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Il ruolo dell’Italia nel nuovo scenario geopolitico internazionale e in un possibile nuovo conflitto mondiale

Nel Documento Programmatico Pluriennale 2020-2022, ed in quello più recente, il DPP 2021-2023, viene esplicitato il compito e l’importanza che l’Italia riveste nello scenario geopolitico e della “Difesa” internazionale. Punto di riferimento o, per meglio dire, di sudditanza, rimane la NATO. Restano centrali le missioni internazionali e la sicurezza interna, soprattutto a causa del possibile “aumento delle minacce” e della “crescente instabilità” dovuta all’emergenza pandemica. Insomma, un attacco contro i popoli. Oltre alle 90 bombe atomiche statunitensi già presenti sul territorio italiano, arriveranno nuove dotazioni di missili cruise per armare i sottomarini U-212 e le fregate FREMM.

Il nuovo scenario internazionale
Lo scenario internazionale, oggi più che mai, è in continua mutazione. E le “minacce” alla sicurezza ed alla stabilità continuano a crescere, stando a quanto viene riportato nel DPP 2020-22:  “Alla luce delle recenti evoluzioni dello scenario internazionale, la complessità delle sfide con cui dovremo confrontarci nei prossimi anni si presenta particolarmente impegnativa. Il prossimo futuro dovrà pertanto essere contraddistinto da un cambio di passo, in termini di avanguardia tecnologica, interoperabilità e digitalizzazione, per dotare lo Strumento militare nazionale di capacità e livelli di prontezza adeguati a fronteggiare le nuove minacce, comprese quelle ad oggi soltanto ipotizzabili. Per garantire la sicurezza della Nazione, in stretta cooperazione con gli Alleati, abbiamo infatti bisogno di Forza Armate ancor più moderne e in grado di operare in tutti i domini, allargando sempre di più il campo d’azione anche all’ambiente cibernetico ed allo spazio, ed in tutti gli scenari, con particolare attenzione alla minaccia ibrida. In questo senso, si manifesta come crescente l’esigenza di incrementare ed adeguare la capacità di Sorveglianza e di Comando e Controllo delle Forze”.

L’Italia, dunque, continuerà a giocare un ruolo fondamentale nella strategia dell’Organizzazione Atlantica, soprattutto per quanto riguarda le missioni internazionali. La stagione di svolgimento di queste ultime, infatti, è tutt’altro che conclusa: “Restano anzi essenziali, per citare solo le principali: l’impegno nazionale per la stabilizzazione della Libia e, più in generale, dell’area del Sahel, le operazioni della NATO nei Balcani occidentali, nella regione mediterranea allargata, in Afghanistan, così come fondamentali per il mantenimento della sicurezza sono le missioni a guida europea o delle Nazioni Unite e quelle basate sull’adesione alle cosiddette “coalizioni di volenterosi”, per eradicare definitivamente le strutture dello Stato islamico”. L’Italia ha certamente un ruolo importante, ma è necessaria ovviamente una condivisione ed organizzazione a livello europeo ed atlantico: “La portata delle sfide che caratterizzano l’attuale contesto di riferimento travalica, tuttavia, il raggio d’azione e le capacità dei singoli Paesi. La forte vocazione europea ed euro-atlantica, che rappresenta una priorità nella politica estera del nostro Paese, si riflette quindi coerentemente anche nella politica di Difesa, che vede nella NATO e nell’Unione Europea i pilastri del nostro sistema di alleanze, indispensabile per assicurare al Paese la necessaria cornice di sicurezza a fronte di minacce che, sempre di più, assumono nuove e più complesse forme e modalità operative”.

Non solo. Le problematiche che l’Italia si troverà ad affrontare sono anche e prima di tutto interne. Infatti, “lo scenario internazionale non presenta (…) alcun tendenziale miglioramento. Al contrario, la pandemia sta ulteriormente aggravando contesti già complessi, sotto il profilo economico e sociale, e rischiamo pertanto di assistere ad un aumento delle minacce e ad una crescente instabilità, che associata alla dinamica demografica e alle condizioni di sottosviluppo che caratterizzano buona parte dell’area di interesse nazionale, configurano tutte le premesse per generare e cronicizzare conflitti anche armati, con inevitabili ricadute sulla nostra sicurezza”.

