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Intervista ad Anna Vinci dopo la conferma del Cda Rai: “Si farà”

“La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati attraverso la responsabilità di tutto un popolo. Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. È giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace. [...] La democrazia ha bisogno di normalità, di condivisione, di dialogo, quindi in politica non ci sono, non ci dovrebbero essere mai nemici, ma avversari”.

Sono queste alcune delle parole di Tina Anselmi, riportate nel libro “Storia di una passione politica” che scrisse assieme alla scrittrice Anna Vinci.

Una ‘rivoluzionaria’ all'interno della classe politica, possiamo dire, capace di essere esempio per donne e uomini anche grazie a quel coraggio dimostrato nell’opporsi contro i centri di potere, soprattutto occulti, sfidandoli nella sua esemplare normalità, quando fu Presidente della Commissione Bicamerale Inquirente sulla loggia massonica di Licio Gelli.

Abbiamo voluto raggiungere Anna Vinci, biografa di Tina Anselmi che oltre a “Tina Anselmi. Storia di una passione politica” (Sperling & Kupfer 2006, ristampa 2016) scrisse “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” (Chiarelettere 2011, edizione tascabile 2018) e libri come “Gaspare Mutolo. La mafia non lascia tempo” (Rizzoli, 2013 e Chiarelettere 2019) e "Luigi Ilardo, omicidio di Stato" (Chiarelettere 2021).

Premesso che vi ringrazio, per il modo in cui in questi anni avete seguito le vicissitudini che hanno condotto a questo momento: il film si farà.

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© Original Imagoeconomica


Ciò detto, non posso non tenere conto che mi è stato chiesto dal produttore di non parlare del film prima che ci sia una strategia condivisa con Rai Fiction e con la produzione; del resto me lo aveva detto anche tre anni fa e lo avevo dimenticato, sono un po’ indisciplinata, ma mi rendo conto che è giusto sia così, il prodotto è condiviso. Tina diceva: 'Bisogna essere disciplinate, rispettare le regole giuste, pur assecondando la lealtà verso di noi'.


Rispetto questa tua impostazione, però, una sola domanda che immagino non ti crei problemi:  quanto nel film resterà di Tina?
Tina è entrata nell’immaginario collettivo: la sua forza di donna, di politica anomala, con un potere al tempo in cui le donne in politica e non solo, ne avevano poco, il suo coraggio, la sua capacità di essere sempre fedele a se stessa, senza maschere, in un paese di troppe maschere, non possono essere scalfiti. Quando un popolo, e posso dirlo partendo dalla mia esperienza, si è impossessato di una storia, di una persona, e ne fa un punto di riferimento, la storia, per quante sfumature ci siano, resta.

Questo è un momento di gioia per te?
Sono sentimenti molteplici quelli che provo. Quando ho saputo la notizia da Elena Grassi, giornalista della Tribuna di Treviso, ovviamente ho provato gioia. La gioia è durata il tempo di un attimo, perché è difficile viverla in questi tempi di guerra, che tutti siamo coperti da quest'ombra della guerra in Ucraina che si allarga: Guerra il grande MALE.
L'altro giorno al mercato mi sono imbattuta in una persona che diceva con accento romano: “Ma dopo a pandemia pure a guera”?
Ogni gioia, dunque, assume un retrogusto amaro.


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Tina Anselmi e Anna Vinci


Certo, il dramma di una nuova guerra in Europa ci tocca nel profondo. Tina la Partigiana della Democrazia, cosa avrebbe detto a riguardo? Che cosa significava per lei essere partigiani? Quale valore esprimeva?
Mi sembra una domanda appropriata. Mi fai ricordare un video che qualche giorno fa mi ha inviato mia figlia. C'era l'intervista a una signora ucraina che accudiva la nonna di una sua amica. Non è mai facile definire l'età, ma avrà avuto una sessantina di anni. E mi ha fatto pensare a Tina per alcune espressioni usate. Una volta, quando aveva sessant'anni, le chiesero cosa avrebbe fatto se si fosse trovata a vivere in certe situazioni di invasione, oppressione della propria gente, del proprio Paese. E la sua risposta fu: “Per difendere la libertà e la giustizia io prenderei in mano il fucile anche oggi”.

