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Da Carlo Palermo a Margherita Asta l'invito a non interrompere la ricerca della verità

Da una parte l'emozione per una sentenza che, seppur ad oltre trentacinque anni di distanza, aggiunge un tassello di verità in più su una strage efferata che ha portato alla morte vittime innocenti, tra cui una donna e due bambini di sei anni. Dall'altra la delusione per una notizia che molti media del mainstream hanno quasi totalmente ignorato. E' lo stato d'animo di Margherita Asta, la figlia più grande di Barbara Rizzo e sorella maggiore di Giuseppe e Salvatore (vittime di quel terribile attentato, organizzato in particolare per colpire il giudice Carlo Palermo), che dal 2 aprile 1985 continua a chiedere verità e giustizia. L'abbiamo raggiunta telefonicamente per condividere quelle che sono le sue sensazioni per l'esito di questo processo che ha portato alla condanna, come mandante, di Vincenzo Galatolo, boss dell'Acquasanta.

Tra fiducia e dolore
"Sono ancora frastornata. Indubbiamente si tratta di un punto di partenza e non di arrivo - ha commentato - Finalmente sul piano giudiziario la strage di Pizzolungo viene collegata a tutto quello che è avvenuto in quegli anni, in cui si portava avanti una strategia precisa con un intreccio di poteri: mafia, massoneria, segmenti della politica e servizi deviati del nostro Paese. In questo senso diventa importante sul piano giudiziario raggiungere questo punto". Margherita Asta, che ha voluto ringraziare la Procura nissena per l'impegno condotto nelle indagini e nel processo, ha voluto riprendere le parole del Procuratore facente funzioni, Gabriele Paci. "Hanno lavorato e continueranno a lavorare sulla strage di Pizzolungo per ricomporre un puzzle che ancora ha troppi pezzi mancanti - ha proseguito - Come cittadini vogliamo la verità anche sul piano giudiziario e credo sinceramente che al domani possiamo guardare con speranza. Lo dico senza retorica, pur consapevole che non è semplice in un momento come quello odierno, in cui l'informazione è distratta e si concentra su altri argomenti. Basta vedere come i più grandi telegiornali, dopo essersi occupati giustamente dell'emergenza pandemica che riguarda l'intero Paese, hanno totalmente ignorato la notizia della condanna, nonostante rappresenti un pezzo di storia importante". "Obiettivo di quell'attentato era colpire il giudice Carlo Palermo, magistrato scomodo per le indagini che stava portando avanti. Lui, ne siamo tutti contenti, è sopravvissuto. Purtroppo, coinvolte nell'esplosione dell'autobomba, morirono mia madre ed i miei due fratellini. Semplici cittadini che furono travolti e stritolati da un Sistema criminale. La grande stampa per questo non ha mai mostrato interesse. Lo dico con rammarico e senza fare polemica. Detto questo ringrazio i tanti che ci sono sempre rimasti vicini in questi anni. Le forze dell'ordine, i magistrati, i cittadini, associazioni come Libera. Ho trovato la forza di andare avanti, di non perdere la speranza. Fermo restano il dolore che provo ancora oggi per la perdita di mia madre e dei miei fratelli, sentenze come quella di ieri rafforzano questo mio sentire e la convinzione che si possa giungere ad una verità completa. Come cittadini tutti possiamo fare la nostra parte. Così come ha fatto Giovanna Galatolo, donna che è nata in un mondo intriso di cultura mafiosa, che ha deciso di rompere con coraggio il muro di omertà. Un gesto importante".

Non solo mafia
In questi anni proprio Carlo Palermo si è interrogato più volte sul perché di quell'attentato. E nei suoi libri, come espresso in recenti pubblicazioni come La Bestia, si è convinto che "la mafia è stata strumento di altri poteri".
"Sin dalla Costituzione di parte civile in questo processo - ci ha spiegato oggi Palermo - ho evidenziato come l'attentato nei miei riguardi andasse inserito all'interno di un più generale 'patto Stato-Mafia' verosimilmente presente in Italia e in particolare nel territorio di Sicilia dall’epoca dalla fine della ultima guerra mondiale sino alla epoca recente".
A parere del giudice che già a Trento si era occupato di importantissime indagini sul traffico internazionale di armi e droga che gli furono tolte per intervento del Csm (su esposto, tra gli altri, di Bettino Craxi), vi è un unico filo che va seguito: "Bisogna leggere in maniera collegiale una serie di fatti avvenuti nel corso della storia che non sono slegati tra loro: la strage di Portella della Ginestra, le successive attività golpiste (Piano Solo, Golpe Borghese, Rosa dei Venti), il poi detto “Lodo Moro” con l’OLP e i terroristi palestinesi (gennaio 1974), le commistioni di attività tra poteri occulti (Servizi anche Usa - Massoneria - terrorismo ed eversione anni Sessanta-Novanta) negli episodi del sequestro Moro e in quelli collegati (uccisione di Moro, Impastato, Pecorelli), l’assassinio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di Ciaccio Montalto, di Chinnici, le attività poste in essere contro il dottor Palermo quando svolgeva le funzioni di Giudice istruttore a Trento, l’attentato di Natale (del 23 dicembre 1984) al rapido 904, l’attentato Pizzolungo, la raffineria di Alcamo (aprile 1985), il dirottamento Achille Lauro (nel 1985), la rinnovazione ed estensione del Lodo Moro ancora nel 1985 (e fatti terroristici collegati: strage di Fiumicino, centro Scorpione, operazione Lima), la scoperta delle logge gravitanti attorno al Centro Studi Scontrino (1986), l’omicidio Rostagno (1988), l’attentato all’Addaura (1989), i narcotraffici valutati nel processo Big John (1986-1991 connessi ai precedenti di cui a quelli definiti Pizza Connection e Duomo Connection), sino al periodo stragista 1989-1994 oggetto da ultimo di specifico esame nel processo di cui alla Trattativa Stato-mafia".
E poi ancora ha evidenziato l'utilizzo dell'esplosivo Semtex, "anch'esso parte di una lunga lista di sangue che fu usato dalla mafia ma che era usato anche dai palestinesi e dai servizi di sicurezza. Quello speciale tritolo militare è stato usato a Pizzolungo, nell’attentato nel dicembre 1984 al treno Rapido 904, a San Benedetto Val di Sambro, ma anche nel fallito attentato all’Addaura al giudice Falcone il 21 giugno 1989, e in via d'Amelio il 19 luglio 1992. La strage che ha colpito Pizzolungo è un anello di una catena ma per comprenderla bisogna mettere in fila i pezzi, incrociare le date e rileggere i documenti dei processi che ci sono già stati. Dietro questi fatti c'è la mafia ma non è vero, come dicono altri magistrati, che sopra di essa non c'è nulla. Sopra di essa ci sono altri poteri occulti, Servizi e massoneria, che stanno sopra. E la mafia è un organo esecutivo".
Da questi elementi, dunque, si dovrebbe ripartire.

Foto © Peppe Aiello

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