di Aaron Pettinari
Dichiarato ammissibile ricorso ex Dc Vincenzo Inzerillo
Ancora una volta la Cedu torna a far parlare per le sue decisioni strampalate in merito a questioni dedicate alla lotta alla mafia. Un anno fa c'era stato l'intervento a "gamba tesa" sull'ergastolo ostativo e prima ancora, nel 2015, la sentenza con cui si condannava lo Stato italiano a versare all’ex numero tre del Sisde Bruno Contrada (condannato in Cassazione a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa) 10 mila euro per danni morali. Secondo la Corte di Strasburgo, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato di concorso esterno non “era sufficientemente chiaro e prevedibile e il ricorrente non poteva conoscere nello specifico la pena in cui incorreva per la responsabilità penale che discendeva dagli atti compiuti”.
Oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dall'ex senatore democristiano di Palermo, Vincenzo Inzerillo, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, con una sentenza oggi definitiva. Prendendo spunto dalle pronunce degli stessi giudici di Strasburgo riguardanti Bruno Contrada, anche la sentenza Inzerillo potrebbe essere dichiarata "ineseguibile".
La questione giuridica, sollevata dall'avvocato Stefano Giordano, aveva fatto rilevare come, fino al 1994, le condotte vietate riguardanti gli esterni a Cosa Nostra che sostengono l'associazione mafiosa non erano state inquadrate in fattispecie precise e ci volle la sentenza Demitry per definirne i contorni.
Tuttavia, per sgomberare il campo da possibili dubbi e fraintendimenti, vanno chiariti alcuni aspetti.
Se la “sentenza Dimitry del 1994” aveva affrontato le questioni giurisprudenziali legate al reato di concorso esterno, non è possibile dire che il reato non fosse realmente configurato. Sul punto sono intervenuti in più occasioni Antonio Ingroia e Giancarlo Caselli evidenziando come la Cedu compia uno scivolone nel momento in cui ignora del tutto il dato che il concorso esterno compare addirittura in sentenze della Cassazione di Palermo del 1875, per essere poi ripreso in molti casi successivi fino al “maxi ter” di Falcone e Borsellino (1987).
In un passo della famosa sentenza-ordinanza conclusiva si scrive che “manifestazioni di connivenza e di collusione da parte di persone inserite nelle pubbliche istituzioni possono - eventualmente - realizzare condotte di fiancheggiamento del potere mafioso, tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti, sussumibili - a titolo concorsuale - nel delitto di associazione mafiosa. Ed è proprio questa ‘convergenza di interessi’ col potere mafioso... che costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa nostra e della sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, delle difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali”.
Altro elemento che va chiarito è che nelle sentenze della Cedu e nel successivo dispositivo della Cassazione del luglio 2017 non vi è alcun riferimento alla revoca della sentenza divenuta definitiva nel 2007 ma si dichiara la stessa “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”.
Un dettaglio non da poco se si considera che l’ordinamento giuridico prevede la revoca di una sentenza per intervenuta depenalizzazione del fatto di reato (e non è questo il caso) oppure dopo una revisione del processo (che non c’è stata).
Grazie al principio riconosciuto dalla Corte Edu, poi recepito dalla Cassazione, si deve aggiungere che nei mesi scorsi Contrada ha ottenuto la riparazione per ingiusta detenzione con 667 mila euro a lui versati. La decisione dei giudici di Strasburgo riguardante Inzerillo apre ora la strada dell'ammissibilità anche per altri ricorsi, fra cui quello di un altro ex senatore come Marcello Dell'Utri, che quest'anno ha finito di scontare la pena di sette anni.
Finora le sezioni unite della Cassazione hanno sempre negato l'estensibilità automatica della sentenza Contrada ad altri casi.
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