Questa signora alla stessa domanda, riferita alla sua terra l’Ucraina, rispose. “… Alla mia età… non avrei mai creduto di poter cambiare così tanto… non avrei mai pensato di affermare: sì, prenderei le armi. Prenderei il fucile e, lo dico con dolore, sarei capace di ammazzare… con dolore… lo farei per difendere la mia terra, i miei nipoti…”.

Tina veniva da una formazione cattolica, era cresciuta nell’Azione Cattolica. Non era facile scegliere di mettere in conto di ammazzare. Non che sia più facile per chi non ha fede. L'ansia e l'angoscia di dover uccidere riguarda ogni persona  nella sua essenza, e non è riconducibile solo alla fede. Anche perché è il massimo dell'orrore: uccidere.

Eppure i partigiani imbracciavano le armi: “Si va a combattere con la gioia di vivere” ripeteva Tina che la guerra partigiana l'ha vissuta in prima linea.   Con onore sfidando il nemico senza paura. Pensa che partecipò alla trattativa con i Nazisti, per stabilire la loro uscita da sconfitti da Castelfranco. Il 28 aprile del 1945, alle ore 18, iniziò la trattativa durata sei ore.  Il 29 Castelfranco fu libera e il pomeriggio alle 17, poco dopo che andavano via i Nazisti entrava la quinta armata americana.


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C'erano a quella trattativa solo quattro persone, il capo della brigata Cesare Battisti Gino Sartor, c'era Don Carlo Davanzo, partigiano dove nella sua canonica vicino a Castelfranco Veneto si riunivano i giovani della brigata Cesare Battisti, e dove nascondeva le loro armi. Scoperte le armi, fu prelevato e per 40 giorni, a Treviso nel '44, fu torturato in una prigione dai nazisti e dai nazifascisti.

Tina appunto e un’altra giovane, Liliana Saporetti, anche lei della Resistenza facente funzioni di interprete.

Perché si arriva solo ora a un film su Tina? Questo te lo posso chiedere
In questi anni ci sono state tante dimostrazioni di affetto per Tina.

Quando come ANTIMAFIADuemila avete dato la parola a tante persone chiedendo quale sarebbe stata la Tina che avrebbero voluto vedere è stato bello leggere che in molti guardavano all'opportunità di far conoscere ai giovani la storia di questa donna…

Mi piacerebbe restare sul bordo, tuttavia, non entrare nel merito della sceneggiatura, e mettervi a parte di una riflessione che credo in molti, in altre condizioni, abbiano vissuto: il difficile rapporto con il potere.

Io mi sono trovata sempre bene per quanto riguarda il mio rapporto con Tina, da quando mi scelse nel 2002 per raccontarsi. Mi sono trovata bene anche con tutta la sua famiglia, le sue sorelle, con Castelfranco. Ho scoperto un mondo, il Veneto della Marca Trevigiana. Una romana accolta senza pregiudizi! Una volta arrivata in Rai, soprattutto dopo che è andata via “Tinny” Eleonora Andreatta, direttrice di Rai Fiction, c'è stata una riorganizzazione interna, come capita a ogni cambiamento, è fisiologico,  cui si è aggiunta la pandemia. Poi silenzio. E in quel momento ho trovato a dovere calpestare sabbie mobili… oltretutto telematiche.


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In foto al centro Anna Vinci assieme, da sinistra, a Valeria, Emanuela, Valentina (nipoti di Tina Anselmi) e il sindaco di Riese Pio X, Matteo Guidolin


Questa cosa mi ha fatto molto soffrire, non tanto per me, ma per l'opportunità che si negava di far conoscere Tina. Ed io ho sbagliato a muovermi, oggi lo posso dire. Perché in Rai ci ho lavorato per trent'anni. Io mi aspettavo un applauso per Tina e invece ho capito che quando c'è in gioco un potere consolidato, quando c'è il Palazzo, con la presenza della politica, tutto si complica. La politica può, direi deve, ‘essere presente’ - la Rai è un servizio pubblico che paghiamo tutti noi utenti - in difesa a garanzia dei diritti dei cittadini, non per altro.

