Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Il magistrato intervistato dal mensile “S”: “Riforma Csm un 'brodino'"

"La mia idea sull'istruzione del processo trattativa Stato-mafia? Preferisco ovviamente non esprimermi in merito trattandosi di un procedimento ancora in corso ma quello che è importante segnalare è che, come almeno ricavo dalle formule assolutorie utilizzate e dalle condanne dei vertici di Cosa nostra imputati in quel processo, i giudici di Appello hanno pienamente confermato la sussistenza di quei fatti e dunque che Cosa nostra provò, minacciando, a trattare con lo Stato e che qualcuno, dalla parte dello Stato, ebbe ad accettare, almeno, di sedersi al tavolo per intrattenere quell’insolita forma di dialogo. Io stesso ho trovato e sequestrato a Formello, vicino Roma, ben oltre un quintale di semtex che doveva servire per far saltare in aria la Torre di Pisa, il simbolo planetario dell’Italia, dopo che Cosa nostra aveva messo le bombe alla Galleria degli Uffizi, la più grande pinacoteca del mondo". 
E' questa la risposta di Alfonso Sabella, ex magistrato del pool antimafia di Palermo che catturò i capi mafia Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Pietro Aglieri, ex Dap ed oggi giudice a Napoli. Già in passato era intervenuto sul punto spiegando che la sentenza di secondo grado non segnava una "disfatta" della Procura di Palermo. 
Sabella è stato intervistato dalla rivista "S" in cui ha parlato di vari argomenti come i rischi della guerra in Ucraina collegati alle organizzazioni mafiose. 
Secondo il magistrato le mafie "hanno la forma dell'acqua nel senso che come l’acqua riescono ad espandersi in tutto lo spazio che si lascia loro a disposizione. Com’è avvenuto dopo il conflitto bellico in Kosovo ritengo che anche in questo caso le organizzazioni criminali riusciranno a mettere le mani su una parte degli arsenali impiegati nella guerra in Ucraina e, ovviamente, a sfruttare ogni occasione determinata dalle crisi e dalle oscillazioni dei mercati a seguito del conflitto in atto.
Tra l’altro oggi stiamo faticosamente uscendo dalla pandemia che ha determinato una enorme crisi di liquidità nell’economia legale, per cui temo che l’economia illegale, che può invece contare sulle enormi risorse finanziare accumulate dal crimine organizzato, proverà, addirittura, a sostituirsi alla prima acquisendo direttamente il controllo delle aziende senza limitarsi, come per lo più ha fatto finora, a investire nelle stesse per riciclare il denaro proveniente dai loro traffici illeciti". Del resto non va dimenticato che "ci sono anche i miliardi di euro del Recovery Fund". 
Nel corso dell'intervista Sabella ha anche parlato dell'attentato del 23 maggio 1992: "La strage di Capaci aveva un chiaro movente mafioso, forse non unico ma ce l’aveva: la risposta di Salvatore Riina al popolo di Cosa nostra per l’esito infausto, per loro, del maxiprocesso dopo la sentenza del 30 gennaio 1992. Quella di via D’Amelio eseguita a meno di due mesi di distanza sembrava invece la classica mattonata sui cosiddetti: ricordiamo che il decreto che prevedeva il 41 bis, pur emanato il 10 giugno 1992, fu eseguito solo a partire dal 20 luglio 1992 e quindi era per me evidente che ci dovessero essere ragioni “altre” rispetto a una mera vendetta di Cosa nostra o a un’azione preventiva per impedire a Paolo Borsellino di diventare procuratore nazionale. Per queste ragioni Salvatore Riina non poteva che affidare l’esecuzione di quella strage, dai motivi “riservati”, ai suoi fedelissimi tra cui non c’era certo Pietro Aglieri e gli uomini del suo mandamento di Santa Maria di Gesù o della Guadagna. Quindi, poiché i Madonia di Resuttana erano tutti in carcere e non avevano, in quel momento, una grande forza militare, per me non rimaneva che il mandamento di Giuseppe Graviano ed è dunque per tale ragione che nel mio libro, pubblicato molto prima della collaborazione di Gaspare Spatuzza, scrivevo che per me i responsabili di via D’Amelio erano gli uomini di Brancaccio".
Alla domanda provocatoria se i magistrati che condussero le indagini sulla strage di via d'Amelio effettuarono un errore colposo o doloso, pur dicendo che "è indubbio che nella cosiddetta gestione di Vincenzo Scarantino ci siano stati degli errori e anche piuttosto gravi", "parlare di dolo da parte di alcuni magistrati che se ne occuparono mi sembra veramente fuori luogo".
Secondo Sabella, inoltre, con la strage di via d'Amelio Riina avrebbe mirato "a prendere i suoi classici 'due piccioni con una fava' eliminando il più grande ostacolo a una possibile revisione del maxiprocesso e alzando il prezzo in quel, chiamiamolo, dialogo con pezzi dello Stato che era appena iniziato". 
Per quanto riguarda la strage di Capaci, invece, il giudice Sabella ha detto di non nutrire dubbi sul ruolo avuto da Brusca, come esecutore materiale. Tuttavia, "non era certo Giovanni Brusca a dettare le strategie dell’ala stragista di Cosa nostra anche perché non godeva della piena fiducia di Salvatore Riina che, in un certo momento, aveva anche deciso di farlo uccidere. Brusca, infatti, ancorché abbia avuto il ruolo più importante nell’esecuzione della strage, collettiva, di Capaci, è rimasto del tutto estraneo alle fasi esecutive di quelle, riservate, di via d’Amelio e del 1993 a Firenze, Roma e Milano".
Infine Sabella ha parlato della riforma Cartabia con una risposta semplice: "La riforma che viene proposta adesso a fronte di quel vero e proprio cancro determinato dal dominio delle correnti e che sta, e da almeno un paio di decenni, divorando la magistratura è poco più di un brodino caldo il cui, già blando, effetto svanirà immediatamente grazie agli accordi di desistenza che le correnti troveranno nei vari collegi elettorali e all’assoluta impossibilità di una candidatura individuale di vincere le elezioni. Per curare il cancro ci vuole la chemioterapia: il sorteggio puro, almeno per un paio di consiliature fino a quando non si spezzerà definitivamente l’insano legame tra il CSM, Organo costituzionale, e l’ANM, associazione privata non riconosciuta il cui rilievo giuridico è addirittura inferiore a quello di un’assemblea di condominio". Ed infine ha concluso: "Abbiamo avuto un’occasione d’oro con l’esplosione dello scandalo Palamara che aveva reso evidente quello che noi magistrati sapevamo benissimo e, invece di fare uno scatto etico e azzerare totalmente quel sistema, abbiamo risposto provando a mettere la polvere sotto il tappeto o peggio applicando".

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Riforma Giustizia, Alfonso Sabella: ''Scritta da chi non è mai stato in un tribunale''

Sebastiano Ardita: ''La riforma cambia tutto per cambiare in peggio''

Riforma Csm, Caselli: ''Logiche sbagliate e in linea di principio pericolose''

Di Matteo: ''Riforma renderà il magistrato servente ai poteri dello Stato''

Nino Di Matteo: ''Fedeli fino alla morte alla Costituzione''
di Giorgio Bongiovanni

Riforma Csm: raggiunto l'accordo. Separazione delle carriere e 'pagelle' per le toghe

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos