investigazione, costituzionalmente sancito, che spetta al PM e al lavoro della magistratura per la ricerca della verità. “Bisogna giocare la partita stabilizzando le regole del gioco per assicurare la tenuta del sistema democratico. La partita deve avere regole chiare. Io non posso giocare per anni utilizzando determinati strumenti che ad un certo punto vengono modificati o sottratti soltanto in parte. Questo poi diventa un  problema per il soggetto sottoposto all'indagine. Così abbiamo soggetti che rispondono dello stesso fatto di reato su basi di regole diverse. E questo non deve avvenire. Perché qui il sistema diventa debole e perde autorevolezza ed è lì che si mette in discussione la tenuta democratica di uno Stato. E così si allontanano anche i cittadini rispetto alle Istituzioni".
Poi ha aggiunto: "Il vero obiettivo dei sistemi mafiosi evoluti non è infatti l’arricchimento fine a sé stesso, ma l’individuazione di un potere reale che possa influire sulla tenuta democratica degli Stati. Anche le grandi ricchezze rischiano di diventare un problema da questo punto di vista. La 'Ndrangheta, infatti, non diventa il player più importante del traffico di stupefacenti perché ha un deposito di denaro. La 'Ndrangheta individua il narcotraffico internazionale come la leva che serve ad aumentar l'autorevolezza in determinati ambienti di un sistema criminale in grado di movimentare enormi ricchezze, ma anche di provocare problematiche politiche. Perché la capacità di inquinare i mercati è un problema politico. La capacità di immettere denaro sporco in quantità enormemente superiore rispetto a quello generato dall'economia legale inquina i mercati. Ecco perché non si deve considerare banalmente la notizia del sequestro di ingenti partite di cocaina o eroina. In primo luogo dobbiamo pensare che quella è una piccola parte del traffico. Poi dobbiamo pensare al giro d'affari delle componenti mafiose che, in base alle ultime statistiche, sono di 220 miliardi di euro l'anno. Immaginate a quanto ammonta una finanziaria e chiedetevi cosa quei 220 miliardi di euro, collocati sul mercato, sono in grado di provocare in un momento in cui le economie sono particolarmente fragili. Ditemi se la politica finanziaria di queste grandi organizzazioni criminali non diventa un problema politico, o un problema che può condizionare le scelte, in ambito politico, che fanno le democrazie evolute. E allora certo che devo investigare, perché ho l'obbligo di sapere. Solo conoscendo fino in fondo certe caratteristiche posso valutare quello che, in astratto, è penalmente rilevante e quello che non lo è".


tizian acfb trame


La riforma della giustizia
Lombardo, nelle sue conclusioni, ha anche parlato della riforma della giustizia Cartabia. "Io non credo si possa dire quale sia la riforma perfetta. Però, quello che posso dire, è dove stanno i problemi. E allora nell'interlocuzione che bisognerebbe avviare prima di arrivare alle riforme, perché cambiare le regole del gioco non è un passaggio da poco, bisogna coinvolgere anche il cittadino. La consapevolezza che si ha è che si sa dove sia il problema. La sensazione che ho è che si è arrivati alle modifiche di alcune regole del gioco senza partire dal problema. Perché cambiano le regole del gioco? Uno dei problemi è la lentezza della risposta giudiziaria. La partita deve finire nel rispetto di tutte le parti in causa". Tra gli interventi che sarebbero necessari, secondo Lombardo, ci sarebbe quello di una depenalizzazione di certi reati. Inoltre, tra le riforme da fare, per il pm "anche quella dell'articolo 416 bis del codice penale che ha quarant'anni di vita e che deve essere seriamente, senza approcci demolitori, adeguato alle caratteristiche di determinati fenomeni che si evolvono. L'elemento di contrasto deve rimanere attuale. Se diventa antistorico diventa inutile".

Foto © ACFB

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