In quel momento ho compreso quello che mi diceva sempre Tina sulla necessità di decodificare il sottotesto. Chi non ha questa capacità si trova sbilanciato.

Il fatto che io avevo un certo sapere frutto della condivisione, dal 2002, delle esperienze delle quali Tina mi parlava. Che avevo realizzato documentari, scritto libri, svolto conferenze, diventando la sua biografa per meriti sul campo, era una appendice trascurabile... Capita che chi pensa che le proprie migliori qualità: la coscienza, il sapere, la passione, e la libertà, siano apprezzate e condivise, sovente sbaglia.

E mi sono resa conto che a rendermi difficile proseguire, erano le qualità per cui Tina Anselmi mi aveva scelto, almeno così mi disse a modo suo, ironizzando.  Sento ancora la sua voce, con il suo accento veneto: ‘Dai che vai bene, sei una che non apre le porte, ci sbatte contro… lo facevo anche io, poi però costruivo solidi ponti’. E rideva. E se le chiedevo se aveva imparato ad aprirle, visto che non era certo una giovinetta, rispondeva: ‘Perché avrei dovuto?!’.


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Nilde Iotti © Imagoeconomica


Certo che, guardando alla complessità della storia di Tina, noi spettatori non vediamo l’ora di vederla sullo schermo.
Anch’io...
Quando la sceneggiatura sarà composta e le parole prenderanno il volo, io sarò la prima a mettermi comoda con le sorelle di Tina a seguire il film. Lo dico e provo un senso di libertà. In qualche modo dopo venti anni saluterò La Tina, tanto le persone amate restano in noi, e non sentirò oltre al piacere certo, e all’onore, la fatica di accompagnarla nei territori della memoria collettiva.
In qualche maniera “i personaggi ci guidano”, diceva uno scrittore. E lei ci guiderà.

Quali aspetti sono cruciali nella sua vita che hai affrontato nei tuoi libri?
Tina è una donna che ha attraversato tutta l'Italia.

Capire, ad esempio, perché diventa presidente della Commissione nazionale per le pari opportunità, questo l’ho declinato nel libro La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi.  Dopo che lei, già tanto aveva sofferto, era stata in prima linea, durante i 55 giorni del rapimento Moro, lei allieva di Moro, sua amica, stretta tra il suo partito e la sua coscienza, accetta.

Nel libro dove io ho messo in ordine le sue parole, in modo che ogni sua frase restasse tale, c’è scritto tra l’altro. “Noi, dopo quei giorni, non saremmo stati più gli stessi. Dopo l’affare Moro, si è aperta una ferita nella nostra intelligenza, nella nostra umanità”.

Quando accetta la Presidenza, quando glielo chiese Nilde Iotti, prima donna Presidente della Camera, dell’allora Partito Comunista, lei chiede solo pochi minuti di riflessione. Andrà nel suo ufficio e farà una telefonata a Leopoldo Elia, allievo di Moro, costituzionalista, e raffinato conoscitore della Costituzione italiana. Confronto diretto, doloroso: Moro era attento e molto preoccupato del rischio che l’Italia stava vivendo di una deriva antidemocratica. Quanti segreti, ancora da decifrare quante ombre… Come non accettare. Il sì a Nilde Iotti fu il frutto di una scelta condivisa, ‘obbligata’. Tina sapeva e temeva che avrebbe attraversato quel magma oscuro, dove si intersecavano anche coloro che tramavano nel sottosuolo della democrazia: ‘… con Moro non si voleva ammazzare solo un uomo, ma un progetto politico’. C'era da dare risposte anche per Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino poliziotti e carabinieri della scorta di Aldo Moro che furono uccisi in via Fani.


