Celebrata questa mattina la commemorazione assieme a Margherita Asta, Carlo Palermo, Gabriele Paci e società civile
Sono passati trentasette anni da quel tragico 2 aprile 1985 in cui a Pizzolungo (sulla strada statale Palermo-Trapani), un’auto imbottita di esplosivo, posteggiata sul ciglio della carreggiata e azionata da un telecomando, saltò in aria con l'obiettivo di colpire l’allora sostituto procuratore Carlo Palermo - trasferitosi da poco alla procura di Trento. Il procuratore si trovava a bordo di una 132 blindata e si stava recando al palazzo di Giustizia di Trapani. Ad accompagnarlo c’erano anche due poliziotti e dietro una Fiat Ritmo di scorta non blindata con altri due agenti.
Nel momento in cui scoppiò l’autobomba, la macchina del giudice stava sorpassando un altro veicolo, dove a bordo c’erano Barbara Rizzo, 30 anni, e due dei suoi figli: i gemelli Giuseppe e Salvatore Asta (6 anni). Quell'automobile fece da scudo al mezzo del magistrato che rimase solo ferito assieme ai due agenti della Ritmo.
Barbara Rizzo e i due figli furono vittime collaterali di un attacco dinamitardo con il quale Cosa nostra ha affermato la volontà di avviare il suo progetto stragista.
A distanza di 37 anni si ha solo una verità parziale. In qualità di mandanti sono stati condannati all'ergastolo i capi mafia di Palermo e Trapani, Totò Riina e Vincenzo Virga, e i mafiosi palermitani Nino Madonia e Balduccio Di Maggio, per aver portato a Trapani il tritolo usato nell’attentato. Oltre alle condanne però, ci furono anche delle “voragini” di verità durante il primo procedimento aperto contro i boss Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo e Filippo Melodia, i quali, dopo essere stati condannati in primo grado all'ergastolo e poi assolti in appello, possono dire di “non correre altro pericolo” con la giustizia per via del “Ne bis in idem”.
Ma non è ancora tutto finito. E la giustizia, anche se lentamente, sta facendo il suo corso. Per cercare di rispondere ai tanti interrogativi rimasti disattesi, infatti, è stato aperto un nuovo processo che vede imputato a Caltanissetta il capomafia palermitano dell’Acquasanta Vincenzo Galatolo (padre del capomafia dell’Acquasanta Vito Galatolo), per cui è stata chiesta in appello la conferma di condanna a 30 anni di carcere per aver ordinato la Strage di Pizzolungo.
Un aspetto sottolineato dai tanti che stamane hanno presenziato alla commemorazione della strage davanti alla stele dedicata a Barbara Rizzo, Giuseppe e Salvatore Asta. Presenti all’evento commemorativo Carlo Palermo e Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo, il nuovo procuratore capo di Trapani Gabriele Paci, ma anche tanti giovani attivisti di Libera e del Movimento Culturale Our Voice, oltre che al giornalista Rino Giacalone, Salvatore Inguì (direttore Ufficio Servizio sociale di Libera per minorenni di Palermo) e alcuni rappresentanti istituzionali e comunali.
Carlo Palermo con Margherita Asta
Margherita Asta: “Il nostro dolore dobbiamo trasformarlo in voglia di riscatto”
Ha voluto ringraziare tutti i presenti alla commemorazione, Margherita Asta, sottolineando l’importanza che ha per lei “essere qui con Carlo (Palermo, ndr) e i miei familiari”. “È importante - ha continuato - ciò che abbiamo fatto dal 2008 per far si che la memoria di mia madre, dei miei fratelli, della strage di Pizzolungo e il nostro dolore diventi impegno da parte di ciascuno di noi quotidianamente, nell’essere liberi e cittadini pensanti nel fare le nostre scelte. Dobbiamo essere tutti protagonisti. Noi abbiamo pagato un prezzo carissimo con il sangue versato di Barbara, Giuseppe e Salvatore. Quello che si portano dentro Carlo, Totò, Nino e le loro famiglie sono il prezzo che abbiamo pagato noi. Questo dolore lo dobbiamo trasformare in voglia di riscatto. Solo così può avere un senso il dolore che le nostre famiglie hanno provato e continuano a provare”.
Le sorelle di Barbara Rizzo, Vita e Dorina, ed Enzo, a sinistra, zio di Margherita Asta
“Dobbiamo fare incontrare i giovani e fare credere loro nelle istituzioni perché esistono istituzioni fatte da donne e uomini dello Stato che sacrificano le proprie vite e le proprie famiglie - ha continuato -. Dobbiamo credere nella Giustizia perché, a fronte di quei pochi magistrati corrotti, ci sono tanti magistrati che nel silenzio dei loro uffici - uomini e donne -, sacrificano anche essi le loro famiglie per scrivere la verità. Io ci credo fermamente”. Un discorso profondo dettato da un dolore acuito dagli anni passati alla ricerca di verità e giustizia per i familiari uccisi in quella strage. Ma a quel dolore, ribadisce con forza Margherita Asta, “dobbiamo trovare un senso perché noi abbiamo pagato un prezzo altissimo” e ciò è possibile “solo se tutti insieme siamo parte del cambiamento”.
Margherita Asta insieme al Movimento Culturale Our Voice
Gabriele Paci: "Quella di Pizzolungo non sia una strage dimenticata"
“Qui accadde un atto di barbarie incontrollata e inaudita. E accadde perché questo era il feudo di Cosa nostra cortonese in quanto loro a Trapani erano di casa grazie ai rapporti che avevano con i Messina Denaro che già allora erano i rappresentanti della provincia. Questa libertà ha consentito loro di compiere un atto di inaudita barbarie”. Così Gabriele Paci, nuovo procuratore capo di Trapani, che stamane ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa.
“Trapani è molto cambiata negli anni ed oggi è una città meravigliosa. Ma dobbiamo ricordare che Cosa nostra è quella di Pizzolungo. Questo è un punto della nostra memoria collettiva. Dobbiamo ricordare che la mafia è quella cosa lì, terribile. E che se abbassassimo la guardia domani potrebbero ricrearsi le condizioni affinché la mafia compia attentati del genere”.
Da cittadini, ai giovani va raccontato cos’è successo, ha detto, “perché la loro presenza qui oggi è importante ed è importante che loro sappiano cos’era quell’organizzazione mafiosa e allo stesso tempo dobbiamo continuare a chiedere verità e giustizia e aiutare Margherita Asta in questa sua battaglia per capire perché un giudice arrivato a Trapani da poche settimane doveva saltare in aria con il tritolo.
È necessaria un’attività di ricerca perché su questa strage c’è ancora molto da scandagliare”.
“I magistrati a volte anche trovano dei limiti come, ad esempio, le sentenze di assoluzione che ci sono state e che mettono un sigillo irrevocabile sulla determinazione di alcuni fatti. Credo che lo sforzo debba essere collettivo: i magistrati non devono essere lasciati soli in questo tentativo perché questo tentativo a distanza di quasi quarant’anni sfiora il limite dell’impossibile in quanto si tratta di trovare prove su soggetti molti dei quali ormai non ci sono più - ha concluso Paci -. La strage di Pizzolungo è una vicenda troppo complessa perché complessi erano gli anni, era complesso il periodo che stava attraversando Cosa nostra e quindi la ricostruzione di quei fatti è talmente articolata che richiede lo sforzo di tutti. L’importante è che questo non diventi una strage dimenticata”.
Il Procuratore capo di Trapani, Gabriele Paci, insieme a Margherita Asta
Foto e Video © Emanuele Di Stefano/Pietro Calligaris
Edited by Riccardo Caronia
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