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Si è ritirato in camera di consiglio il Gup di Palermo Alfredo Montalto oggi chiamato a decidere sulla richiesta di condanna all'ergastolo della Procura generale per il boss Nino Madonia, accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie, Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989. Il processo contro il capomafia di Resuttana si svolge con il rito abbreviato.
Al contempo il giudice dovrà anche decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per i due imputati che hanno scelto il rito ordinario, il boss dell'Arenella Gaetano Scotto, accusato di duplice omicidio aggravato, e Francesco Paolo Rizzuto che risponde di favoreggiamento aggravato. 
Questa mattina all'aula bunker dell'Ucciardone erano presenti oltre agli imputati collegati in videoconferenza, anche i familiari di Nino Agostino, a partire dal padre Vincenzo, con la sua lunga barba bianca in attesa delle verità da 32 anni, accompagnato dalle figlie Nunzia e Flora, costituitisi parte civile. All'esterno dell'aula bunker invece si è riunita una rappresentanza di Libera.
La Procura generale, rappresentata dai sostituti procuratori generali Nico Gozzo (oggi alla Dna) e Umberto De Giglio, ha approfondito ogni elemento che è emerso in questi 32 anni passati da quella tragica sera del 5 agosto, in particolare esplorando quei segmenti che facevano emergere l'esistenza di intersezioni pericolose tra mafia e ambienti deviati dei servizi segreti. 
“Dopo più di 31 anni dai fatti - aveva concluso la Procura generale la requisitoria - riteniamo nostro preciso dovere chiedere - sulla base delle numerose prove raccolte, nonostante i plurimi depistaggi - l’applicazione per Antonino Madonia del massimo della pena (l’ergastolo con isolamento diurno) cui andrà applicata la diminuente propria del rito abbreviato, a cui vanno aggiunte pene accessorie e misura di sicurezza indicate nel massimo previsto”. “Abbiamo provato - avevano proseguito Gozzo e De Giglio - che la sera del 5 agosto 1989 Madonia ha troncato queste due giovani vite, ed anche una promessa di vita, insieme a tante speranze che si portavano dietro, sopprimendo, per lungo tempo, anche la verità. Madonia ha disposto ed attuato lucidamente la trama omicida, sia in relazione ad interessi propri (sui rapporti con i servizi, come sulla ricerca latitanti), sia in relazione ad interessi del capo di Cosa Nostra Salvatore Riina”.
Secondo la Procura generale “l’omicidio di Agostino è stato centrale per Cosa Nostra corleonese nella strategia di contrasto a chi, all’interno delle Polizie, cercava, anche a costo della sua vita, di condurre una lotta vera e senza quartiere a Cosa Nostra, al suo strapotere, alla sua violenza. Un duplice omicidio efferato - prova delle gravi collusioni che vi erano state (e che vi sono state anche dopo nei depistaggi) tra una parte di Cosa Nostra e una parte della nostra intelligence, che teorizzava e praticava pericolosissimi rapporti con esponenti di Cosa Nostra”.
Dalle indagini compiute era infatti emerso come il poliziotto fosse un agente di polizia che collaborava con il Sisde per la cattura dei latitanti di Mafia e che nel 1989 svolgeva anche delicati accertamenti per conto del giudice Giovanni Falcone. Nel corso degli anni le indagini sull'omicidio hanno subito diversi depistaggi e se si è giunti ad un processo è anche grazie alla forza e la tenacia della famiglia, assistiti dall'avvocato Fabio Repici. "Che oggi sia il tuo giorno... perché te lo meriti, dopo aver lottato insieme alla tua adorata moglie per 32 anni. Mi auguro che oggi possa essere una festa del papà indimenticabile e che tu abbia, anche se in parte, verità e giustizia", ha detto Flora Agostino rivolgendo al padre l'affettuoso augurio sui social in questo giorno in cui si celebra anche la festa del papà. Un augurio a cui si stringono i tanti cittadini onesti.

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