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di Alessia Candito

Dall’Afghanistan al Tagikistan una fitta rete per gestire operazioni miliardarie per conto dei boss

La vittima di un “massacro mediatico” lo definiscono i suoi legali. Un imprenditore che solo dai giornali ha appreso di essere al centro di un’inchiesta sul riciclaggio internazionale dei clan e per questo “si dichiara a completa disposizione degli organi inquirenti, ai quali sarà richiesto di sentirlo al più presto” aggiungono. Ma se davvero volesse parlare, ne avrebbe da chiarire di cose, Roberto Recordare.

Cifre “tutte da verificare”, ma il fascicolo è aperto
Patron di una società informatica con sede a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, e con il pallino del volley, Recordare è finito al centro di un’informativa di oltre 600 pagine, depositata agli atti dell’inchiesta Euphemos della Dda di Reggio Calabria, in cui gli investigatori del Commissariato di Palmi e della Squadra Mobile di Reggio Calabria lo identificano senza ombra di dubbio come il terminale di un giro di maxiriciclaggio internazionale, di cui si sono serviti anche i clan. Quelli di ‘Ndrangheta, certo. Nel portafoglio clienti, ci sono i Parrello-Gagliostro di Palmi e lo storico casato degli Alvaro di Sinopoli. Ma anche imprenditori catanesi in odor di Santapaola e i camorristi del clan Iarunese di Casal di Principe, tutti rappresentati da 12 faccendieri, metà italiani e metà stranieri.
Le cifre che ballano nelle migliaia di conversazioni intercettate hanno dell’incredibile. Ascoltato, Recordare afferma di essere in grado di fare girare fondi per 500 miliardi di euro e di aver gestito un’operazione da 136 miliardi di euro, di cui “36 miliardi già pronti, cash”. Numeri buoni per pensare alla banca centrale della ‘Ndrangheta o almeno ad uno dei suoi principali canali. In procura a Reggio Calabria nessuno si sbilancia, nessuno commenta. Quelle cifre sono tutte da verificare e così enormi da ispirare prudenza, dice una fonte vicina alle indagini, vanno incrociate con movimenti bancari, tracce telematiche, viaggi. Ma il fascicolo c’è, è aperto e che di certo può contare su una serie di elementi estremamente concreti.

La rete internazionale di Recordare
Ci sono i viaggi, contatti e conoscenze, anche di alto livello, in Paesi come Germania, Turchia, Malesia, Afghanistan, Dubai, Tagikistan. C’è una rete di contatti internazionali fra cui, per via indiretta, “un codino” – così lo definisce lo stesso Recordare – alla Fed, la Federal Reserve System, la banca centrale degli Stati Uniti d'America. E uno, direttissimo e prolungato nel tempo, con il figlio di un signore della guerra afghano - Shafiqui, lo chiamano - che risulta titolare di una società di commercializzazione di pietre preziose e gemme con sede a Catania e – scrivono gli investigatori – “figura come tramite per varie operazioni finanziarie tra Roberto Recordare e il governo afghano”. E anche speculazioni, in primo luogo edilizie. Le racconta in dettaglio il socio catanese di Shafiqui, Massimiliano Napolitano, che a un interlocutore francese non identificato spiega che “in Afghanistan gli daranno un'area che in teoria sarebbe pubblica, ma i signori della guerra dicono che è loro per costruire una serie di abitazioni per i rifugiati che stanno tornando in Afghanistan e che vengono finanziate dalle organizzazioni internazionali”. I due, appuntano gli investigatori, “si sono impegnati, unitamente a Roberto Recordare, per perfezionare l’operazione finanziaria relativa ad un trasferimento di una ingente somma di denaro riciclato”.