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Paolo Borsellino e Giovanni Falcone © Letizia Battaglia


Prossimamente ne parleremo di questo rapporto tra Tina e Moro. Tu hai ancora dei nastri che ci hai anche affidato...
Sì... Credo sia importante approfondire Tina Anselmi attraverso le sue parole.
Un modo, ulteriore, per non dimenticare.
Lei era lucida nel 2006, quando iniziò la nostra collaborazione per il libro Storia di una passione politica, il suo testamento politico, là dove il privato certo entra ma direi a supporto della sua dimensione pubblica.
Da Moro aveva iniziato ad ammalarsi nell'animo. Poi si ammalò nel fisico quando divenne Presidente della Commissione sulla P2, quando vide sfilare quello che lei descrive come un‘orgia di potere maschile’ comitato di eversione fatto di generali di armi diversi e servizi segreti. E tra questi c’era come sempre chi aderiva perché “tengo famiglia”.

Ma a quei tempi c'erano anche gli Ambrosoli, i Falcone, i Borsellino che anche se avevano famiglia...
Di Borsellino con affetto ricordava le parole di speranza che sapeva esprimere anche se consapevole della propria morte imminente.
Eppure erano così diversi. Uno di destra, l'altra partigiana e cattolica democratica. Certo, Borsellino è stato anche un partigiano di democrazia. E lei ripeteva che se fosse stata un uomo, anziché una donna, magari avrebbero ammazzato anche lei. Perché si credeva che le donne, non vanno fino in fondo.
Ma per colpire ci sono anche altri modi.
E nel 1992 la Dc la ringrazia togliendole il suo collegio, di Venezia - Treviso dove avrebbe vinto in maniera certa. Le preferirono Carlo Bernini. Tina fu inserita in un collegio senatoriale a Oderzo, dove la Lega di Bossi era un fiume in piena.


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Maria Anselmi ed Anna Vinci, di spalle, nel ricordo di Tina a cinque anni dalla morte



Qualche anno dopo a quella delusione si aggiunse ciò che avvenne nel 1995, alle prime elezioni dirette del presidente della Regione. Il centro sinistra preferì candidare, in opposizione a Galan della Lega, un altro politico poi sparito nel nulla, quando la candidatura di Tina Anselmi, sarebbe stata la migliore possibile per l’Ulivo.
Del resto lei aveva scoperto attraversando il potere occulto quei servizi segreti che lei precisava non erano deviati ma devianti, aveva guardato in volto l'altra faccia della Luna. E una donna che osa tanto... che squieta e inquieta, perché diceva: ‘non si costruiscono ponti se non come buon materiale, tenuto insieme dalla ricerca della verità. E la verità la cerca solo chi può sopportarla’. La chiamavano la Tina Vagante. E lei andava avanti in un mondo di maschi. Non aveva sponsor ed è riuscita a gestire il potere. C'erano anche altre donne come la Iotti, o Giglia Tedesco o tante altre… Ma essere stata la prima donna ministro nel 1976 non è un elemento che può essere messo da parte con leggerezza. E quale Ministro della Sanità, oltre a portare a compimento una proposta di legge che giaceva incompiuta da 14 anni, e della quale tuttora beneficiamo! Lei contrastò anche il potere del Vaticano e le sue ingerenze, all’epoca per capire quale fosse il potere delle gerarchie del Vaticano basta ricordare che Monsignor Angelini era chiamato Monsignor Sanità.

E ora, Anna?
In questo momento mi regalo una tregua, assaporo il tempo, mi auguro vicino, in cui quando finirà la parte della narrazione di carta, le parole prenderanno il volo, saranno fecondate dalla terra di Castelfranco, dagli ottimi operatori del settore televisivo e cinematografico che ci sono in Italia, registi, registe, attori, attrici...
Come in una bottiglia ben sigillata in un mare periglioso arriveranno sulla giusta spiaggia. E lì ci sarà Tina a prendere corpo e voce.

In foto di copertina: Tina Anselmi assieme alle sorelle Gianna e Maria

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