Recita così il DPP 2020-22, nel quale si afferma anche che, “in aderenza alle missioni ed ai compiti fondamentali assegnati alle Forze Armate, dalla carta costituzionale e dalla legge, e con particolare riferimento alla difesa degli spazi euro-atlantici e al contributo per la realizzazione della pace e della sicurezza internazionale, l’Italia manterrà un ruolo di primo piano nelle operazioni di risposta alle crisi, attraverso un equilibrato impiego di tutte le componenti dello strumento militare, confermando l’apprezzato e significativo apporto alla stabilità delle aree di interesse”.

La “difesa” missilistica italiana ed i recenti sviluppi
Secondo le indiscrezioni rilasciate al mensile Rid dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, l’Italia si doterà di nuovi missili cruise dalla gittata di oltre 1000 Km per armare i sottomarini della classe U-212 e le fregate Fremm posizionate nel Mediterraneo. Si tratterebbe di una riorganizzazione delle nostre forze armate in chiave offensiva, che era già stata anticipata dall’annuncio sulla fornitura dei primi droni armati per l’Italia, esplicitato nel DPP 2021-23. Con un programma di spesa pari a 168 milioni di euro, il ministero della Difesa ha dato conferma per armare i droni classe Male Reaper italiani. Questi ultimi sono stati i primi velivoli ad essere utilizzati dall’aviazione militare statunitense nella guerra in Afghanistan che, stando ai report stilati da Airwars, dal 2001 ad oggi avrebbero provocato la morte di almeno 22.000 civili, con un margine fino a 48.000. Un fatto gravissimo, che pone seri interrogativi su quali realmente siano le intenzioni e gli obiettivi militari del nostro Paese. Secondo lo stesso Giuseppe Cavo Dragone, i nuovi sistemi di armi, oltre che a garantire un maggior peso strategico in questioni come quella dei giacimenti contesi con la Turchia a largo di Cipro, saranno “fondamentali per affrontare le nuove fortezze elettroniche realizzate soprattutto dai russi”, cioè aree protette da schermi radar e da batterie missilistiche anti-nave caratterizzate da una elevata potenza nucleare. L’Italia, dunque, si sta posizionando per uno scontro diretto con la Russia col benestare della NATO e, mentre a parole viene paventata una logica difensiva rispetto all’espansione di una ipotetica minaccia esterna, si continua a provocare Mosca con imponenti manovre militari ai suoi confini. Dal 22 settembre in effetti, nelle acque del Mar Nero e del mare d’Azov, si stanno tenendo le esercitazioni internazionali “Joint Efforts 2021" a cui prendono parte delegazioni di 15 paesi alleati del blocco NATO, tra cui non poteva mancare il nostro Paese. Vi partecipano ben 12.500 militari, 85 carri armati, 420 corazzati, 50 pezzi d’artiglieria, 20 navi da guerra e 30 elicotteri. Abbiamo dunque scelto di stare nella prima fila delle cannoniere euro-atlantiche contro il resto del mondo. Non si tratta di un’iniziativa del nostro Paese a difesa dei suoi interessi, ma del solito vecchio iter: seguire le orme guerrafondaie del padrone d’oltreoceano. Gli oltre 1000 km di proiezione del nostro potenziale offensivo ora consentono di alzare la posta in gioco, anche contro l’Iran. Fatti alla mano, l’eventualità di una guerra si fa sempre più vicina.

Tale decisione non è sicuramente frutto del caso, ma nasce da influenze e da documenti ben precisi, ideati e redatti da importanti centri di ricerca, think-tank, gruppi di interesse, che sempre influenzano le decisioni dei governi e dei principali attori pubblici, soprattutto occidentali. Uno di questi è lo IAI, l’Istituto Affari Internazionali fondato nel 1965 su iniziativa di Altiero Spinelli. Un documento rilasciato proprio dallo IAI il 5 aprile 2021, e dal titolo “Europe’s Missile Defence and Italy: Capabilities and Cooperation” (“La difesa missilistica europea e l’Italia: capacità e cooperazione”), è chiarificatore in tal senso. In questo documento viene esplicitato come, a causa del mutamento repentino dello scenario internazionale, l’Italia debba necessariamente dotarsi di un proprio arsenale missilistico in grado di stare al passo con i tempi. Inoltre, l’esposizione dell’Italia nel contesto geopolitico, militare e della guerra è massima: “La protezione del suolo nazionale per l’Italia è particolarmente difficoltosa, a causa della sua prossimità con il Nord Africa e con il Medio Oriente, considerando anche il fatto che Roma è gradualmente entrata nel raggio d’azione dei missili iraniani e che gli arsenali libici sono stati oggetto di contrabbando dopo il 2011. L’Italia è inoltre una delle poche nazioni europee che ospitano armi nucleari tattiche statunitensi, e questo rende automaticamente il Paese un possibile bersaglio di potenziali attacchi missilistici russi contro bombardieri americani a doppia capacità convenzionale e nucleare”.

