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Anche l’ex senatore di Forza Italia coinvolto nell'inchiesta "Mala Pigna" che ha portato all'arresto di 19 persone. Fatta luce sul traffico di rifiuti

Associazione a delinquere di stampo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.
Sono queste le gravi accuse rivolte contro i boss Piromalli, famiglia mafiosa di Gioia Tauro.
A finire in manette questa mattina con l'operazione “Mala pigna” condotta dai carabinieri Forestali e coordinata dalla Procura di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, ben 29 persone.
Tra le figure di spicco, coinvolte nell'inchiesta anche nomi altisonanti come l'avvocato Giancarlo Pittelli, già imputato per concorso esterno nel maxi-processo “Rinascita Scott” (in corso davanti al Tribunale di Vibo Valentia) in quanto ritenuto consigliori del boss Luigi Mancuso, ma anche amministratori giudiziari, un esponente delle forze di polizia, professionisti e manager.
Alla fine in nove, incluso lo stesso Pittelli, sono finiti in carcere, in dieci ai domiciliari, mentre altre dieci persone sono state sottoposte all'obbligo di dimora o a quello di quotidiana presentazione alla polizia giudiziaria.

Le accuse contro Pittelli
Per quanto concerne le accuse rivolte all'ex parlamentare di Forza Italia è accusato dagli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso (poi trasferito ad altra sede) Paola D'Ambrosio e Giorgio Panucci, di aver messo a disposizione del clan i propri contatti e le proprie influenze per tentare di "aggiustare" procedimenti giudiziari e restituire al clan e ai suoi uomini i beni sequestrati o confiscati.
E il suo “punto di contatto” sarebbe stato l'ex giudice Marco Petrini di Catanzaro, già condannato dal tribunale di Salerno per corruzione nello scandalo dei processi aggiustati in Corte d'appello.
“Il presidente non mi può assicurare nulla – ha raccontato lo stesso Pittelli in un'intercettazione con uno dei Piromalli - ma mi ha promesso di guardarsi bene le carte”. E lo stesso Petrini, quando iniziò a collaborare con la giustizia, ammise il contatto e la promessa di denaro ricevuta.
Secondo i pm, però, Pittelli avrebbe avuto anche un altro ruolo per conto dei Piromalli. Infatti dalle indagini è emerso anche il ruolo di “postino” che trasmetteva gli ordini che Pino Piromalli "Facciazza" e il figlio Antonio Piromalli, i vertici della famiglia, inviavano all'esterno del carcere, dove erano addirittura detenuti in regime di 41 bis.


piromalli pino da ilquotidianodelsud cartaceo

Giuseppe Piromalli, "Facciazza"


L'inchiesta sull'omicidio Scopelliti
Ma il ruolo del legale era anche quello di acquisire informazioni riservate sulle indagini che riguardavano il clan. Una in particolare: quella sull'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991 che vede Giuseppe Piromalli, “Facciazza”, indagato come uno dei mandanti in concorso con altri capi di cosche di 'ndrangheta e di Cosa nostra siciliana.
In particolare Pittelli avrebbe recapitato a Rocco Delfino, da parte di Antonio Piromalli, una missiva "finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli detto 'Facciazza'”, facendosi così “portavoce delle esigenze delle cosche, pianificando un sistema al fine di eludere la tracciabilità del denaro necessario alle strategie difensive proveniente da profitti criminali ed al cui pagamento avrebbe dovuto provvedere Rocco Delfino per un importo di circa 30.000 euro”.
L'ex parlamentare, inoltre, secondo i giudici inquirenti, "consapevole dello spessore criminale di Rocco Delfino", si sarebbe attivato per tutelarlo da eventuali inchieste della magistratura mettendolo in guardia dall'inchiesta "Rinascita-Scott" in cui egli stesso è coinvolto.
Del resto quello di Delfino non è un nome nuovo tra gli investigatori. Fino al 2008 era un imprenditore ritenuto vicino alla cosca Molè anche se fino ad ora non era mai stato condannato per questioni di 'Ndrangheta.
Oggi però è ritenuto essere un riferimento per i Piromalli, in particolare nella gestione dei contatti con il mondo di professionisti ed insospettabili.
Tra questi vi sono amministratori giudiziari che permettevano ai mafiosi di usufruire anche di aziende confiscate, avvocati pronti ad offrirsi come prestanome, commercialisti che non esitavano a falsificare documenti e curavano le intestazioni fittizie, tecnici e consulenti ambientali che occultavano la presenza di metalli e sostanze pericolose nelle zone di stoccaggio, ma anche investigatori.
Tra le persone coinvolte nell'operazione odierna anche il sovrintendente di polizia Bruno Ginardo.
Per l'uomo la Dda di Reggio Calabria aveva chiesto l'arresto, ma la misura non è stata emessa dal Gip per incompetenza territoriale. Il poliziotto, su richiesta dell'interessato, avrebbe verificato se nella banca dati Sdi delle forze di polizia ci fossero notizie relative a reati ipotizzati a carico di Delfino, rassicurandolo dell'insussistenza di elementi al riguardo.
L'episodio risalirebbe al 2018. Nel 2019 il poliziotto, sempre su richiesta di Delfino, avrebbe effettuato un nuovo accesso alla banca dati constatando l'esistenza di due segnalazioni da parte della questura di Reggio Calabria e informandone l'interessato. Nel corso dello stesso anno il sovrintendente sarebbe andato in prefettura a Catanzaro per controllare lo stato di una pratica di interesse di Delfino.
Ma tra i contatti dell'uomo dei Piromalli vi è anche un altro uomo infedele delle istituzioni: l'ex ufficiale del Noe, Saverio Spadaro Tracuzzi, già condannato definitivamente come uomo del clan Lo Giudice, in contatto con l'ex poliziotto Giovanni Aiello, anche noto come "Faccia di mostro".