Dall’Afghanistan al Tagikistan, i mille tentacoli dell’imprenditore
Ma a confermare che Recordare sa (e tanto) e che le mani in pasta le ha davvero in più di un affare – si valuta in ambienti investigativi – è la conoscenza tecnica di campo, modi e metodi del riciclaggio che l’imprenditore di Palmi mostra in ogni singola conversazione intercettata. Gli investigatori che per mesi gli sono stati con il fiato sul collo, lo hanno ascoltato e pedinato, ne hanno avuto cognizione diretta. E più di una volta. Nel caso di un affare da far girare sulle banche afghane controllate dal padre di Shafiqi, Recordare intercettato spiega ai faccendieri Giovanni D’Urso e Felice Naselli il suo piano, che prevede di “trasferire il denaro su più conti correnti così che, qualora venisse individuato un conto corrente e bloccato, non sarebbero riusciti a trovare gli altri e di conseguenza, avrebbero salvaguardato la cospicua restante somma di denaro”.
Un’altra operazione prevede invece di far transitare un flusso di denaro sulle banche tagike ed è così delicata da necessitare l’intervento di “un tecnico specializzato abilitato ad operare nel dodicesimo livello – scrivono gli investigatori nelle sintesi di quelle conversazioni – ed aggiunge che nel mondo erano pochi ad avere questa abilitazione”. Recordare – scopre chi lo ascolta – il “suo uomo” lo ha trovato, è un tecnico della Deutsche bank di base a Francoforte. Grazie a lui, emerge dall’informativa, l’imprenditore avrebbe “effettuato lo scarico (download) del denaro presso la banca corrispondente in Malesia e, quindi, il denaro sarebbe stato girato in un conto presso l'Orion Bank in Tagikistan”. E girano soldi a palate. Lo dice lo stesso Recordare ai faccendieri che lavorano con lui: “Considera che noi stiamo spostando cose dove i servizi segreti, cioè stiamo sconquassando il mondo e l'equilibrio mondiale”.

Le mille identità di Recordare
Ma questi non sono che esempi di operazioni tanto complesse quanto illecite, a cui Recordare sembra così abituato da poterne parlare con disinvoltura. Così come con disinvoltura “indossa” identità fittizie per far girare denaro, come quella di Dimitri Verchtl, nato in Russia e deceduto nell’87 a Oslo, ma fino a qualche tempo fa attivissimo nello spostare soldi da un conto all’altro in tutto il mondo. Come faccia, lo si spiega in dettaglio nell’informativa. “Alcuni dei conti – si legge nelle carte – che si rammenta sono al portatore, che gestisce Roberto Recordare, risultano intestati, chiaramente in modo fittizio, a tale Dimitri Verchtl soggetto inesistente. Era chiaro, quindi, che Roberto Recordare stava realizzando dei documenti falsi da utilizzare per poter spostare il denaro depositato nei predetti fondi e certificati senza recarsi nell'istituto bancario dove era depositato il denaro e, quindi, evitando il tracciamento bancario dell'operazione, elemento, questo, essenziale affinchè la sua figura non comparisse e potesse avere, nel futuro, problemi di natura penale a seguito di eventuali accertamenti disposti dall’A.G”.

Quel maxiriciclaggio che puzza di clan
Nei mesi in cui vive ascoltato dagli investigatori uno dei giochi di prestigio finanziari di Recordare sembra in corso, l’imprenditore ne parla spesso e in dettaglio. “Stava cercando di spostare in paesi extraeuropei e che, a loro dire, non subissero l'influenza degli americani, una ingentissima somma di denaro (per quanto emerso in numerose conversazioni intercettate, gli indagati hanno parlato di una somma che superava i 136 miliardi di euro) che era depositata in diversi istituti bancari di vari paesi, anche Europei, ma, soprattutto in paesi da "black list" che, comunque, non potevano risultare, ad eventuali controlli”. Da quel che si capisce, una prima tranche prevedeva un trasferimento di 36 miliardi, da far sparire su conti speciali – o meglio, sottoconti – irrintracciabili perché persino privi di iban, ma accessibili e monetizzabili al portatore delle speciali chiavi elettroniche che ad essi erano legate. Operazioni – si sottolinea nell’informativa – in cui Domenico Laurendi, mandatario elettorale dei clan di Sant’Eufemia “aveva quantomeno un interesse” mentre “un’altra quota parte” si legge nelle carte “ce l'aveva anche la famiglia Gagliostro di Palmi e, quindi, le consorterie confederate con quest'ultima”. E i soldi che, sottolineano gli investigatori nell’informativa, sono “riciclati nel tempo, presumibilmente provento di traffici illeciti quali il traffico di armi e stupefacenti, senza escludere i proventi di estorsioni, usura e altre condotte delittuose”.