Più in generale, nel documento vengono esplicitati dieci punti ai quali l’approccio italiano alla difesa dovrebbe ispirarsi: “In primo luogo, la Nato rimane la chiave di volta strategica ed operativa delle difesa missilistica dell’Europa (…) Il secondo punto concerne la cooperazione europea che, portata avanti principalmente ma non soltanto tramite le iniziative Ue, è diventata il principale canale per lo sviluppo efficace e sostenibile di robuste capacità di difesa missilistica”. Dunque, NATO e UE rimangono punti cardine della politica italiana, proprio come ribadito da Mario Draghi nei primi giorni del suo mandato presidenziale iniziato a febbraio di quest’anno. Il documento continua, evidenziando che, “in terzo luogo, al fine di affrontare le minacce missilistiche attuali e future, è necessario disporre di una serie di sensori in grado di trovare, identificare e tracciare i missili avversari”. Ci si sta dunque preparando a chiari ed inequivocabili scenari di guerra, in cui missili e testate ipersoniche, sicuramente termonucleari, sarebbero al centro di tali eventi. E ancora, il documento procede con l’elenco dei “punti chiave”, individuando la “dimensione spaziale della difesa missilistica” come fondamentale, ma anche mettendo l’Italia in guardia circa i recenti sviluppi delle armi ipersoniche. Ovviamente, “la continuità degli investimenti italiani è una priorità che influenza profondamente la posizione del Paese”; inoltre, occorre mettere in campo “un dialogo tempestivo, sistematico e costante tra le Forze Armate e l’industria, affinché possano lavorare insieme alla valutazione delle minacce, alla determinazione dei In requisiti, ai rischi e alle opportunità presentate dallo sviluppo di nuove capacità”. Gli ultimi due punti citati nel documento consistono nel fatto che, “quanto a difesa missilistica, le forze armate italiane necessitano di un salto di qualità in termini interforze”, e che, per l’Italia è fondamentale “sfruttare i vantaggi offerti dalla sua posizione geografica al fine di mitigarne gli svantaggi”. In generale, “soltanto adottando un approccio alla difesa missilistica più integrato, ad ampio spettro e a lungo termine, l’Italia potrà affrontare in modo efficace i dieci punti appena descritti. Tale approccio dovrà partire dal riconoscere la rilevanza della difesa missilistica per la sicurezza nazionale, la difesa collettiva della NATO e la cooperazione in ambito UE, nonché per le capacità industriali e tecnologiche del Paese”.

L’Italia si trova in prima linea in un possibile nuovo conflitto mondiale
In questo momento quindi, l’Italia si trova in prima linea nello scontro contro Russia e Cina. Ed è preoccupante quanto emerso anche da numerosi test e simulazioni i quali mostrano come il nostro Paese sarà probabilmente uno dei primi bersagli ad essere colpiti nell’eventualità di una guerra. Per questo motivo la corsa agli armamenti intrapresa dal governo Draghi sotto direttiva della Nato e quindi degli Stati Uniti d’America, provoca grande inquietudine per le sorti future di ognuno di noi.

Quale scenario si prospetta davanti? Permetteremo davvero, dopo le esperienze storiche passate e dopo le molteplici guerre e genocidi commessi negli ultimi decenni in Medio Oriente e in Africa, che scoppi un conflitto globale nucleare in grado di annientare ogni nazione del mondo? È quindi urgente l’uscita immediata dell’Italia dalla Nato e la dichiarazione ufficiale della nostra neutralità al fine di instaurare la pace e non lo scontro permanente. Così si darebbe concretamente vita all’articolo 11 della nostra Costituzione, per lunghissimo tempo dilaniato da qualsiasi governo, indipendentemente di destra o di sinistra, che si sia insediato a partire dal 1948.

Continua...

Artwork by Paolo Bassani

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