Il pranzo tra Pittelli e Delfino per parlare di Frattini
Dalle carte emerge anche un colloquio tra Delfino e Pittelli per intervenire in un procedimento amministrativo davanti al Consiglio di Stato, magari raggiungendo il consigliere ed ex ministro degli Esteri Franco Frattini.
Il nome dell'ex politico compare in un’intercettazione ambientale in cui l’ex senatore arrestato e un uomo non identificato di nome Giorgio ringraziavano Rocco Delfino per il pranzo offerto. “Nell’occasione – scrivono i magistrati – il Delfino chiedeva al Pittelli se ci fosse una qualche possibilità di influire sulle determinazioni del giudice Frattini, al fine di assicurarsi il buon esito di un ricorso”.
“Avvocato, ma qua Frattini non c’è nie…”. “Frattini è (omissis), com’è Frattini?. Chiediglielo chi è Frattini”. “Il Pittelli, – si legge sempre nell’ordinanza – dopo aver rivolto nei suoi confronti frasi dal contenuto offensivo, rispondeva negativamente in quanto il dottore Frattini, inconsapevole della vicenda di cui parlavano gli interlocutori, non si sarebbe prestato a favore del Delfino”.


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L'ex ministro degli Esteri, Franco Frattini © Imagoeconomica


La cosca Piromalli e l'affare rifiuti
Oltre ai legami di alto livello l'indagine ha messo in luce la lunga rete di affari nel settore dei rifiuti da parte della cosca.
Gli accertamenti fatti eseguire dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno evidenziato come il clan interrava rifiuti sotto terreni agricoli alcuni dei quali sono risultati gravemente contaminati da sostanze altamente nocive con valori che in alcuni casi sono arrivati al 6000% sopra il limite previsto “con il concreto ed attuale pericolo - sottolineano gli inquirenti - che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante”.
Stando all’indagine, la filiera dei rifiuti partiva da Gioia Tauro e arrivava fino al Nord Italia. L’operazione, infatti, ha portato al sequestro anche di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia-Romagna. Gli arresti, invece, hanno visto impegnati i Carabinieri forestali anche in Sicilia e Lombardia.
In sostanza autocarri aziendali partivano dalla sede delle società coinvolte con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Lì venivano interrati fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica.