Dalla finanza internazionale alle famiglie della Piana
Del resto, stando a quanto emerge dalle indagini, Recordare è una vecchia conoscenza e una faccia amica per gli uomini dei clan di Palmi e Sant’Eufemia. Il suo nome era già saltato fuori nell’inchiesta Alchemia che ha fatto luce sui contatti e gli affari del clan Gullace fra Calabria e Liguria, dove il consulente viene pizzicato – emerge dalle intercettazioni – mentre organizza un incontro d’affari con Orlando Sofio, arrestato come braccio destro di Carmelo Gullace nell’operazione Alchemia, ma assolto nel processo che ne è scaturito. Anche con i Gagliostro di Palmi ha un rapporto consolidato se è vero che gli investigatori lo pizzicano a chiacchierare con Carmelo Gagliostro, fratello di Candeloro, arrestato nell’inchiesta Alchemia. Da quell’indagine Recordare è stato lambito ma non travolto, la sua voce è più volte intercettata e teme che qualcuno finisca per collaborare con i magistrati e parlare anche di lui. Paura condivisa con Carmelo Gagliostro, insieme al quale lo si sente progettare un tentativo di “aggiustare” in Cassazione l’appello contro l’ordinanza di custodia cautelare presentato dal fratello di Gagliostro, Candeloro e inveire contro i magistrati che vanno troppo a fondo e che “non si spaventano di niente, se ogni tanto ne vede saltare qualcuno in aria, questa non faceva niente”. Il riferimento diretto è alla pm della Dda di Reggio Calabria titolare dell’inchiesta, Giulia Pantano, “colpevole” di aver deciso di andare troppo a fondo.

Informazioni riservate, soffiate e il gusto di giocare con il fuoco
Che le sue operazioni siano ben oltre il limite del lecito, Recordare lo sa. Anzi, quasi sembra vantarsene quando racconta di aver dovuto buttare in un cestino dell’aeroporto di Roma la busta contenente i codici di accesso, certificati bancari e documenti relativi a prodotti finanziari del valore di cento miliardi di euro. “Ho detto ‘va, dopo che mi lasciano torno e la prendo’. Se la prendevano diventava... perché avevo il bond da trentasei miliardi”. Cifre buone a far storcere il naso a più di un investigatore, che ricorda che i bond cartacei non esistono da anni e fa notare che se davvero si fosse disfatto così di un tesoro miliardario, probabilmente ne avrebbe pagato le conseguenze. Ma del fatto che l’imprenditore fosse avvezzo a operazioni non limpide, ne sono certi. E lo dimostra lo stesso Recordare, ascoltato mentre chiede con assoluta nonchalance a un imprenditore di fiducia di far passare sui propri conti un bonifico da 30milioni di euro e la disponibilità a farli sparire subito dopo.
All’imprenditore però piace giocare con il fuoco. Ha capito di avere il fiato sul collo degli investigatori, grazie alla soffiata di un poliziotto infedele ha trovato anche una microspia in ufficio, di cui si è subito affrettato a riferire ai clan di Sant’Eufemia e che lo ha spinto a chiedere ad un dipendente di creare subito un nuovo cloud per spostare e far sparire documenti e file. È convinto anche di avere “tre servizi segreti che ci stanno addosso”. Anche di questo dice di essere stato informato. Plausibile, ma la pista sembra tutta da verificare. O meglio, sembrava da verificare quando l’informativa è stata redatta e depositata. Da allora sono passati due anni, il lavoro è proseguito e oggi il labirinto finanziario che Recordare sembra aver messo in piedi potrebbe essere più chiaro.

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