L'elusione delle confische
Principale strumento, la Ecoservizi srl, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore.
Nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, la società dei Delfino era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale.
Ciò era possibile tramite aziende intestate a prestanome ma chiaramente riconducibili alla famiglia Delfino come la Mc Metalli s.r.l e la ditta Cm Servicemetalli s.r.l.
Società apparentemente “pulite” tramite cui venivano stretti accordi economici con le maggiori aziende siderurgiche italiane per curare l'importazione e l'esportazione di rifiuti da e per Stati esteri come l'Iran o la Tunisia, nonché aspirare all'iscrizione in white list negli elenchi istituiti presso la Prefettura.
Pienamente operativa e in mano ai suoi antichi proprietari, è stato scoperto poi, era anche la Delfino srl, sequestrata alla fine degli anni '90 e definitivamente confiscata nel 2007 come azienda di 'Ndrangheta.
Ovviamente le regole venivano aggirate grazie al contributo di compiacenti amministratori giudiziari. A finire sotto accusa sono Giuseppantonio Nucara e Francesco Alberto Gangemi, in passato nominati dal Tribunale di Reggio e dall’Agenzia nazionale per gestire la “Delfino srl”. Per loro il gip Bellini ha disposto gli arresti domiciliari in quanto “hanno concretamente e stabilmente partecipato – è scritto nel capo di imputazione – alle attività delittuose del gruppo, adoperandosi, pur nella piena consapevolezza dello spessore criminale di Giovanni Delfino, per consentirgli di disporre della società Delfino Srl unitamente al fratello Rocco Delfino”.


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© Imagoeconomica


"L'indagine - ha affermato il Procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri (in foto) - ha consentito di rilevare un interramento di rifiuti ferrosi che hanno inquinato una vasta area collocata vicino all'azienda dell'indagato Rocco Delfino. Stiamo parlando di una cosa gravissima: rifiuti ferrosi mescolati con la terra". "Attraverso le perizie di parte che venivano concordate - ha aggiunto il magistrato durante la conferenza stampa - si voleva far passare quell'inquinamento quasi irrilevante".
Bombardieri ha sottolineato il ruolo di Rocco Delfino come figura centrale dell'inchiesta: "E' emersa la sua statura criminale e i suoi collegamenti quale referente della cosca Piromalli. Si relazionava con altre cosche o con quelle della fascia Ionica. Questa è un'indagine importantissima che è stata svolta con professionalità dal Nipaaf dei carabinieri di Reggio Calabria. E' stata un'indagine blindata per tre anni partita da un procedimento su un traffico illecito di rifiuti. Da lì abbiamo ricostruito lo spaccato criminale della Piana di Gioia Tauro dove gli indagati gestivano una società già confiscata con la compiacenza e asservimento degli amministratori giudiziari a cui era stata affidata. Amministratori che hanno consentito agli indagati non solo di dirigere l'attività ma addirittura di ottenere in contanti una serie di prelievi che venivano fatti in banca sui conti della società confiscata e versati sui conti degli stessi indagati. Si parla, nel giro di un anno e mezzo di circa 700 mila euro. Evidentemente lo spessore criminale di questi soggetti peraltro con rapporti con alcuni esponenti deviati delle forze di polizia gli ha consentito di andare avanti. Quello che è stato accertato è il ruolo di numerosi professionisti che si sono prestati a svolgere attività illecite in favore dei soggetti rappresentanti la cosca Piromalli”.
“Oltre alla mafia militare - ha affermato il procuratore aggiunto Gaetano Paci - c'è tutto un mondo di professionisti, di soggetti pronti a rispondere agli ordini di Delfino e ai suoi desiderata. Emerge in modo sconsolato l'atteggiamento di totale asservimento di questi professionisti indagati”.
Per quanto riguarda il coinvolgimento dell'avvocato Giancarlo Pittelli, arrestato per concorso esterno con la cosca Piromalli, Bombardieri ha ricordato l'intercettazione in cui l'ex senatore di Forza Italia rivolgendosi ai Delfino ha detto: “Io adesso mi devo occupare di voi”. “L'attività di Pittelli - ha aggiunto il Procuratore capo di Reggio Calabria - è a tutto tondo perché accanto a questa condotta ci sono tutta una serie di condotte finalizzate a consentire la prosecuzione del traffico dei rifiuti”. “Quindi - ha concluso - abbiamo il passaggio di notizie, il cercare di consentire di portare avanti il traffico di rifiuti attraverso l'intestazione fittizia, che era il cuore dell'attività delittuosa di Rocco Delfino, e tutta una serie di attività che sono anche quelle di intervenire per poter ottenere dei riconoscimenti giudiziali non dovuti”.

Rielaborazioni grafiche by Paolo Bassani

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